lunedì 16 aprile 2018

Viene prima il lettore o il libro? I risultati di uno studio su bambini di 7 anni



Si deve esercitare per leggere meglio, vero dottoressa?

Si tratta di una domanda frequente da parte dei genitori di bambini che hanno anche una lieve dislessia.

La risposta è sempre la stessa: se la/il bambina/o non ha voglia di leggere molto è proprio perché fa fatica e allora è più utile che continui a leggere un poco e regolarmente ma senza costrizioni. Se un/a bambino/a è dislessico e lo si sottopone a pagine e pagine di lettura al giorno, presto svilupperà un'avversione per quelle righe scritte e, crescendo, cercherà di tenersi il più lontano possibile dallo studio.

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Finora questa indicazione derivava da un insieme di scienza e coscienza clinica: metteva insieme le conoscenze acquisite sui disturbi di apprendimento e le diverse attitudini alla lettura nei bambini.

Tuttavia, una credenza piuttosto radicata è quella che sia l'esposizione ai libri a condizionare le abilità di lettura e non viceversa. Secondo tale credenza, più libri hai fin da piccolo e un miglior lettore diventerai.

A dire il vero questa credenza è stata alimentata anche da alcune ricerche scientifiche che hanno considerato l'esposizione ai libri come un fattore determinante per diventare grandi lettori.
L'esposizione ai libri è intesa come fruizione, quindi qualcosa che viene ricercato attivamente e non malamente sopportato.

Chiarisco subito che l'apprendimento della lettura si basa sulle capacità linguistiche, si raggiunge attraverso una serie di istruzioni e difatti richiede una pratica regolare.
Tuttavia, ci sono enormi differenze individuali nelle abitudini di lettura dei bambini.

Uno studio appena pubblicato - Why do children read more? The influence of reading ability on voluntary reading practices - ha dimostrato una relazione causale tra le abilità di lettura e la quantità di libri letti. Al contrario della credenza diffusa, sono proprio le attitudini alla lettura a determinare il numero di libri letti.

Si tratta di uno studio cruciale perché dimostra su ampia scala che leggere di più non fa leggere meglio, piuttosto è il contrario: i bambini che leggono meglio tendono a leggere di più.

I bambini studiati sono 11.559 e avevano 7 ½ anni all'epoca dell'indagine: un'età in cui la lettura è appresa e automatizzata oppure, in presenza di difficoltà, è possibile identificare la dislessia.
Tutti i partecipanti sono gemelli provenienti da 6.072 coppie: 2.175 monozigoti (1.034 maschi, 1.141 femmine) e 3.897 dizigoti (1.021 maschi, 939 femmine, 1.937 di sesso diverso).



Le domande che si sono posti Elsje van Bergen e collaboratori sono le seguenti:

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- i bambini che leggono di più diventano migliori lettori forti e i lettori più deboli evitano di leggere oppure esiste una relazione tra lettura e esposizione ai libri?

- la relazione tra abilità di lettura e esposizione ai libri riflette influenze genetiche?


L'influenza di un ambiente circostante ricco o povero di libri e nel quale siano presenti dei modelli di riferimento che leggono è tenuta nella dovuta considerazione dagli autori.

Proprio il tipo di studio su gemelli e l'applicazione ai dati raccolti di un modello statistico di genetica comportamentale ha permesso agli autori di determinare il peso dei diversi fattori – genetici e ambientali – sull'attitudine alla lettura.

La raccolta dei dati si è basata su questionari compilati dalle madri e dalle insegnanti, sulle pagelle scolastiche e sui test per la dislessia.
Sono stati individuati cinque indicatori di abilità di lettura: uno dal questionario compilato dalla madre, due dal questionario per l'insegnante e altri due dai punteggi ai test di lettura.


Gli insegnanti hanno anche fornito i punteggi alle prove di lettura di 262 sorelle o fratelli dei gemelli: con questi dati aggiuntivi gli autori hanno avuto l'opportunità di verificare se il gruppo di gemelli fosse rappresentativo anche di bambini non gemelli. In altri, termini, tenendo controllati sia i fattori genetici, sia i fattori ambientali si sarebbero potuti generalizzare i risultati a una popolazione più estesa di bambini, aumentando la potenza dello studio.

Nel loro modello statistico Elsje van Bergen e collaboratori hanno scomposto la varianza totale in una componente di varianza genetica additiva (A), una componente di varianza ambientale comune, che riflette l'effetto delle influenze ambientali condivise dai due gemelli (ambiente condiviso: C) e una componente di varianza ambientale non condivisa, che riflette le influenze ambientali non condivise (ambiente non condiviso: E).
Nel modello, le influenze genetiche sul fenotipo (abilità di lettura) sono dimostrate dall'osservazione nei gemelli monozigoti di correlazioni superiori a quelle osservate tra i vari fattori nei gemelli dizigoti.

I risultati dello studio hanno dimostrato che se i bambini scelgono di leggere più libri per propria iniziativa questo dipende, in parte, dalla loro abilità o attitudine alla lettura. È proprio questa attitudine a spiegare le differenze nel numero di libri letti tra i diversi bambini, anche tra quelli che condividono uno stesso ambiente più o meno ricco di libri.
Difatti, i gemelli monozigoti o identici si differenziavano sistematicamente di più tra loro nell'abilità di lettura che non nella quantità di libri letti.


È chiaro che se un bambino con elevata attitudine alla lettura cresce in un ambiente privo di opportunità per leggere difficilmente potrà diventare un lettore forte, come non potrà diventarlo un bambino con difficoltà di lettura che cresca in un ambiente ricco solo di libri e circondato da persone che leggono.

Si dimostra così un'importante interazione tra il livello di stimolazione ambientale e i fattori innati nell'emergere della passione per la lettura.

A parità di libri presenti in casa, leggi bene e di più perché hai una naturale predisposizione a farlo.

D'altra parte i bambini con dislessia tendono ad evitare di leggere o a leggere di meno per svago.

Tuttavia, la diagnosi precoce può ridurre l'impatto delle difficoltà così come un intervento logopedico tempestivo. Non è poi da dimenticare che chi ha difficoltà di lettura può usufruire degli audiolibri e di una serie di ausili per bypassare il testo scritto, almeno parzialmente.

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Quindi, parlare di attitudine, predisposizione e fattori genetici non vuol dire che la situazione sia immutabile.

Tutti i bambini vanno incoraggiati, seguiti e stimolati nelle fasi di apprendimento della lettura e negli anni successivi.

Questo incoraggiamento deve arrivare anche dalla disponibilità di libri nelle biblioteche delle scuole o dalle biblioteche comunali. Deve arrivare dall'effettiva presenza di biblioteche nelle scuole e nei comuni di residenza...


Se riguardiamo questa drammatica immagine sulle quote di lettori italiani in relazione al territorio nazionale abbiamo due opzioni:


- possiamo urlare “al sud son tutti dislessici! No ga voglia de lavorare no ga gnanca voglia de leggere”, facendo i leghisti, ubriachi di discriminazioni e fingendo di non aver capito il concetto di interazione tra fattori genetici e ambientali, che hanno entrambi un peso fondamentale;

- possiamo chiederci “quante opportunità di lettura hanno i bambini del sud?”, preoccupandoci per il fatto che tutti quei bambini che hanno un'elevata attitudine alla lettura non possono alimentarla solo per il fatto di essere nati nella regione con meno biblioteche.

La provenienza geografica. Nel Nord-Est la frequenza delle biblioteche è più alta (il 22,1%), seguita dal Nord-ovest con il 20% mentre il Centro si attesta al 13,3%. Inferiori il Sud con il 7,6% delle frequenze e le Isole con il 10,4%. In particolare il risultato delle Isole è dato da due situazioni diverse: in Sicilia la quota è dell’8%, mentre in Sardegna è più del doppio, ovvero il 18,1%.
Dove si trovano? A Bolzano il 35% dei cittadini frequenta le biblioteche che sono anche molto diffuse: 43,5 ogni 100.000 abitanti. Al contrario in Campania dove c’è una più bassa percentuale di frequentatori (ovvero il 6,6%) ci sono meno biblioteche (sono 16,6 ogni 100.000 abitanti). (Redazione Il Libraio, 10 dicembre 2017)


In questi tempi però noi siamo fortunati, abbiamo la possibilità di accedere a tanti contenuti digitali gratuiti, al prestito di libri digitali, all'acquisto dei classici per pochi euro.

Siamo noi adulti, sono i genitori ma soprattutto quando loro non hanno le possibilità, devono essere gli insegnanti, gli operatori socio-culturali, i volontari, le associazioni ad arricchire gli scaffali virtuali dei bambini a guidarli nella scelta e nelle tante opzioni, ad accompagnarli in biblioteca.

Ci sono gli eroi che portano in giro le piccole biblioteche viaggianti, resistono i piccoli librai coraggiosi e ciascuno di noi può donarli.

Tutto questo incide poco, come si può vedere dal grafico (dati ISTAT), sulla fruizione di lettura nei bambini, di anno in anno.



Ci vogliono campagne più ampie e politiche sociali che investano sulla conoscenza, altrimenti continueremo a perdere per strada sia i bambini con un'alta predisposizione alla lettura privi di libri sia i bambini con difficoltà di lettura privi di ausili e interventi specialistici.



Intanto, contro gli sprechi, leggiamo e regaliamo libri/audiolibri! 

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