sabato 30 maggio 2015

Un marcatore genetico per la diagnosi precoce di dislessia? Che esagerazione!

La notizia è stata diffusa il 28 maggio dall'Ufficio Stampa del CNR.

La nota – Quando la dislessia è dovuta ai geni -, che è stata riportata pari pari da altri media, fa riferimento ad un articolo pubblicato il 27 maggio sulla prestigiosa rivista Journal of Neuroscience, ma con qualche esagerazione.

Come ammoniva Ben Goldacre (How can we stop academic press releases misleading the public?), più di un terzo delle notizie scientifiche diffuse sui mezzi di comunicazione contiene esagerazioni. E non ne sono immuni neppure gli uffici stampa delle riviste scientifiche o – in questo caso - degli enti di ricerca. Si tratta di un problema serio, soprattutto negli ambiti della salute, perché oltre a condizionare le conoscenze del pubblico, ne limita o devia le eventuali richieste di diagnosi e trattamento.

La notizia diffusa dal CNR correttamente riporta alcuni commenti – esagerati anche questi – con i nomi degli autori a cui imputarli.
Tuttavia, non permette un collegamento diretto all'articolo, né a qualche grafico esplicativo: chi voglia approfondire è presto dissuaso dal giro di ricerche da digitare.
Inoltre, non si comprende da dove abbia preso quel “20% dei dislessici ha un'alterazione in DCDC2”, se nello stesso articolo di riferimento è scritto quanto segue:
The DCDC2 alteration (henceforth DCDC2d+) is present in ~10–17% of dyslexics, as opposed to 4% of normal readers (Meng et al., 2005; Wilcke et al., 2009), making it a condition affecting # 1–2% of the entire population.
L'articolo, dunque, presenta una ricerca molto importante. 
Cicchini, Marino, Mascheretti, Perani e Morrone in Strong motion deficits in Dyslexia associated with DCDC2 gene alteration (1) dimostrano un collegamento tra un'alterazione genetica, una difficoltà nella discriminazione del movimento a basse frequenze di stimolazione visiva e la presenza di dislessia in ragazzi con età media di circa 17 anni.
Tale relazione, che non ha ancora prove scientifiche sufficienti a dimostrare il ruolo causale dell'alterazione genetica e conseguentemente di una atipica maturazione cerebrale, conferma la teoria magnocellulare della dislessia, che spiega gli errori visivi commessi da alcuni dislessici. La teoria alternativa, quella fonologica, spiega gli errori di tipo verbale commessi da molti dislessici.

Lo studio è fondamentale perché fornisce un'ulteriore conferma che la dislessia sia dovuta ad un'alterazione neurobiologica e non alla svogliatezza di bambini e ragazzi, né alla povertà culturale dell'ambiente familiare o educativo.

Nell'articolo, gli autori sono cauti: 
 
- lo studio si basa su piccoli campioni (sono stati confrontati 11 soggetti dislessici con alterazione genetica, DCDC2d+; 10 soggetti dislessici senza alterazione, DCDC2d-; 2 soggetti non dislessici con DCDC2d+; 12 controlli);
- è presente una variabilità di prestazione al test di discriminazione del movimento nei dislessici con DCDC2d+;
- i due soggetti non dislessici con l'alterazione genetica DCDC2d+ hanno una normale discriminazione di movimento.
Gli autori concludono ipotizzando un'alta vulnerabilità nella maturazione delle vie cerebrali di percezione visiva del movimento, almeno in un sottogruppo di dislessici con l'alterazione genetica (DCDC2d+). Tuttavia, serviranno ulteriori studi per essere certi che il gene sia l'unico fattore coinvolto.


Altri geni sono stati identificati nelle ricerche neurobiologiche sulla dislessia, oltre a DCDC2: KIAA0319, ROBO1, DYX1C1, MRPL2, e C2orf3.
Elliott e Grigorenko in The Dyslexia Debate (2), dopo avere fatto un punto sui risultati finora pubblicati, sostengono che i meccanismi di azione nella dislessia non siano ancora chiari:
Although a number of specific candidate genes for dyslexia have been identified, the mechanism that unifies these genes in their dyslexia-specific action is still far from clear.
Inoltre, mettono in guardia dal clamore di solito associato alle ricerche genetiche.
Sul tema si può leggere dal blog di Dorothy Bishop un post del 2013: Overhyped genetic findings: the case of dyslexia.


Per concludere, al di là delle esagerazioni:

- la ricerca neurobiologica sulla dislessia è fondamentale per comprendere i meccanismi cerebrali alla base delle difficoltà di lettura;

- i risultati neurobiologici al momento non hanno – e difficilmente avranno – un valore diagnostico (l'alterazione genetica in DCDC2 non è sufficiente a causare la dislessia). Il grafico presentato nel post di Bishop è esemplificativo:



La diagnosi di dislessia si basa su un esame neuropsicologico che deve comprendere il livello cognitivo e prove sensibili e specifiche per la rilevazione di un disturbo di apprendimento.
La diagnosi di dislessia viene posta in II primaria, non prima.
Non ci sono segnali precoci – rilevati già in età prescolare – correlati con certezza alla successiva evidenza di dislessia. Il clinico può raccogliere degli indizi al I anno di scuola primaria e avviare un percorso riabilitativo tempestivo, aspettando l'anno successivo per porre – eventualmente – la diagnosi.
 

Altri post sulla dislessia:


- Mito #21: La caratteristica distintiva della dislessia è l'inversione delle lettere. In Una selezione di grandi miti sullo sviluppo del bambino. Parte prima.



1. Cicchini GM, Marino C, Mascheretti S, Perani D e Morrone MC. Strong Motion Deficits in Dyslexia Associated with DCDC2 Gene Alteration. J. Neuroscience 2015, 35(21):8059–8064.

2. Elliott JG, Grigorenko EL. The Dyslexia Debate. Part of Cambridge Studies in Cognitive and Perceptual Development, 2014.



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