Irlandese,
classe 1970, Eleanor Maguire è una delle scienziate di riferimento mondiale quando si parla di
memoria (ha anche una lunga pagina su Wikipedia).
Siamo
coetanee, ma giusto per dare un'idea dell'eccezionalità della
neuropsicologa, due anni prima che mi laureassi a Padova (nel 1996),
lei già conseguiva il titolo di Dottore di Ricerca a Dublino!
Lavora
come responsabile scientifica e docente di neuroscienze cognitive al
Wellcome Trust Center for Neuroimaging presso l'Istituto di Neurologia dello University College di Londra.
Inoltre, è membro onorario del Dipartimento di Neuropsicologia
dell'Ospedale Nazionale di Neurologia e Neurochirurgia Queen Square
di Londra.
È
anche molto impegnata in numerosi eventi pubblici per la divulgazione
della scienza.
Ha
vinto, tra tanti prestigiosi premi, anche un IgNobel in Medicina nel 2003,
per il popolare studio nel quale dimostrava assieme ai suoi
collaboratori David Gadian, Ingrid Johnsrude, Catriona Good, John Ashburner e a Richard Frackowiak e Christopher Frith, che i tassisti di Londra hanno una porzione dell'ippocampo più
sviluppata rispetto alle altre persone (l'articolo era stato raccomandato a PNAS da Brenda Milner, della quale ho scritto qui e in qualche altro post).
Si tratta dell'ippocampo
posteriore, una regione che archivia la rappresentazione spaziale
dell'ambiente. In un successivo studio del 2011, Maguire ha
ulteriormente dimostrato assieme a Katherine Wollett, che è la lunga formazione che devono seguire i tassisti londinesi
per conseguire la licenza a incrementare la struttura dell'ippocampo
posteriore. Difatti, l'incremento diventava evidente solo nelle
risonanze magnetiche effettuate dopo il training, rispetto a quelle
pre-training per ciascun tassista: una elegante prova della
plasticità del nostro cervello.
Nel
2015 Eleanor Maguire si è rifiutata di collaborare con un'agenzia di
sicurezza interessata ad applicare nuove tecniche per far confessare
i sospettati. Non era la prima volta che veniva contattata ma non ha
voluto rivelare altri dettagli, si è semplicemente tirata indietro:
"I backed off, though" (ne aveva scritto Michael Rundle su Wired).
László
Seress: un ippocampo e un cavalluccio marino.
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I
suoi progetti di ricerca sono estremamente innovativi e riguardano lo
studio di pazienti con disturbi di memoria causati da lesioni
all'ippocampo e ai lobi temporali, l'approfondimento neuroanatomico
delle regioni del nostro cervello che sono all'origine del nostro
ricordare, la scoperta di come si sviluppano i meccanismi della memoria nel bambino, gli esperimenti su soggetti sani anche su
vasta scale come il MEMO, lo sviluppo di nuove teorie cognitive della memoria sulla base
delle vaste evidenze scientifiche che si sono accumulate in quasi 60
anni di progressi neuropsicologici (a partire proprio da Brenda Milner).
La
sua proposta più recente è destinata a tracciare le future ricerche
sulla memoria e naturalmente si tratta di una proposta bilaterale
come ogni ippocampo che si rispetti.
Si
articola da un lato – che indicherò con S - in un
vero e proprio manifesto teoretico presentato nell'articolo The Hippocampus: A Manifesto for Change scritto con Sinéad Mullally
e pubblicato nel 2013.
L'altro
lato – che indicherò con D - contiene l'indicazione
metodologica affinché si studi anche quanto vi è di preservato
nella memoria dei soggetti amnesici ed è stata presentata
nell'articolo Remembering Preservation in Hippocampal Amnesia,
scritto con Ian Clark e pubblicato qualche settimana fa.
S
- La teoria della costruzione della scena
Maguire
e Mullally, 2013
L'intento
di Maguire e Mullally è di dare una rinnovata prospettiva che
stimoli nuove ipotesi sul funzionamento dell'ippocampo e non di
sottoporre a giudizio le teorie formulate finora.
This piece is not intended to be a forensic comparison of hippocampal theories, or an exhaustive literature review. We acknowledge that what we propose is not bulletproof and requires a good deal more investigation. Rather, our goal is to offer a fresh perspective, to stimulate new ways of thinking about the hippocampus.
[…] now may be the time to start asking different questions.
È
tempo di porsi nuove domande. Questa
è sempre una proposta entusiamante per il sapere scientifico.
Secondo
la Teoria della Costruzione della Scena (Scene Construction
Theory, SCT) l'ippocampo
facilita la costruzione di scene atemporali e permette ai dettagli
degli eventi della memoria episodica e delle esperienze future
immaginate di essere legate e integrate in un contesto spaziale
coerente. In tal modo la costruzione della scena va a sostenere non
solo la memoria episodica e l'immaginazione di eventi futuri ma anche
altre funzioni cognitive, come la navigazione spaziale.
L'essenza
dell'ippocampo sarebbe quindi quella di costruire scene spazialmente
coerenti.
Ecco
che la memoria umana diventa una costruzione integrata tra passato e
futuro e non un archivio passivo di informazioni.
L'ippocampo
continua automaticamente, implicitamente e in tempo reale
ad anticipare e costruire una rappresentazione del mondo al di là di
ogni punto di vista. Pur coinvolto nell'elaborazione di ciò che
vediamo, eccelle nella rappresentazione di ciò che non vediamo,
costruendo scene.
Il
nostro ippocampo non è quindi un semplice registratore di quello che
ci accade ma un costruttore di rappresentazioni relative al passato e
al futuro.
La
teoria della costruzione della scena reinterpreta anche i risultati
del premio Nobel 2014 per la medicina O'Keefe che aveva scoperto, con
Dostrovsky (1971), nell'ippocampo del ratto delle cellule che
codificano la posizione – scoperta divenuta famosa nel linguaggio
popolare come il 'gps del cervello'. A partire da quei
risultati O'Keefe ha postulato la teoria della mappa cognitiva,
secondo la quale l'ippocampo fornisce un contesto centrato
sull'ambiente, a differenza di un contesto nel quale lo spazio è
codificato con riferimento all'osservatore.
La
teoria della costruzione della scena differisce dalla teoria della
mappa cognitiva per il fatto che pone al centro dei processi
dell'ippocampo la creazione e la rappresentazione di scene, per
quanto lo spazio sia importante in entrambe le tesi.
Per
Maguire e collaboratori, riesaminando le numerose evidenze
scientifiche, in realtà non è corretto sostenere che l'ippocampo
sia essenziale per la navigazione, in quanto l'ippocampo è
fondamentale nella navigazione spaziale solo quando questa richieda
la visualizzazione di scene relative ai punti di riferimento presenti
nell'ambiente.
D
- Ricordare le funzioni preservate
Clark
e Maguire 2016
Rispetto
all'altra branca, di tipo metodologico, Clark e Maguire fanno notare
che già Scoville e Milner nel lavoro piomeristico del 1957
valutavano il profilo cognitivo e mnesico del famoso paziente HM
secondo due componenti ugualmente importanti, ciò che era
danneggiato e ciò che era preservato.
Successivamente, gli studi
sui pazienti amnesici si sono concentrati prevalentemente
nell'approfondimento dei deficit e, per la dominanza del modello
lesionale in neuropsicologia, è stato messo in secondo piano l'esame
delle funzioni preservate.
In
neuropsicologia, il modello lesionale prevede che se un
paziente non è in grado di svolgere un compito, allora l'esecuzione
di quel compito dipende dall'area del cervello danneggiata in quel
paziente. L'adesione a questo modello ha permesso di localizzare
molti processi cognitivi.
Tale
modello implica anche che, se si osservano delle funzioni preservate,
allora si assume che la regione cerebrale danneggiata non sia
coinvolta in quei compiti che il paziente ha eseguito correttamente.
In
realtà, ci possono essere diverse spiegazioni alternative: la
variabilità della relazione tra struttura cerebrale e processo
cognitivo, la compensazione da parte di altre aree cerebrali, il
ruolo di porzioni residue dell'area lesionata nello svolgimento di
quel compito, l'uso di strategie alternative per completarlo.
Tutte
queste possibilità hanno finora ricevuto scarsa considerazione e
attendono di essere sottoposte alla curiosità scientifica.
Nell'articolo
molto dettagliato, Clark e Maguire esaminano i vari processi
cognitivi che risultano preservati in presenza di lesioni unilaterali
e bilaterali dell'ippocampo, suggerendo alcune possibili ipotesi
alternative.
È
una risorsa ricchissima per chi voglia fare un punto sugli studi
riguardanti la memoria e l'ippocampo, un'approfondita revisione
della letteratura, nonché una viva fonte di spunti d'indagine.
Le
implicazioni di quest'ampia disamina sono interpretate dai due autori
alla luce della teoria della costruzione della scena: al netto
dei processi che risultano preservati riesaminando la letteratura
scientifica, quello che sembra danneggiato dopo una lesione focale
e bilaterale degli ippocampi è la costruzione di una
rappresentazione interna delle scene. Gli aspetti della
navigazione e della memoria che risultano invece preservati non
richiedono la costruzione interna di scene.
Gli
autori auspicano un dibattito con chi proporrà interpretazioni
alternative.
We welcome debates that consider all of the evidence
Un
atteggiamento di apertura che non è stato molto comune nelle ultime
decadi nell'ambito della psicologia e delle neuroscienze e conferma
la qualità eccezionale di Maguire e collaboratori.
I
due autori si augurano, quindi, che le ricerche future tengano
maggiormente conto dell'esame dei processi preservati nei soggetti
diventati amnesici per una lesione dell'ippocampo.
In
tal modo si permetterà un ulteriore avanzamento delle conoscenze su
come lavora l'ippocampo e su come funziona la memoria.
E
questo potrà dare rinnovate indicazioni anche per interventi
riabilitativi più efficaci.
La
storia della teoria della costruzione della scena è appena iniziata.
Ha
dato già dei colpi alla più premiata teoria della mappa cognitiva
di O'Keefe.
Il
prossimo futuro ci darà nuovi risultati e vivaci dibattiti per
arrivare a quegli sviluppi teorici e sperimentali attesi da circa
venti anni nella neuropsicologia della memoria.
Tra
le protagoniste c'è, senza dubbio e fin da ora, Eleanor Maguire.
Il secondo episodio è:
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