Nell'affrontare
il tema dello sviluppo atipico dell'identità
di genere nei minori è
fondamentale comprendere quale sia la situazione italiana attuale.
Ne
ho parlato con Damiana Massara, psicoterapeuta, Coordinatrice della
Commissione minori dell'ONIG, l'Osservatorio Nazionale sull'Identità
di Genere.
All'inizio
della nostra conversazione telefonica la Dott. Massara ha commentato
con generosità
anche l'articolo che ho scritto per Medium Perché ti sei vestita da maschio e che rappresenta la prima parte di un approfondimento su un tema che
può
mettere alla prova pregiudizi e ignoranza.
La
conversazione – che riporto di seguito nella sua interezza -
estende e completa gli aspetti teorici e applicativi della disforia
di genere nei bambini e negli adolescenti.
I corsivi sono miei.
In
riferimento a Perché
ti sei vestita da maschio
il primo commento è
sulla scelta di descrivere i casi di Vik e Gio, che non sono
abbastanza rappresentativi della realtà
clinica.
I
due casi che lei racconta in apertura dell'articolo sono estremamente
semplici mentre quello che noi ci troviamo di fronte normalmente sono
situazioni molto complesse, molto sfaccettatte in cui non ci sono
delle possibilità
di intervento così
lineari come dare il bloccante e si risolve tutto quanto.
Nella
realtà
la presa in carico di un bambino o di un ragazzo con sviluppo atipico
dell'identità
di genere pone tantissimi quesiti, tantissime domande: di solito ci
sono delle storie molto complesse dal punto di vista familiare e
relazionale. È
molto difficile capire se si tratti dell'epifenomeno di difficoltà
relazionali e familiari o se sia un fenomeno puro.
Il
secondo commento è
sui concetti di persistenza e desistenza che non sono affatto ben
definiti nella ricerca e nella clinica.
Non
è
chiara la distinzione tra minori che desistono e minori che
persistono nel vissuto della disforia di genere.
La
differenza è
molto difficilmente identificabile quando si tratta di bambini, anche
se vagamente, a posteriori, si può
dire che coloro che persistono avevano una disforia di genere più
intensa.
Ma
nel bambino non ci sono indici predittori ed è
anche difficile definire, nel bambino, l'intensità
della disforia di genere.
Anche
i bambini con Disturbo dello sviluppo sessuale (DSD) possono essere
inviati ai centri specializzati dell'ONIG?
[Si
tratta ad esempio dei bambini con Sindrome di Klinefelter, Sindrome
da insensibilità
agli androgeni ,
ecc. che presentano delle varianti nella differenziazione sessuale e
che possono manifestare disordini dell'identità
di genere.]
Bisogna
distinguere tra una vera e propria disforia di genere, sia nei
bambini che negli adolescenti, dalla variazione di genere. Anche la
variazione di genere ha bisogno di un sostegno, non tanto perché
sia di per sé
un problema, quanto piuttosto diventa da sostenere nel momento in cui
viene stigmatizzata come sbagliata.
Nel
momento in cui ci si trova di fronte a una situazione di sofferenza
che ha a che fare con la varianza di genere, sia DSD che disforia di
genere, l'invio [a un centro specializzato sull'identità
di genere] ha senso ma proprio in questo contesto di sostegno
all'espressione, all'indagine e all'osservazione, di sostegno
all'aspettare di vedere quello che viene fuori.
L'importante
per noi non è
tanto intervenire, quanto piuttosto sostenere la possibilità
di tutti quanti di aspettare e vedere come l'identità
si sviluppa.
Nei
casi di DSD sono i genitori ad essere più
preoccupati.
I
genitori hanno paura, si fanno delle fantasie.
Nei
DSD i genitori e anche i bambini, in qualche modo, vengono
confrontati con il sesso e l'identità
sessuale fin da quando sono neonati. Nessun altro bambino si trova
continuamente confrontato con questa tematica quando è
ancora piccolo.
È
una condizione difficile sia per i genitori, che sono portati
spontaneamente ad avere fantasmi, sia per i bambini che sono schermi
di fantasmi sessualizzati.
Ci
sono dati italiani sulla non conformità
di genere nei minori (incidenza, età
media di accesso a un Centro, ecc.)?
Il
coordinamento di tutti i centri italiani è
abbastanza recente. Stiamo lavorando su questo, stiamo lavorando alla
raccolta dati, che una volta disponibili saranno pubblicati.
Quali
sono le modalità
di accesso a un Centro sulle identità
di genere atipiche?
Quando
si tratta di bambini, sono i genitori che si angosciano si
preoccupano e si rivolgono al pediatra, all'amico di famiglia, a
qualcuno che li invia al centro che conosce.
Gli
adolescenti dai 15 ai 17 anni arrivano in prima persona, esplorano
loro le informazioni su internet e a quel punto si rivolgono al
centro più
vicino a casa.
Per
i bambini, c'è
una presa in carico della famiglia, a volte solo dei genitori, quando
è
evidente la maggiore sofferenza nei genitori che nel bambino; a volte
viene fatta una valutazione nel bambino e si va avanti con
osservazione e sostegno allo sviluppo dell'identità.
Per
gli adolescenti, li accogliamo da soli ma non possiamo andare avanti
nella presa in carico e nell'esplorazione della questione senza
l'autorizzazione dei genitori.
Di
solito i genitori arrivano. Sono più
rari i casi in cui i ragazzi non osano, non riescono a parlare oppure
i genitori si rifiutano nel momento in cui erano stati coinvolti.
Con
gli adolescenti si percorrono strade varie, dipende dalle opzioni.
I
bloccanti sono stati usati una sola volta in Italia, a Firenze: c'è
stata l'autorizzazione su un caso specifico di un adolescente che
correva serissimi rischi di suicidio.
In
Italia non siamo ancora riusciti a trovare il modo di organizzare
un'autorizzazione dei comitati etici, nonostante i progetti
presentati da alcuni centri.
I
bloccanti si somministrano al II-III stadio Tanner, dopo non si
prendono più
in considerazione, per lo meno in Italia, ma si prende in
considerazione, dai 16 anni in poi, la somministrazione dell'ormone
cross.
Per
dare l'ormone cross non è
necessario avere dato prima il bloccante.
L'ormone
cross, e questa è
la pratica corrente nei vari centri, viene somministrato a partire
dai 16 anni, dopo un'osservazione di almeno sei mesi e
l'autorizzazione dei genitori.
Poi
ci sono diversi approcci psicoterapeutici - terapia sistemica,
interventi di gruppo, interventi individuali - in base alle risorse
disponibili in ciascun centro.
Negli
adolescenti quali sono le conseguenze di una grave disforia di
genere?
Gravissimo
ritiro sociale, severi pensieri suicidari, tentativi di suicidio veri
e propri, autolesionismo, abbandono scolastico, questo quando i
ragazzi hanno capito di cosa si tratta.
Prima
ancora una grande angoscia, una grande confusione, spesso per esempio
ci sono casi di comportamenti anoressici, che sono tentativi di
controllare il corpo, non consapevoli magari, ma messi in atto per
mettere sotto scacco il corpo, che li sta facendo soffrire.
Ma
anche quando c'è
la consapevolezza, i tentativi autolesionisti, l'attacco al corpo è
uno dei comportamenti più
diffusi e poi l'isolamento, un po' per la difficoltà
a dare parole a quello che stanno vivendo, un po' perché
esprimersi con modalità
varianti provoca la stigmatizzazione del gruppo, provoca l'isolamento
non solo da parte dei pari, spesso anche da parte degli insegnanti e
non ultimo a volte, anche da parte dei genitori.
È
una condizione veramente pesante.
Qual
è
la situazione nelle scuole?
Se
pensiamo già
solo alla stigmatizzazione sull'omofobia, la transfobia è
ancora più
radicata, anche per ignoranza, anche per incapacità
di capire.
Come
associazione, quello che noi facciamo è
cogliere tutte le occasioni per fare degli interventi nelle scuole,
spesso partiamo dalla presenza di uno dei ragazzi che abbiamo in
carico, per prendere contatti con la scuola, contrattare e sostenere
con la scuola la possibilità
dell'uso del bagno del genere desiderato oppure, se non viene
tollerato questo, dell'uso del bagno dei professori oppure la
gestione della ginnastica, che è
sempre una questione molto difficile nello spogliatoio.
Queste
sono le difficoltà
pratiche dei ragazzi che resistono a scuola, perché
queste difficoltà
sono tra le cause dell'abbandono scolastico.
Combattiamo
tutto quel che possiamo per tenere la frequenza scolastica, che è
il filo che lega i ragazzi alla vita reale perché,
sennò,
la condanna è
quella di vivere dentro una fantasia dentro casa loro, quindi è
molto faticoso.
Per
i bambini è
molto meno drammatico da questo punto di vista, perché
la varianza di genere nei bambini viene ancora abbastanza tollerata.
Fino
alle elementari ci sono le prese in giro, ma non l'espulsione da
scuola, alle medie cominciano le difficoltà.
Il
gruppo di Firenze fino all'anno scorso ha fatto degli interventi
nelle scuole fin dalle materne e elementari con finanziamenti del
Comune. Da quest'anno il Comune non li ha più
finanziati per gli effetti devastanti di questa 'teoria
del gender'.
[propaganda
aggressiva contro una teoria inesistente ma inventata a scopo
ideologico per giustificare discriminazioni in base al genere e
all'orientamento sessuale e fare danni alla conoscenza generale]
È
una cosa cosi normale, così
semplice, però
parlarne crea questa fantasia della manipolazione dell'identità
del bambino.
L'informazione
dovrebbe iniziare fin dalla scuola dell'infanzia.
Per
ora ogni iniziativa è
gestita da ciascun Centro, non ci sono iniziative di carattere
nazionale e cerchiamo di volta in volta i contatti con gli
interlocutori istituzionali (MIUR, UNAR, Garante dell'Infanzia).
Insomma,
è
un lavoro molto complesso e delicato che, come spesso accade in
Italia, è
sulle spalle di pochi specialisti che svolgono la maggior parte del
lavoro in regime di volontariato, con piccoli finanziamenti e borse
di studio e che cercano di sfruttare le limitate risorse del Servizio
Sanitario Nazionale per prendersi cura di bambini, ragazzi e famiglie
e per sviluppare linee guida, collaborazioni internazionali, banche
dati, progetti educativi, in un contesto culturale e politico che per
di più
è
spesso ostile.
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