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domenica 26 febbraio 2017

Notizie da urto: mentalizzazione a scuola e autismo in risonanza




La mentalizzazione a scuola
Nel Regno Unito, 5000 insegnanti sono stati formati per insegnare ai loro alunni anche la mentalizzazione – mindfulness -, una tecnica di meditazione di derivazione buddista.
Si tratta di un investimento governativo di diversi milioni di sterline, caldeggiato dal Gruppo Parlamentare per la Mentalizzazione, che ha raccomandato al Dipartimento dell'Istruzione britannico di individuare le scuole in cui applicare “il pioneristico insegnamento della mentalizzazione”. C'è chi ha definito “sessioni di quiete” quegli spazi di riflessioni durante le ore scolastiche ritenendoli necessari dopo il calo delle tradizioni religiose e diversi parlamentari hanno espresso commenti entusiasti.
Tanti sostenitori e tanti soldi proprio in questi anni di crisi, che vedono anche il progressivo assottigliarsi delle risorse destinate alla salute mentale.
La mentalizzazione è ancora in fase di studio nell'ambito delle diverse tecniche della psicoterapia, condotta da specialisti in contesti controllati.
La mentalizzazione a scuola consiste di sessioni di 10-20 minuti in cui i bambini imparano a respirare lentamente, a rilassarsi, a immaginare. Proprio come farebbero in una sessione di ascolto musicale, di arte o durante una passeggiata all'aperto guardando le nuvole. I benefici di questi esercizi possiamo sperimentarli tutti. Per ora i commenti dei bambini sono l'unica prova di efficacia. 
Non esiste uno studio su grandi numeri e con un gruppo di controllo, fondamentale per dimostrare, a parità di altre condizioni, che la mentalizzazione abbia più effetto ad es. dell'ascolto musicale o del guardare le nuvole. Non esiste uno studio in cieco, dove chi valuta i bambini prima e dopo le 'sessioni di quiete' non è coinvolto e non sa a quale tipo di sessioni abbiano partecipato (mentalizzazione, ascolto musicale o guardare le nuvole) e può quindi essere più obiettivo. Non esistono studi a lungo termine che dimostrino che le 'sessioni di quiete' fanno stare bene a lungo e non solo nella giornata in cui si svolgono. Non c'è alcuna evidenza che questi esercizi siano efficaci sui disturbi mentali o sulla loro prevenzione. Per una revisione delle prove scientifiche attuali delle applicazioni a scuola: Chadwick & Gelbar, 2016.
Devono ancora essere identificati i prerequisiti cognitivi ed emotivi per la loro applicazione.
C'è chi ha parlato di “McMindfulness”. Vale lo stesso per le sessioni di empatia. In effetti, si tratta dell'offerta promozionale di pacchetti di quiete che puoi acquistare da chiunque abbia il marchio.


L'autismo in risonanza
L'agenzia di stampa Adnkronos proclamava così il 15 febbraio scorso: Prevedere l'autismo, identificate 'spie' nel cervello dei bimbi a rischio.
E La Repubblica del 16 febbraio: Autismo, la ricerca: diagnosi precoce basata su sviluppo del cervello.
Entrambi i titoli si riferivano a uno studio scientifico pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature. Gli autori Hazlett e collaboratori hanno analizzato le risonanze magnetiche a 6, 12 e 24 mesi di un gruppo di bambini ad alto rischio di autismo – fratelli o sorelle di bambini con diagnosi di autismo – confrontandole con quelle di un gruppo di bambini a basso rischio.
In base a tre parametri – il volume cerebrale totale, la superficie corticale e lo spessore della corteccia – gli autori hanno rilevato lievi differenze a 24 mesi in due parametri: un maggior volume e una maggiore superficie nei bambini a rischio di autismo. Questo risultato concorda con altri studi ma data l'ampia variabilità dei due parametri nei bambini ad alto o basso rischio di autismo non permette di arrivare a conclusioni definitive. Allora Hazlett e collaboratori sono andati a confrontare i due parametri – volume cerebrale e superficie corticale - in 78 regioni nel cervello di un sottogruppo di bambini, a 6 e a 12 mesi.
Applicando diversi algoritmi, sono stati identificati per autismo 30 bambini ad alto rischio, e solo 7 dei bambini a basso rischio (falso positivo).
Come spiega Jon Brock sul Guardian – mostrando le sue analisi dei dati e fornendo nei commenti all'articolo anche la sintassi per rifarle –, la potenza dei modelli statistici usati da Hazlett e collaboratori è molto bassa ed è limitato anche il numero di bambini inseriti nei diversi livelli di analisi. Inoltre, i bambini durante la risonanza erano addormentati ma ogni piccolo movmento invalida l'esame stesso e questo ha ridotto molto i dati disponibili per ciascuno di essi. Il valore predittivo dei parametri individuati rimane in sostanza molto basso e non sufficiente a giustificare risonanze magnetiche ripetute a 6 e a 12. Rimane comunque interessante questo indirizzo di ricerca per arrivare a caratterizzare – con studi a maggiore numerosità e potenza metodologica – le specificità cerebrali dei disturbi neuroevolutivi.
Oggi, non è ancora possibile identificare precocemente l'autismo, che si manifesta intorno ai due anni di età e richiede un lungo processo di osservazioni, esami e test per la diagnosi clinica. Contemporaneamente vengono attivati i precorsi riabilitativi che quanto più sono precoci più si dimostrano efficaci nel lungo termine.

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