A
circa un anno di distanza sono tornata ad esplorare la quota di donne
che lavora nei ruoli accademici delle università italiane.
Come avevo scritto in
Donne non Ordinarie I, al 17 aprile 2016, si contavano
complessivamente il 45,7% di Ricercatrici, il 36,5% di Associate e il
21,3% di Ordinarie.
Si
tratta di dati scoraggianti man mano che si sale verso il soffitto di
cristallo ma in linea con la media europea, che riporta un 36% di
mid-ranking
professors
e
un 18% di full
professors
(dati
She
Figures 2009).
La
situazione non è cambiata, se consideriamo che al 5 marzo 2017, le
donne sono per il 46,3% (+0,6) Ricercatore, per il 37,4% (+0,9) Professore
Associato e per il 22,4% (+1,1) Professore Ordinario.
Eppure,
quei piccoli punti percentuale in più rispetto al 2016 dovrebbero
dare una speranza.
Non
è così, perché si sta concretizzando la proiezione
fatta nel 2014 dal Consiglio Universitario Nazionale: nel 2018 i
professori ordinari si ridurranno del 50%, i professori associati del
27%, i ricercatori sono ad esaurimento.
Difatti,
è l'ulteriore calo di docenti registrato nel 2017 e più consistente
per gli uomini a rendere poco più che stabile la situazione delle
donne.
Anche
quest'anno ho estratto i dati dal sito CercaUniversità
del Cineca al 5 marzo, selezionando i Ricercatori e i Professori
Associati e Ordinari (confermati e non confermati) delle 14 Aree,
includendo:
- tutti gli atenei,
- tutti i settori S.S.D.,
- tutti i macrosettori di ogni Area,
- tutti i settori concorsuali.
Se
nel 2016, si contavano 9990
unità in meno rispetto al 2005 nei tre ruoli, oggi risultano 1459
unità in meno rispetto al 2016 (a distanza di circa 11 mesi): una
perdita annua molto più rapida, che getta inquietanti ombre sul
nostro futuro.
'Nostro'
perché l'istruzione universitaria e la ricerca scientifica
rappresentano il futuro di una Nazione.
Delle
1459 unità in meno, 440 (il 30%) sono donne.
Rispetto
al 2016, si sono estinti complessivamente 1315 posti di Ricercatore
(730 uomini e 585 donne). Alcuni ricercatori sono passati ai livelli
successivi ma, in generale in tutti i ruoli, i posti vacanti non
vengono reintegrati.
Tra
gli Associati, rispetto al 2016, si è registrato un calo di 156
unità per gli uomini e un incremento di 90 unità per le donne.
La
stessa tendenza si osserva negli ordinari, con 133 unità in meno per
gli uomini e 55 in più per le donne.
Per
le donne, la situazione dal 2005, al 2016 e al 2017 è riassunta nel
grafico seguente (con i colori delle medaglie
olimpiche): un progressivo calo delle Ricercatrici, un incremento
graduale delle Associate che è in attenuazione e un iniziale calo
delle Ordinarie, seguito da un lieve incremento medio nell'ultimo
anno.
La
distribuzione di Ricercatrici, Associate e Ordinarie nelle diverse
Aree non è molto diversa da quella dell'anno scorso.
La
quota più bassa di Ricercatrici è del 22%
(+1%)
a Ingegneria
industriale/informazione,
mentre la quota più alta è del 65%
(+1%)
a Scienze
biologiche.
La
quota più bassa di Associate è del 18%
(+1%)
sempre
a Ingegneria
industriale/informazione,
mentre la quota più alta resta del 55%
a Scienze
dell'antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche.
Per
le Ordinarie, la quota più bassa è del 9%
(+2%)
ancora
a Ingegneria
industriale/informazione,
mentre la quota più alta è ancora del 42%
a Scienze
dell'antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche.
Infine,
vediamo i piazzamenti delle diverse aree disciplinari in base alla
percentuale di donne presenti al 5 marzo 2017 nei ruoli di Professore
Ordinario, Professore Associato e di Ricercatore.
Classifica
Ordinarie: Percentuale per Area
42% S.
antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche
35% S.
storiche/filosofiche/pedagogiche/psicologiche
32% S.
biologiche
26% S.
politiche/sociali
23% S.
giuridiche + S. chimiche
22% S.
economiche/statistiche
20% S.
matematiche/informatiche
19% S.
della Terra + Ingegneria civile/architettura
18% S.
agrarie/veterinarie
15% S.
mediche
11% S.
fisiche
9% Ingegneria
industriale/'informazione
Classifica
Associate: Percentuale per Area
55% S.
antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche
52% S.
biologiche
47% S.
chimiche + S. storiche/filosofiche/pedagogiche/psicologiche
40% S.
agrarie/veterinarie + S. giuridiche
39% S.
economiche/statistiche + S. politiche/sociali
36% S.
matematiche/informatiche
31% S.
della Terra
30% Ingegneria
civile/architettura
27% S.
mediche
22% S.
fisiche
18% Ingegneria
industriale/'informazione
Classifica
Ricercatrici: Percentuale per Area
65% S.
biologiche
62% S.
antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche
61% S.
chimiche
54% S.
storiche/filosofiche/pedagogiche/psicologiche
49% S.
giuridiche + S. economiche/statistiche+ S. politiche/sociali
44% S.
matematiche/informatiche
43% S.
mediche
40% Ingegneria
civile/architettura
34% S.
della Terra
26% S.
fisiche
23% Ingegneria
industriale/'informazione
Scienze
della Terra, Scienze Fisiche e Ingegneria industriale/informazione
restano
le aree più arretrate e blindate alle donne in tutti i ruoli;
seguono Scienze mediche,
Ingegneria civile/ architettura
e via via le altre.
Sono
queste le aree in cui si dovrebbe agire di più per rompere gli
stereotipi e sostenere le giovani studenti e ricercatrici.
D'altra
parte, Scienze biologiche,
Scienze antichità/filologico-letterarie/storico-artistiche,
Scienze chimiche e Scienze
storiche/filosofiche/pedagogiche/psicologiche forniscono
maggiori opportunità iniziali alle donne ma la situazione resta
critica ai gradini più alti della carriera accademica.
La
graduale estinzione che sta interessando l'università italiana per
quest'anno sembra avere risparmiato le donne nei ruoli considerati,
che partivano meno esposte.
Mi
chiedo come riesca chi ha un ruolo universitario a fare sonni
tranquilli, come sia possibile questo silenzio, se si debba accettare
così questa rinuncia al futuro.
So
che c'è chi non dorme, chi si fa sentire, chi pianifica alternative
ma sono ancora troppo pochi.
Come
sono ancora troppo poche le donne docenti e ricercatrici nelle
università italiane, le donne che dirigono dipartimenti, le donne
rettore.
Poche donne, pochi stranieri e poche minoranze rappresentano la scelta di rimanere immobili, una scelta che non rispecchia più l'antropologia del nostro tempo e che rischia di arroccare ulteriormente l'università italiana nel vano tamponamento dell'emorragia delle risorse.
Poche donne, pochi stranieri e poche minoranze rappresentano la scelta di rimanere immobili, una scelta che non rispecchia più l'antropologia del nostro tempo e che rischia di arroccare ulteriormente l'università italiana nel vano tamponamento dell'emorragia delle risorse.
Nessun commento:
Posta un commento