ERA
UNA FREDDA GIORNATA D'INVERNO; BIANCHI FIOCCHI CADEVANO VOLTEGGIANDO
DAL CIELO COME PIUME LEGGERE E UNA REGINA SEDEVA RICAMANDO ACCANTO
ALLA FINESTRA.
Gaia
legge senza esitazione questo testo, è rapida anche con le parole
più lunghe e difficili.
Ha
6 anni, frequenta le ultime settimane di scuole dell'infanzia e
nessuno le ha insegnato a leggere.
Da
un anno ha iniziato a leggere tutto quello che trova nel suo campo
visivo: segnali, insegne, sottotitoli alla tv.
Gaia
ha una disabilità intellettiva. Ha presentato un ritardo nello
sviluppo del linguaggio e delle autonomie mentre pochi mesi dopo il
primo compleanno ha imparato a camminare e poi a correre. Il suo
profilo cognitivo è lievemente inferiore a quello dei bambini della
sua età. Non ha avuto problemi alla nascita e non ha malattie
neurologiche. Tutti gli accertamenti sono risultati nella norma ad
eccezione di due mutazioni cromosomiche che non sono collegate a un
fenotipo specifico.
Gaia
può riconoscere Biancaneve tra i vari personaggi delle fiabe ma non
è rimasta mai a lungo ad ascoltarne il racconto né è in grado di
ricordarne fedelmente l'introduzione: “Era una fredda giornata
d'inverno...”.
Torna
a controllo dopo due anni. Non solo è cresciuta, il suo
comportamento è molto cambiato. Anche i genitori sono più
sollevati. Sono scomparsi quei rituali – fare un certo numero di
passi in avanti e poi all'indietro, sistemare degli oggetti nelle
stesse posizioni - che Gaia doveva fare prima di andare in bagno o
sul divano o a letto. Riescono a frequentare di più gli amici e ad
andare a mangiare fuori. Alla scuola dell'infanzia è stata bene e
tra qualche mese andrà alla primaria. Mentre noi parliamo lei rimane
lì seduta, attenta, di tanto in tanto interviene nella
conversazione. Un paio d'anni fa sarebbe stato impossibile. Di tanto
in tanto legge uno dei nomi sui disegni attaccati alle pareti.
Ha
iniziato a collaborare per tutta la durata delle sessioni settimanali
di logopedia e psicomotricità che segue da più di tre anni. A
scuola ha l'insegnante di sostegno che l'aiuta a finire le attività
più difficili e a farsi intendere, nonostante quel piccolo bagaglio
di frasi semplici che spesso si ripetono.
L'agitazione,
l'opposizione, l'impulsività e lo scarso senso del pericolo sono
stati sostituiti da una maggiore interazione con l'ambiente
circostante. Per lei vuol dire riuscire a comunicare meglio con gli
adulti e riuscire a giocare con gli altri bambini.
Adesso
Gaia quando si emoziona muove ripetitivamente le braccia e le mani,
se sente rumori ambientali di forte intensità o suoni acuti può
urlare spaventata o piangere. Reagisce molto male e si ribella se ci
sono degli imprevisti o dei cambiamenti nelle sue abitudini
quotidiane.
Se
Gaia insegue avidamente ogni opportunità di lettura è per
l'iperlessia.
Ildar
Galeev, Dreamstime.com
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Nei
bambini con iperlessia lo sviluppo motorio tende ad essere regolare,
mentre lo sviluppo del linguaggio è tipicamente rallentato. Le prime
parole (ad es. “mamma”, “papà”, “pappa”) sono
pronunciate dopo i 12 mesi e di solito ancora più tardi, tra i 18
mesi e i 2 anni. Nei mesi seguenti l'espressione verbale si
arricchisce di brevi frasi stereotipate (ad es. frasi tratte dai
cartoni animati), di frasi ripetute più volte (perseverazioni) e di
ripetizioni immediate o differite di quanto viene detto o chiesto da
un interlocutore (ecolalia, ad es. alla domanda “come ti chiami?”
la bambina non risponde col proprio nome ma ripete “come ti
chiami?”).
Dopo
i 4 anni aumenta il numero di parole pronunciate ma la frase tende a
restare semplice e a presentare sistematici errori nei suoni delle
lettere (soprattutto per le consonanti) e nella grammatica (ad es.
mancanza di preposizioni, scambi tra singolare plurale, verbi
all'infinito). Benché la bambina ricerchi le interazioni con gli
altri bambini, la conversazione diventa in poco tempo difficile da
sostenere. La comprensione è buona per le parole e per le richieste
concrete ma diventa difficoltosa per frasi complesse, astratte e
prive di riferimenti attuali.
A
queste caratteristiche che riguardano l'evoluzione del linguaggio,
nei bambini iperlessici si associano dei comportamenti caratterizzati
da rituali bizzarri prima di iniziare determinate azioni,
ipersensibilità uditiva, olfattiva e tattile, ansia generalizzata,
necessità di abitudini fisse e regolari, movimenti stereotipati e
ripetitivi, iperattività.
Sono
questi a spaventare di più i genitori e a ritardare l'inserimento
alla scuola dell'infanzia. Tuttavia, trascorrere la giornata con i
propri coetanei, attraverso la mediazione dell'insegnante di sostegno
nelle situazioni più difficili, aiuta la bambina a crescere, ad
adattarsi e ad apprendere azioni più funzionali.
Dopo
i 5 anni il comportamento diventa più organizzato e tale da
permettere alla bambina di adattarsi anche ai contesti ricchi di
stimolazioni (al supermercato, al ristorante, ecc.). L'interazione
con gli altri bambini diventa più prolungata attraverso il gioco
mentre le peculiari sfumature della comunicazione verbale creano
difficoltà di socializzazione.
Con
l'inizio della scuola primaria sarà possibile acquisire le abilità
strumentali di base. Dal momento che la lettura è già molto fluida,
l'obiettivo del piano didattico individualizzato e della logopedia
sarà di riempire di significati quelle frasi lette con tale
scioltezza.
Tra
un paio d'anni potremo verificare i traguardi raggiunti da Gaia...
Sull'iperlessia
è stata da poco pubblicata una revisione sistematica:
Hyperlexia: Systematic review, neurocognitive modelling, and outcome
di Ostrolenk,
Forgeot d'Arc, Jelenic , Samson e Mottron.
I
criteri che definiscono l'iperlessia sono 4:
1.
presenza di un disordine del neurosviluppo;
2.
abilità di lettura superiori alle abilità di comprensione o di
intelligenza generale;
3.
precoce acquisizione della lettura senza uno specifico insegnamento;
4.
attrazione per materiale da leggere.
La
lettura viene appresa spontaneamente e precocemente, senza un
insegnamento specifico, entro i 5 anni nonostante le difficoltà nel
linguaggio. I bambini con iperlessia possono leggere a prima vista e
speditamente parole, frasi, brani più o meno complessi senza però
riuscire ad accedere al significato di quelle parole, frasi, brani.
Le
prime descrizioni note di casi di iperlessia risalgono ai primi
decenni del 1900.
Hollingworth
e Windorf (1918) scrissero che casi con difficoltà intellettive e un
talento innato per l'automatismo della lettura sono altrettanto
frequenti di casi di bambini con intelligenza normale e difficoltà
di lettura.
Il
termine iperlessia venne introdotto nel 1967 da Silberberg e
Silberberg per descrivere un'abilità di decodifica delle parole
superiore all'abilità di comprensione delle stesse.
Più
frequentemente l'iperlessia è associata ai disturbi dello spettro
autistico. Gaia ha dei movimenti stereotipati e una difficoltà di
comunicazione verbale ma la sua ricerca delle interazioni sociali è
continua e i suoi interessi sono diversificati.
Alcuni
ricercatori, soprattutto negli anni 1990, considerarono la dislessia
(difficoltà di decodifica di diverso grado, normale comprensione) e
l'iperlessia (difficoltà di comprensione, rapida decodifica) come i
due estremi di un continuum della capacità di lettura.
L'unico
aspetto che possono avere in comune è la non comprensione di un
testo letto direttamente, anche se nell'iperlessia è molto più
compromessa, mentre nella dislessia se uno stesso brano è letto da
altri viene rapidamente compreso.
L'iperlessia
corrisponde quindi a un'avanzata e precoce automatizzazione nel
decifrare il codice alfabetico, cioè di quel meccanismo di
conversione da grafema a fonema, e nel successivo uso della sequenza
di suoni per costruire rapidamente la parola (fase alfabetica della
lettura).
Scomponiamo
tutto quello che avviene durante la lettura senza che ne siamo più
consapevoli dopo i primi anni di scuola primaria: le parole di un
testo scritto vengono segmentate nei segni grafici della propria
lingua (grafemi), nell'italiano a ogni segno viene associato un suono
corrispondente (fonema) e poi tutti i suoni vengono fusi in un'unica
parola. Nell'iperlessia questi processi diventano precocemente e
spontaneamente automatici. Quello che non viene raggiunto è l'ultimo
stadio della lettura, che consiste nell'associare la parola letta al
suo significato. Il mancato accesso al sistema semantico è
all'origine delle difficoltà di comprensione.
L'iperlessia
è una condizione rara, per la quale non sono ancora state studiate
sistematicamente le possibili cause neurobiologiche e neppure le
strategie più efficaci di riabilitazione.
Rappresenta
un punto di forza nei bambini con disabilità intellettiva in quanto
permette di concentrare i primi anni di scuola primaria – quelli di
solito necessari a rendere automatico e veloce l'intero processo di
lettura – sulle strategie di accesso ai significati e sul
miglioramento della comprensione verbale.
L'iperlessia
non è una superabilità ma un'abilità da far fiorire, arricchendola
di contenuti anno dopo anno e in base alle possibilità individuali e
condividendola nei diversi contesti sociali della quotidianità.
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