lunedì 6 marzo 2017

Donne non Ordinarie, un anno dopo



A circa un anno di distanza sono tornata ad esplorare la quota di donne che lavora nei ruoli accademici delle università italiane.

Come avevo scritto in Donne non Ordinarie I, al 17 aprile 2016, si contavano complessivamente il 45,7% di Ricercatrici, il 36,5% di Associate e il 21,3% di Ordinarie.
Si tratta di dati scoraggianti man mano che si sale verso il soffitto di cristallo ma in linea con la media europea, che riporta un 36% di mid-ranking professors e un 18% di full professors (dati She Figures 2009).

La situazione non è cambiata, se consideriamo che al 5 marzo 2017, le donne sono per il 46,3% (+0,6) Ricercatore, per il 37,4% (+0,9) Professore Associato e per il 22,4% (+1,1) Professore Ordinario.
Eppure, quei piccoli punti percentuale in più rispetto al 2016 dovrebbero dare una speranza.

Non è così, perché si sta concretizzando la proiezione fatta nel 2014 dal Consiglio Universitario Nazionale: nel 2018 i professori ordinari si ridurranno del 50%, i professori associati del 27%, i ricercatori sono ad esaurimento.
Difatti, è l'ulteriore calo di docenti registrato nel 2017 e più consistente per gli uomini a rendere poco più che stabile la situazione delle donne.

Anche quest'anno ho estratto i dati dal sito CercaUniversità del Cineca al 5 marzo, selezionando i Ricercatori e i Professori Associati e Ordinari (confermati e non confermati) delle 14 Aree, includendo:
  • tutti gli atenei,
  • tutti i settori S.S.D.,
  • tutti i macrosettori di ogni Area,
  • tutti i settori concorsuali.

Se nel 2016, si contavano 9990 unità in meno rispetto al 2005 nei tre ruoli, oggi risultano 1459 unità in meno rispetto al 2016 (a distanza di circa 11 mesi): una perdita annua molto più rapida, che getta inquietanti ombre sul nostro futuro.
'Nostro' perché l'istruzione universitaria e la ricerca scientifica rappresentano il futuro di una Nazione.

Delle 1459 unità in meno, 440 (il 30%) sono donne.
Rispetto al 2016, si sono estinti complessivamente 1315 posti di Ricercatore (730 uomini e 585 donne). Alcuni ricercatori sono passati ai livelli successivi ma, in generale in tutti i ruoli, i posti vacanti non vengono reintegrati.

Tra gli Associati, rispetto al 2016, si è registrato un calo di 156 unità per gli uomini e un incremento di 90 unità per le donne.


La stessa tendenza si osserva negli ordinari, con 133 unità in meno per gli uomini e 55 in più per le donne.


Per le donne, la situazione dal 2005, al 2016 e al 2017 è riassunta nel grafico seguente (con i colori delle medaglie olimpiche): un progressivo calo delle Ricercatrici, un incremento graduale delle Associate che è in attenuazione e un iniziale calo delle Ordinarie, seguito da un lieve incremento medio nell'ultimo anno.



La distribuzione di Ricercatrici, Associate e Ordinarie nelle diverse Aree non è molto diversa da quella dell'anno scorso.
La quota più bassa di Ricercatrici è del 22% (+1%) a Ingegneria industriale/informazione, mentre la quota più alta è del 65% (+1%) a Scienze biologiche.
La quota più bassa di Associate è del 18% (+1%) sempre a Ingegneria industriale/informazione, mentre la quota più alta resta del 55% a Scienze dell'antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche.
Per le Ordinarie, la quota più bassa è del 9% (+2%) ancora a Ingegneria industriale/informazione, mentre la quota più alta è ancora del 42% a Scienze dell'antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche.


Infine, vediamo i piazzamenti delle diverse aree disciplinari in base alla percentuale di donne presenti al 5 marzo 2017 nei ruoli di Professore Ordinario, Professore Associato e di Ricercatore.

Classifica Ordinarie: Percentuale per Area
42%   S. antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche
35%  S. storiche/filosofiche/pedagogiche/psicologiche
32%  S. biologiche
26%  S. politiche/sociali
23%  S. giuridiche + S. chimiche
22%  S. economiche/statistiche
20%  S. matematiche/informatiche
19%  S. della Terra + Ingegneria civile/architettura
18%  S. agrarie/veterinarie
15%  S. mediche
11%  S. fisiche
  9%  Ingegneria industriale/'informazione

Classifica Associate: Percentuale per Area
55%   S. antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche
52%   S. biologiche
47%   S. chimiche + S. storiche/filosofiche/pedagogiche/psicologiche
40%   S. agrarie/veterinarie + S. giuridiche
39%   S. economiche/statistiche + S. politiche/sociali
36%   S. matematiche/informatiche
31%  S. della Terra
30%  Ingegneria civile/architettura
27%  S. mediche
22%  S. fisiche
18%  Ingegneria industriale/'informazione

Classifica Ricercatrici: Percentuale per Area
65%   S. biologiche
62%   S. antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche
61%   S. chimiche
54%   S. storiche/filosofiche/pedagogiche/psicologiche
49%   S. giuridiche + S. economiche/statistiche+ S. politiche/sociali
44%   S. matematiche/informatiche
43%   S. mediche
40%   Ingegneria civile/architettura
34%  S. della Terra
26%  S. fisiche
23%  Ingegneria industriale/'informazione

Scienze della Terra, Scienze Fisiche e Ingegneria industriale/informazione restano le aree più arretrate e blindate alle donne in tutti i ruoli; seguono Scienze mediche, Ingegneria civile/ architettura e via via le altre.
Sono queste le aree in cui si dovrebbe agire di più per rompere gli stereotipi e sostenere le giovani studenti e ricercatrici.

D'altra parte, Scienze biologiche, Scienze antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche, Scienze chimiche e Scienze storiche/filosofiche/pedagogiche/psicologiche forniscono maggiori opportunità iniziali alle donne ma la situazione resta critica ai gradini più alti della carriera accademica.

La graduale estinzione che sta interessando l'università italiana per quest'anno sembra avere risparmiato le donne nei ruoli considerati, che partivano meno esposte.

Mi chiedo come riesca chi ha un ruolo universitario a fare sonni tranquilli, come sia possibile questo silenzio, se si debba accettare così questa rinuncia al futuro.
So che c'è chi non dorme, chi si fa sentire, chi pianifica alternative ma sono ancora troppo pochi.

Come sono ancora troppo poche le donne docenti e ricercatrici nelle università italiane, le donne che dirigono dipartimenti, le donne rettore.

Poche donne, pochi stranieri e poche minoranze rappresentano la scelta di rimanere immobili, una scelta che non rispecchia più l'antropologia del nostro tempo e che rischia di arroccare ulteriormente l'università italiana nel vano tamponamento dell'emorragia delle risorse.

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