Josef Hassid (Józef Chasyd) nacque a
Suwalki,
in Polonia, il 28 dicembre del 1923 e morì all'Ospedale
Psichiatrico Longrove di Epsom, nel Regno Unito, il 7 novembre 1950,
17 giorni dopo un intervento di leucotomia prefrontale bilaterale.
Era il secondo di quattro figli, la nascita e lo sviluppo
psicomotorio furono regolari; non aveva una storia familiare di
malattie mentali. La madre morì in un'epidemia di tifo quando Josef
aveva 10 anni. Fu il padre, Owsiej, ad occuparsi della sua
educazionje. A 8 anni leggeva quotidianamente alcuni giornali,
mostrando passione per la politica. Secondo il padre, “ha sempre
avuto una mente molto razionale, del tutto diversa da quella di un
bambino” e, tuttavia, si mostrava “molto ostinato e occorreva
soddisfare tutte le sue richieste”.
A 10 anni aveva già un grande talento
come violinista ed entrò all'Accademia Chopin di Varsavia, ancora ai
giorni nostri la più antica e grande scuola di musica della Polonia.
Nel 1938 Josef andò a Londra,
accompagnato dal padre, su invito del violinista e virtuoso ungherese
Carl Flesch e con lui continuò lo studio delle tecniche musicali e
interpretative. Nelle sue memorie Flesch riportò il commento del
virtuoso Fritz Kreisler “un violinista come Heifetz nasce ogni
cent'anni, uno come Hassid ogni 200 anni”.
A causa dello scoppio della I guerra
mondiale non poté fare ritorno in Polonia e a Londra diede numerosi
concerti e recital - alcuni trasmessi dalla BBC - e fece alcune
registrazioni per la HMV.
Nel 1941 cominciò a manifestare paura
del palcoscenico, vagabondava per le strade, rideva
inappropriatamente, si cambiava spesso d'abito e negava di essere
l'interprete delle sue registrazioni.
In un articolo del 1997, Anthony
Feinstein descrive accuratamente la storia clinica successiva di
Josef Hassid, per fare chiarezza al di là “del mito e delle
chiacchiere” e dopo aver consultato le note cliniche originali.
L'articolo rappresenta anche una breve sintesi dei trattamenti
psichiatrici dell'epoca, prima dell'introduzione degli psicofarmaci.
Il 19 giugno del 1941 a quasi 18 anni,
Josef fu ricoverato all'Ospedale St. Andrew di Northampton
inizialmente a carico dell'impresario Harold Holt, successivamente
con il contributo economico di amici e ammiratori. In una lettera al
Dottor Thomas Tennant, Holt raccomandava “...è a dir poco un genio
del violino e di tale eccezionale qualità […] Voglio che non sia
risparmiato alcuno sforzo nel tentativo di salvarlo per il mondo”.
Durante il ricovero Josef presentò
tendenza all'isolamento, smorfie e pose bizzare, deliri persecutori e
allucinazioni uditive. Nel mese di ottobre, alla chiamata al servizio
militare nelle forze militari polacche, fu esonerato con la diagnosi
di schizofrenia.
La terapia al St. Andrew fu l'induzione
di 60 coma insulinici in un periodo di 3 mesi, senza alcun beneficio.
Da novembre iniziò la terapia elettroconvulsiva e dopo 20
trattamenti mostrò un lieve miglioramento, riprese a suonare il
violino. Il ricovero proseguì e fino all'aprile del 1942 furono
applicati altri 25 trattamenti elettroconvulsivi. Il 2 maggio tornò
a Londra con il padre e Holt. Pochi mesi dopo, il 9 dicembre, fu
ricoverato in una clinica di Hillingdon e sottoposto ad altre
induzioni di coma insulinico senza benefici. A luglio del 1943 fu
trasferito all'Ospedale Longrove di Epsom, dove venne descritto come
cupo, indifferente, disorganizzato nel'eloquio,
disorientato nello
spazio, sospettoso e delirante. La diagnosi fu di demenza precoce.
Nel giugno del 1943 Carl Flesch, in esilio in Svizzera, scriveva:
“fai tutto il possibile per quanto è nella tua forza di volontà
per guarire. Un grande artista come te deve al mondo il suo ritorno
all'attività”. Ma negli anni successivi l'interesse di Josef per
la musica declinò mentre non mutava la gravità della condizione
clinica. Nell'ottobre del 1950 fu sottoposto a una leucotomia
prefrontale bilaterale da Julian Taylor. Dopo cinque giorni mostrò i
segni di un'infezione cerebrale. Fu rioperato il 2 novembre per
l'aspirazione dell'area infetta. Le sue condizioni continuarono a
peggiorare fino alla morte, avvenuta il 7 novembre. La relazione
dell'esame autoptico attribuì la morte ad evento avverso per
“meningite suppurativa da Bacillus
pyocyaneus
a seguito di leucotomia prefrontale effettuata per il trattamento di
demenza precoce e schizofrenia”.
Come
riportato da Feinstein, dei 10.000 casi di psicochirugia effettuati nel Regno
Unito negli anni 1943-54, i 2/3 avevano una diagnosi di
schizofrenia e di questi solo il 18% mostrò un miglioramento clinico
significativo post-chirurgico, mentre il tasso di mortalità era del 3%.
La
storia di Josef Hassid è prima straordinaria, poi drammatica, come era all'epoca la cura della
schizofrenia.
Si
presta alle narrazioni mitologiche di genio e follia.
Un
genere letterario, più aneddotico che scientifico - pur tuttavia
seguito da molti psicologi e psichiatri - che ha avuto non poche
conseguenze sulla diagnosi precoce, sulla terapia e sulla conoscenza
diffusa della malattia mentale.
Il
bias di fondo è l'euristica della disponibilità. Le euristiche sono
un esempio di pensiero veloce
che mettiamo in atto quotidianamente quando dobbiamo trarre
conclusioni o prendere decisioni nell'incertezza. Come espresso da
Tversky e Kahneman nel 1973, la disponibilità usa la forza di
un'associazione come base del giudizio di frequenza di un evento.
Dal
momento che è più probabile siano raccontati i casi di
“genio e follia”, tendiamo a sovrastimare la probabilità che si
manifesti l'associazione tra eccezionale talento e patologia mentale.
“Molti
studi hanno dimostrato che la concomitanza tra due variabili binarie
- come quella tra un sintomo e una malattia - è giudicata dalla
frequenza con cui questi si verificano in associazione, con
un'attenzione scarsa o nulla per i casi in cui il sintomo o la
malattia non è presente.”
Probabilmente
Josef Hassid è molto più noto di una straordinaria
ottantacinquenne, Ida Haendel, che smentisce tutte le associazioni e gli stereotipi veloci e ne condivide la storia, almeno fino ai primi anni londinesi.
Nata
nel 1928 a Chelm, in Polonia, a 3 anni prese il violino del padre e
riprodusse una melodia che la madre aveva appena finito di cantare.
Nel 1936 tutta la famiglia si trasferì prima a Varsavia dove Ida
studiò all'Accademia Chopin e pochi mesi dopo a Londra dove fu
allieva di Carl Flesch. Come ricordava Ida Haendel in un'intervista
a Carlo Vitali nel 2011 “fra il ’35 e il ’39, si stavano
formando con lui la francese Ginette Neveu [che morì in un incidente
aereo nel 1949] e il polacco Josef Hassid”. Paradossalmente, è una
leggenda vivente del violino in splendida attività, ricordata e
ascoltata da pochi. Suona uno Stradivari del 1699...
Nel 2004 Paul Choen ne ha scritto e diretto un documentario I am the Violin.
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