Nell'ultimo
numero della rivista The Neuropsychologist della Società
Britannica di Psicologia, un articolo di Katherine Carpenter e Gus
Baker richiama l'attenzione sull'anomalia di questi ignorati
professionisti che sono i neuropsicologi.
Nella
Società britannica esiste da 20 anni una Divisione di
Neuropsicologia ed è stato creato un Registro specialistico di
Neuropsicologi Clinici al quale ci si iscrive su base volontaria,
dopo che la Divisione e altri due gruppi di lavoro di Neuropsicologia
Clinica abbiano verificato i titoli, le competenze e le esperienze
nel settore del richiedente.
Le competenze neuropsicologiche consistono nell'integrare le basi della neuroanatomia, della neurofisiologia e dello sviluppo del cervello con le conoscenze e l'esperienza di diverse e spesso rare condizioni neurologiche; richiedono abilità cliniche di base per stabilire una relazione terapeutica empatica e la capacità di sviluppare complesse formulazioni comportamentali; la capacità di estrarre informazioni standardizzate e affidabili sugli aspetti cognitivi, comportamentali e emotivi con una sofisticata padronanza della significatività clinica rispetto a quella statistica nell'interpretazione dei dati psicometrici. E molto altro.
Difatti
poi all'interno di quest'area specialistica si possono rintracciare
diversi percorsi con ulteriori e peculiari competenze tecniche, ad
esempio la neuropsicologia dell'età evolutiva, la neuropsicologia
dell'anziano, la riabilitazione neuropsicologica.
Il neuropsicologo è quel professionista che attraverso una serie di test standardizzati, stimolazioni, domande e osservazioni codificate è in grado: - di stabilire gli effetti cognitivi e comportamentali di una patologia o condizione che colpisce il cervello di una persona; - di ipotizzare, in base all'interpretazione quantitativa e qualitativa dei risultati, il disfunzionamento di uno o più sistemi neuroanatomici, fornendo indicazioni agli altri specialisti; - di dare indicazioni riabilitative, educative e assistenziali, provvedendo anche ai controlli longitudinali di efficacia.
Il neuropsicologo è quel professionista che attraverso una serie di test standardizzati, stimolazioni, domande e osservazioni codificate è in grado: - di stabilire gli effetti cognitivi e comportamentali di una patologia o condizione che colpisce il cervello di una persona; - di ipotizzare, in base all'interpretazione quantitativa e qualitativa dei risultati, il disfunzionamento di uno o più sistemi neuroanatomici, fornendo indicazioni agli altri specialisti; - di dare indicazioni riabilitative, educative e assistenziali, provvedendo anche ai controlli longitudinali di efficacia.
Per
Carpenter e Baker, la professione di neuropsicologo necessita di un
suo titolo per i seguenti motivi:
- Circoscrivere le pratiche incompetenti e dannose e tutelare così la comunità
- Dare identità e coesione a una professione relativamente piccola ed embrionale
- Fornire la garanzia di qualità ai professionisti sanitari con i quali il neuropsicologo collabora, ai datori di lavoro del Sistema Sanitario Nazionale, agli enti, alle organizzazioni del terzo settore e alle associazioni di pazienti, ai parlamentari e a tutti i cittadini
- Incoraggiare l'accesso e la formazione per quella che ora è un'area distinta e specialistica della professione psicologica
- Raggiungere la parità con altri ambiti della professione.
- Incoraggiare un'appropriata raccolta di dati sulla forza lavoro
I
neuropsicologi si occupano dei processi fondamentali di valutazione,
di trattamento e di gestione per le persone che soffrono di lesioni o
condizioni neurologiche acute, croniche e degenerative come
epilessia, ictus, trauma cranico, demenze, sclerosi multipla.
Gli
autori ricordano che questo gruppo di pazienti sta aumentando
rapidamente e non ci sono abbastanza professionisti per soddisfare i
loro bisogni.
Ci sono circa 12,5 milioni di pazienti con condizioni neurologiche solo in Inghilterra, con un dispendio di £ 4,4 miliardi nel 2012/13 (un aumento del 200% dal 2003) .
È
necessaria una maggiore disponibilità di percorsi formativi in
neuropsicologia per aumentare il numero di neuropsicologi qualificati
che possano lavorare nei diversi settori.
Il
riconoscimento del loro ruolo sarà un incentivo per i giovani
laureati che vogliano intraprendere la professione clinica.
La neuroscienza si è sviluppata in modo esponenziale negli ultimi 20 anni, con progressi nelle neuroimmagini strutturali e funzionali, nella ricerca istopatologica e genomica e negli interventi potenzialmente curativi e palliativi.
La neuropsicologia non può più essere vista come una competenza facoltativa della psicologia; altri psicologi spesso non sono nella posizione migliore per valutare o trattare le persone con queste condizioni.
Quali
sono le implicazioni di un ruolo non riconosciuto per il
neuropsicologo?
Non è sufficiente che la comunità sia tutelata dallo stesso regolamento valido per tutti i professionisti psicologi.
In neuropsicologia clinica, pratiche incompetenti possono avere conseguenze gravi e irreversibili, non previste dal regolamento attuale, che non ammette ricorsi.
Alcuni esempi recenti includono: rimozione errata di parte del lobo temporale destro del cervello in un paziente; grave rischio di violenza a sé e al coniuge derivanti dalla diagnosi tardiva di una malattia neurodegenerativa; deterioramento della condizione clinica in una persona con lesioni cerebrali traumatiche derivanti derivante dalla gestione inappropriata da parte di uno psicologo professionista non specialista; la possibilità che uno psicologo rimosso da altre sezioni del registro delle professioni sanitarie (HCPC) possa continuare l'attività sotto la denominazione "neuropsicologo".
Un
altro esempio è quello di non identificare un'afasia acquisita in un
bambino sottoposto a intervento neurochirurgico per la rimozione di
una malformazione cerebrale, con la conseguente mancata prescrizione
dell'intervento riabilitativo necessario e il danno permanente alla
comunicazione verbale.
I test neuropsicologici del funzionamento cognitivo - ragionamento verbale e spaziale, velocità di elaborazione delle informazioni, attenzione, linguaggio, memoria e funzioni superiori, le cosiddette funzioni esecutive - sono complessi e richiedono una padronanza delle statistiche parametriche rispetto a quelle non parametriche assieme alle competenze per l'interpretazione e la complessa analisi comportamentale.
Carpenter
e Baker sottolineano che è molto difficile per i referenti, i medici
legali, i pazienti e le loro famiglie, individuare errori grossolani,
incompetenza o pratiche scorrette nell'attività clinica e quindi le
diagnosi sbagliate e la gestione inappropriata continueranno a
presentarsi.
Senza
un riconoscimento del ruolo non si potrà neppure avere alcun dato
affidabile su quanti pratichino la neuropsicologia clinica, in quali
contesti – pubblico o privato -, a quali condizioni e con quali
tutele.
In
Italia, esistono dei Gruppi di Lavoro per la Neuropsicologia in
alcune sedi regionali dell'Ordine degli Psicologi.
Esistono
le lauree magistrali in neuropsicologia ed esistono alcune scuole di
specializzazione – universitarie e private (alcune con costi superiori ai 5.000 euro l'anno)– in neuropsicologia o
affini.
C'è
una notevole richiesta di neuropsicologi negli ospedali, nei centri
riabilitativi e nei servizi territoriali.
Tuttavia,
il ruolo non è riconosciuto come professione sanitaria e quindi ci
sono tanti neuropsicologi che lavorano nel Sistema Sanitario
Nazionale, come volontari, borsisti, liberi professionisti e solo
qualcuno come dirigente strutturato ma in psicologia clinica o
psicoterapia.
La
delibera n.385/13 del 07/11/2013 Linee guida per la definizione dello Psicologo Neuropsicologo
dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia è l'unico atto a livello
nazionale che stabilisca i
requisiti per “promuoversi con la qualifica di Neuropsicologo in
coerenza deontologica e secondo un’identificazione pubblica precisa
e definita”.
Secondo
quanto riportato nella delibera:
Preso atto
- che nessuna norma vigente riserva le attività tipiche dello Psicologo Neuropsicologo ad uno psicologo con uno specifico e particolare percorso formativo o d' esperienza post laurea;
- nessuna norma di legge riserva agli specialisti formati nelle Scuole di Specializzazione Universitaria lo svolgimento di queste attività né si può sostenere che la neuropsicologia debba essere riservata a quanti sono iscritti nell'elenco degli psicoterapeuti.
- considerato che l’art. 5 del Codice Deontologico recita che “Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti ed i riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate";
DICHIARA
- le attività di valutazione e riabilitazione neuropsicologica sono prestazioni effettuabili da parte di tutti gli iscritti all’Albo A;
- possono definirsi “Psicologi Neuropsicologi” tutti coloro i quali ritengono di avere una competenza/esperienza (equivalenti a quanto previsto dal percorso della Scuola di Specializzazione in Neuropsicologia) che consta in:
a) Iscrizione all’Albo A dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia;
eb) Titolo di Specialista in Neuropsicologia (D.M. 332/1999; D.M. 24/07/2006 MIUR)oppure, in alternativa al punto b), a parere dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia- attività professionale in neuropsicologia, per un totale di ore equipollenti a quanto previsto dall'offerta formativa delle relative Scuole di Specializzazione (ad oggi 5.000 ore), auto-certificata e documentabile, svolta presso aziende ospedaliere, strutture private accreditate o in studi privati. Il 30% massimo di tale attività può essere costituita, in alternativa, da attività formativa in ambito neuropsicologico autocertificata e documentabile.N.B.: sono escluse le attività di tirocinio pre-laurea e/o propedeutiche all’esame di Stato.
Secondo
quanto indicato dall'Ordine degli Psicologi del Veneto:
Vi è crescente richiesta di consulenza specialistica neuropsicologica, sia nel campo sanitario (sia in ambito geriatrico che neurologico [e pediatrico, aggiungo]) che in ambito legale (perizie per i tribunali, certificazioni per l'invalidità civile, per l'inserimento lavorativo protetto e per l'idoneità alla guida, etc...). Tuttavia le attuali Scuole di specializzazione in Neuropsicologia attivate in Italia non sono sufficienti a formare un numero adeguato di professionisti per rispondere a tale domanda.
Esistono tuttavia numerosi professionisti con approfondita formazione sia teorica che clinica in tale settore, ma non esiste un riconoscimento formale a livello istituzionale.
La
Società Italiana di NeuroPsicologia – S.I.N.P. - che raccoglie
soprattutto i neuropsicologi universitari per “promuovere
ed incoraggiare gli studi e le ricerche nel campo della
neuropsicologia clinica e sperimentale” ha adottato
un sistema di qualificazione dei propri soci che esercitino attività
clinica: una “certificazione
relativa allo standard di qualità del neuropsicologo clinico”
assegnata a ciascun membro richiedente in base al proprio curriculum.
Tale
certificazione non avendo una validità per il Sistema Sanitario
Nazionale e non essendo un requisito ufficiale per poter esercitare
la professione di neuropsicologo clinico, avrà una limitata ricaduta
sul riconoscimento della professione ma senz'altro può contribuire
ad avviare il processo.
Pertanto,
abbiamo dei tentativi sporadici di definire il ruolo del
neuropsicologo, sono stati tracciati i percorsi di formazione
universitaria e post-laurea, esiste una crescente richiesta di
neuropsicologi clinici per la diagnosi e la riabilitazione ma, allo
stato attuale, il neuropsicologo, pur integrandosi nelle équipe
di medici specialisti, è privo di tutele e diritti e qualsiasi altro
professionista è abilitato a svolgere l'attività clinica neuropsicologica con
tutti i rischi di errori diagnostici e terapeutici a carico dei
pazienti e delle loro famiglie.
La
conclusione di Carpenter e Baker è:
It may be a long game, but one we believe is worth the wait.
[La partita potrebbe essere lunga ma vale la pena attendere.]
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