Le
scienze biomediche e psicologiche stanno affrontando una crisi di
credibilità dovuta all'assoggettamento al potere degli enti
finanziatori e degli imperi editoriali che hanno dettato le regole e
gli indirizzi della ricerca scientifica.
Si
va da un estremo in cui, pur di pubblicare risultati compiacenti e
sensazionali il ricercatore ha sacrificato la deontologia e il rigore
metodologico fino a falsificare i dati sperimentali, all'altro
estremo in cui l'onestà professionale e la trasparenza metodologica
hanno ridotto gli spazi di pubblicazione a riviste di secondo
livello, compromettendo le opportunità di carriera del ricercatore.
Un
tale meccanismo perverso è stato mantenuto e alimentato anche da una
comunicazione sui media di massa e sociali acritica e anzi prona ad
amplificare il sensazionalismo. Il giornalista che doveva mediare la
divulgazione dei risultati, inserendoli in un contesto più ampio e
analizzandone pro e contro, si è temporaneamente assopito oppure è
stato attaccato e rimpiazzato.
I
danni sono stati di tre tipi: creare confusione sulla credibilità
delle notizie scientifiche e delle scoperte stesse; sprecare le
risorse economiche nazionali nei casi di finanziamenti pubblici;
sacrificare la creatività della ricerca scientifica a vantaggio
della sua convenienza.
Un
tale sistema, assieme all'eccessiva burocratizzazione delle
amministrazioni ha rallentato enormemente gli avanzamenti nelle
conoscenze scientifiche in molti settori.
Se
poi pensiamo che questo accade in discipline che studiano l'uomo e le
cure alle sue condizioni patologiche, il quadro diventa ancora più
preoccupante.
Tra
gli scienziati che si sono messi più in discussione negli ultimi
anni ci sono senz'altro gli psicologi. Da noi è solo arrivata
qualche eco eppure le discussioni, le conferenze, i dibattiti che
stanno contribuendo a rifondare la psicologia scientifica sono molto
vivaci negli altri paesi europei e negli Stati Uniti.
In
realtà questa rifondazione coinvolge la ricerca sperimentale ma è
rilevante anche per la ricerca clinica e la clinica in senso stretto,
ambiti talvolta troppo condizionati da opinioni, speculazioni
teoriche, aneddotica e dove i criteri oggettivi sono spesso
considerati per lo più opzionali e comunque flessibili.
Per
Carlo Umiltà (6/1/2017), “[l']impressione
è che il problema riguardi tutte le discipline che condividono le
procedure di inferenza statistica e, quindi, si trovano ad affrontare
gli stessi problemi e anche ad adottare le stesse scorciatoie per
evitarli (non, purtroppo, per risolverli)”.
Chris Chambers, neuroscienziato cognitivo all'Università di Cardiff, ha scritto un Manifesto per riformare la cultura della pratica
scientifica (The Seven Deadly Sins of Psychology: A Manifesto for Reforming the Culture of Scientific Practice, Princeton
University Press, 2017). Da dove si può partire? Dal
riconoscimento de I sette peccati capitali della psicologia che
hanno corrotto lo spirito del ricercatore.
Il
libro fornisce una dettagliata fotografia dell'attuale crisi della
psicologia che vale per le scienze biomediche in generale. Su uno
sfondo di pratiche poco trasparenti si stagliano i protagonisti
negativi, le loro confessioni non spontanee e le conseguenze
professionali individuali e collettive. Dalle ombre emergono anche i
protagonisti positivi che hanno contribuito a rivelare la corruzione
del sistema e che stanno proponendo ed elaborando i possibili
antidoti.
Il
Manifesto dovrebbe essere inserito nella bibliografia di ogni
insegnamento universitario sui metodi di ricerca.
Quali
sono i 7 vizi capitali della psicologia? Chambers li descrive in modo
esteso e con dovizia di esemplificazioni.
Ne
farò una breve sintesi.
I.
Il Pregiudizio (The Sin of Bias)
how
unchecked bias fools us into seeing what we want to see
Si
cade nel primo vizio quando le nuove informazioni vengono
interpretate in base a preconcetti: vediamo solo quello che
vogliamo vedere.
Possiamo
distinguere diversi sistemi di pregiudizi che spesso si
sovrappongono: quello degli scienziati che conducono una ricerca
scientifica, quello di altri scienziati che valutano la bontà dei
risultati di una ricerca ai fini della pubblicazione o del
finanziamento, quello degli editori delle riviste che vendono il
prodotto scientifico.
Lo
scienziato che fa l'esperimento commette questo peccato quando, più
o meno intenzionalmente, predispone solo determinate condizioni di
verifica delle ipotesi oppure seleziona e rende pubblici solo gli
estratti dei risultati ottenuti che confermano le proprie ipotesi e
credenze. Pur di confermare la propria visione lo scienziato,
approfittando dei suoi gradi di libertà, può addirittura
continuare a fare ipotesi sui risultati già analizzati,
riorganizzandoli: sapendo com'è andata a finire, queste ipotesi post
hoc hanno poca probabilità di essere smentite e vengono
mescolate con quelle iniziali.
Lo
scienziato revisore che valuta la ricerca di un altro scienziato
commette il primo peccato quando giudica pubblicabili o finanziabili
solo quegli studi che hanno risultati positivi a conferma di ipotesi
o teorie precedenti, mentre rifiuta gli studi con risultati nulli o
negativi o quelli poco innovativi, come ad es. la replica di uno
studio precedente.
Gli
editori delle riviste cadono in questo vizio quando decidono di
pubblicare solo gli studi con forti effetti positivi e altamente
innovativi, cioè studi che garantendo di essere molto citati in
futuro, aumenteranno il valore della rivista stessa. Le repliche di
studi precedenti sono le più penalizzate in quanto giudicate noiose
e non creative.
Questi
editori inducono i revisori a peccare, e questi a loro volta inducono
i loro colleghi a viziare le ricerche.
We
are all p hackers, those of us who realize it want change.
II.
La flessibilità nascosta (The Sin of Hidden Flexibility)
how
we have turned our backs on fundamental principles of the scientific
method
Si
cade nel secondo vizio quando la metodologia di analisi è gestita
con molta libertà, dando le spalle ai principi fondamentali del
metodo scientifico.
Lo
scienziato commette questo peccato quando riadatta inconsapevolmente
o 'massaggia' intenzionalmente la raccolta e l'analisi dei dati –
moltiplicando il numero delle variabili indipendenti, eliminando
alcuni soggetti oppure aumentandone il numero - fino a ottenere
risultati statisticamente significativi.
Questo
vizio è reso possibile dal fatto che nella fase di pubblicazione di
un articolo scientifico tipicamente non viene richiesto di descrivere
i metodi in modo dettagliato e trasparente, specificando quali erano
le ipotesi e le analisi pianificate all'inizio e quali invece erano
le nuove ipotesi e le nuove analisi dettate dalla congruente
interpretazione dei risultati. Inoltre, la non disponibilità dei
dati grezzi anche dopo la pubblicazione dello studio fa sì che le
conseguenze derivanti dalla flessibilità nascosta si perpetuino,
nella migliore delle ipotesi senza che gli autori si accorgano delle
forzature commesse.
La
ricorrenza di questo vizio e il fatto che non sia rilevato sono
particolarmente dannosi perché possono portare a false conclusioni e
questo vale per tutte le scienze in cui si arriva a una scoperta per
accumulo di prove.
If
your experiment needs statistics, you ought to have done a better
experiment. Ernest Rutherford
III.
L'inattendibilità (The Sin of Unreliability)
how
we have turned our backs on fundamental principles of the scientific
method
Si
cade nel terzo vizio quando non si favorisce la replica di uno studio
e, come per il secondo vizio,
si voltano le spalle ai principi fondamentali del metodo scientifico.
Questo
vizio sacrifica uno dei cardini del metodo scientifico che è quello
di fornire tutte le informazioni necessarie a replicare uno studio,
una specie di ricetta sperimentale, con tutti gli ingredienti,
le procedure e i tempi di esecuzione.
La
psicologia, folgorata dalla neofilia, negli ultimi quattro decenni,
ha ritenuto di togliere valore alla replicabilità. Al più si è
accontentata della replica concettuale: si tratta di studi in
cui si dà per certa (anziché verificarla) la verità dei risultati
di uno studio, si inferisce la causa sottostante che li ha
determinati e se ne cercano le prove convergenti attraverso procedure
sperimentali del tutto diverse. In tal caso è ammessa una sola
possibilità ed è che i risultati convergano con le
conclusioni/scoperte originali perché se non convergono lo si può
sempre imputare alle diverse procedure usate e non alle debolezze
dello studio originale.
Chambers
scrive che solo 2 su 1000 studi pubblicati in psicologia sono una
replica diretta di un precedente esperimento e solo uno di questi è
realizzato da un gruppo di ricerca diverso da quello dello studio
originale.
Rinunciare
alla riproducibilità vuol dire generare molte scoperte non
confermate ma anche molte fallacie non discusse, senza dare la
possibilità alla psicologia di autocorreggersi.
C'è
chi addirittura ha fatto di questo vizio una bandiera, considerando i
risultati degli studi precedenti come sacri, esigendo che alle
repliche partecipasse l'autore dello studio originale o che almeno ne
dettasse le regole e accusando i sostenitori della replicabilità di
aggressione e interferenze.
the
culture of replication in the physical sciences is a world apart from
the one that prevails in psychology
IV.
L'accumulo di dati (The Sin of Data Hoarding)
how
we treat the data we acquire as personal property rather than a
public resource
Si
cade nel quarto vizio quando si accumulano avidamente i dati e si
mantiene una posizione difensiva, rifiutando di renderli disponibili
alla comunità scientifica.
Il
rischio di dover rimettere in discussione i propri risultati (per gli
effetti dei due vizi precedenti) – azione non richiesta
nell'attuale sistema di incentivi – porta a tenerli sotto chiave o
a giustificarne la non disponibilità con lo smarrimento o il furto
del dispositivo nel quale erano contenuti.
Il
più delle volte vengono guardate con sospetto le proposte di
controllo sulle proprie modalità sperimentali, nonostante questo
possa permettere di introdurre delle procedure più affidabili nella
raccolta e nell'analisi dei dati all'interno di un laboratorio e dare
maggiore solidità a una scoperta.
In
tal modo si rifiuta la redenzione e si tollera la degenerazione dello
spirito scientifico.
Chambers
elenca diversi gradi di condivisione dei dati grezzi di uno studio,
in modo da garantire la riservatezza quando richiesta, da tutelare
l'originalità degli autori e da prevenire il plagio. Tutto questo
non ostacola anzi ravviva la serendipità, dato che può essere
stimolata anche dai commenti che altri scienziati formulano sui dati
originali.
Too
often in psychology, as in other sciences, ego overcomes reason,
reducing the reliability and credibility of the results we produce
V.
La corruttibilità (The Sin of Corruptibility)
how
we permit academic fraud to cause untold damage to the most
vulnerable members of our community
Si
cade nel quinto vizio quando si commette o si permette la frode
danneggiando i membri più vulnerabili della comunità scientifica.
Sulle
pubblicazioni, o meglio sulla quantità più che sulla loro qualità,
vengono costruite intere carriere scientifiche fino a raggiungere
posizioni che garantiscono potere e prestigio. Come abbiamo visto,
teso ad autoconservarsi, l'attuale sistema di incentivi tollera i
vizi, fino addirittura a perseguire chi dall'interno della comunità
scientifica scopra e riveli una frode reiterata. Così accade che chi
ha contribuito a svelare studi corrotti sia espulso dall'università
mentre chi ha ammesso di avere truccato per anni le proprie ricerche
– come i famosi casi di Stapel e Smeesters – sia considerato una
vittima del sistema e rimanga comunque nel mondo accademico ad
insegnare.
Sono
pochi ma ci sono gli esempi di scienziati che hanno chiesto
direttamente il ritiro di un proprio studio pubblicato su una rivista
anche prestigiosa dopo avere scoperto la presenza di errori
metodologici o la cattiva condotta di qualche coautore.
If
replication is the immune system of science, then retraction can be
thought of as the last line of defense—a surgical excision
VI.
Il confino (The Sin of Internment)
how
we waste public resources on outdated forms of publishing
Si
cade nel sesto vizio quando si tollera un sistema restrittivo di
pubblicazione che rifiuta di concedere ampio accesso alle ricerche
scientifiche, sprecando così le risorse pubbliche.
Si
rimane nel proprio ristretto confino talvolta per indolenza, dato
che, almeno se si lavora in una grande un'università, bastano pochi
clic e si consultano gli articoli di tante riviste scientifiche,
grazie ad abbonamenti di milioni di euro pagati con i soldi pubblici
e quindi da tutti.
È
paradossale che questo accada per la psicologia, le cui ricerche e
scoperte sono di interesse pubblico e possono condizionare le
politiche sociali, sanitarie e assistenziali.
I
modelli di pubblicazione ad accesso gratuito – Open Access –
possono essere totali – ne fanno parte sia riviste che
offrono un servizio gratuito agli autori e ai lettori sia riviste che
richiedono un pagamento per la pubblicazione all'autore ma sono
gratuite per il lettore – oppure ibridi – come le riviste
a sottoscrizione tradizionale che pubblicano molti articoli a
pagamento per il lettore e alcuni articoli gratuiti per il lettore e
l'autore (ad es. resi accessibili dopo un periodo di embargo dai 6 ai
12 mesi) oppure a pagamento per l'autore. La maggior parte delle
riviste più importanti in psicologia offre un modello ibrido.
Nello
scegliere le riviste su cui pubblicare il proprio lavoro gli
psicologi danno molto peso alla quotazione e al prestigio e provano
in prima istanza ad inviare il proprio lavoro a quelle che sono
monopolizzate da un numero ristretto di editrici.
Rispetto
ad altre discipline, sono anche restii a condividere con la comunità
scientifica i propri dati.
Tutto
questo è comprensibile se si pensa che rinunciare alla pubblicazione
tradizionale per quella gratuita può costare il lavoro e la carriera
accademica. Ad esempio, per il reclutamento universitario o per
l'attribuzione di fondi di ricerca è richiesta una certa quantità
di pubblicazioni di 'alta qualità'.
Naturalmente,
l'alta qualità e l'impatto di una rivista scientifica determinati
nel sistema attuale di incentivi non si sono rivelati immuni dai vizi
capitali.
Chambers
affronta e documenta i pro e i contro dei diversi sistemi di
pubblicazione nel medio e nel lungo termine e risponde alle 4
obiezioni formulate dagli opponenti alle pubblicazioni Open
Access.
La
situazione si fa bizzarra quando lo stesso autore che ha pubblicato
un articolo su una rivista tradizionale non può accedervi se non
pagando almeno 20-30 euro. Oppure, se lo stesso ricercatore lavora in
una piccola università, non può tenersi aggiornato sulla
letteratura scientifica nel suo settore dato che la sua università
non ha i soldi per gli abbonamenti.
Per
scalare questi muri sono state sviluppate diverse iniziative di
disobbedienza, come #icanhazpdf su twitter e Sci-Hub.
Si
tratta di un cambiamento di sistema ma anche di un cambiamento
culturale.
science
is bad at being science: the actual quality of research plays second
fiddle to the perception of quality
VII.
La contabilità (The Sin of Bean Counting)
how,
in assessing the value of science and scientists, we have surrendered
expert judgment to superficial bean counting
Si
cade nel settimo vizio quando si è ossessionati dalla
quantificazione della qualità e si langue in una gestione delle
prestazioni basata sulle metriche.
Il
Journal Impact Factor (JIF), calcolato dalle riviste sulla
media delle citazioni dei propri articoli nei due anni precedenti, è
ormai contestato perché vulnerabile a molte manipolazioni ed errori.
L'unico dato fondato è che il JIF correla con la quota di
articoli ritrattati per frode acclarata o sospetta.
Un
tentativo di correggere l’uso del JIF è arrivato con la San
Francisco Declaration on Research Assessment (DORA),
che raccomanda di “non
utilizzare metriche basate sulle riviste, come il Journal Impact
Factors, come misura surrogata della qualità di singoli articoli di
ricerca o per valutare il contributo di un singolo ricercatore o nel
reclutamento, nella promozione o nell'assegnazione di fondi”.
Tuttavia, molte università che hanno sottoscritto quella
dichiarazione continuano a praticare il vizio della contabilità.
Un'altra
distorsione è quella di valutare i ricercatori in base ai
finanziamenti assegnati: “è come stabilire il vincitore di un
torneo di football sulla base di quale squadra spende di più per le
scarpe”.
Il
finanziamento è il progetto di una missione e non una missione
compiuta.
to
what extent is the quality of science synonymous with short-term
popularity?
I
sette vizi minacciano il futuro stesso della psicologia che però ha
in sé gli strumenti di correzione, purché si decida di applicarli.
Data
don’t tell stories, scientists tell stories.
I principali antidoti a questi vizi sono l'accessibilità a dati e pubblicazioni, la replicabilità e la
pre-registrazione degli studi sperimentali, che Chambers sostiene e
descrive ampiamente. La pre-registrazione consiste nel sottoporre
alla rivista il progetto dell'esperimento, con le ipotesi, i metodi e
le analisi che saranno applicate. Una volta approvato, l'esperimento
può iniziare e alla sua conclusione, gli autori invieranno
l'articolo ai revisori che potranno giudicare la fedeltà
metodologica e la conformità dei risultati alla verifica delle
ipotesi iniziali, indipendentemente dalla grandezza di un'inferenza
statistica. Chambers anche in questo caso elenca tutte le obiezioni
alla pre-registrazione e fornisce risposte chiare su certezze e
possibilità.
Analizza
con molto entusiasmo anche altre strade percorribili che però
sembrano frammentarie e a volte pericolose, come quando suggerisce di
sottoporre a test di personalità tutti i ricercatori per prevenire i
casi di frode.
Dimostra
così di cadere nel primo vizio, quello del pregiudizio dello
scienziato che ritiene che i comportamenti disonesti o criminali
siano causati da disturbi di personalità. Il primo vizio è talmente
insidioso che senza la redenzione assicurata dal fondarsi solo su
prove scientifiche confermate, può portare lo scienziato reclutatore
a escludere i candidati con disturbo di personalità dal suo
laboratorio e dalla carriera universitaria.
Penso
sia un effetto di questo vizio anche il fatto che tutte le citazioni
all'inizio di ciascun capitolo siano di autori uomini.
Chambers
conclude il suo Manifesto con delle vere e proprie indicazioni di
condotta in elenchi separati per ricercatori junior e senior; per
riviste, enti finanziatori, università e società scientifiche, per
giornalisti e cittadini.
Sono
indicazioni molto utili e valide anche per le agenzie nazionali di
valutazione della ricerca.
Insomma,
gli strumenti per riconoscere e affrontare i sette vizi capitali
della psicologia e in generale delle scienze biomediche ci sono e
iniziano ad essere riconosciuti e promossi.
Per
l'applicazione di tali strumenti, al momento, bisogna affidarsi alla
buona volontà degli attori coinvolti, in attesa che le buone
pratiche di condotta siano valorizzate più dell'avida
iperproduzione.
Tuttavia, la riforma è iniziata e lasciano
ben sperare il crescente numero di scienziati che si sta riaggregando
verso queste nuove direzioni e i primi riconoscimenti istituzionali
da parte di enti di ricerca nazionali, università, riviste.
Nessun commento:
Posta un commento