La
notizia è stata diffusa il 28 maggio dall'Ufficio Stampa del CNR.
La
nota – Quando la dislessia è dovuta ai geni -, che è stata
riportata pari pari da altri media, fa riferimento ad un articolo
pubblicato il 27 maggio sulla prestigiosa rivista Journal of
Neuroscience, ma con qualche esagerazione.
Come
ammoniva Ben Goldacre (How can we stop academic press releases misleading the public?), più di un terzo delle notizie
scientifiche diffuse sui mezzi di comunicazione contiene
esagerazioni. E non ne sono immuni neppure gli uffici stampa delle
riviste scientifiche o – in questo caso - degli enti di ricerca. Si
tratta di un problema serio, soprattutto negli ambiti della salute,
perché oltre a condizionare le conoscenze del pubblico, ne limita o
devia le eventuali richieste di diagnosi e trattamento.
La
notizia diffusa dal CNR correttamente riporta alcuni commenti –
esagerati anche questi – con i nomi degli autori a cui imputarli.
Tuttavia,
non permette un collegamento diretto all'articolo, né a qualche
grafico esplicativo: chi voglia approfondire è presto dissuaso dal
giro di ricerche da digitare.
Inoltre,
non si comprende da dove abbia preso quel “20% dei dislessici ha
un'alterazione in DCDC2”, se nello stesso articolo di
riferimento è scritto quanto segue:
The DCDC2 alteration (henceforth DCDC2d+) is present in ~10–17% of dyslexics, as opposed to 4% of normal readers (Meng et al., 2005; Wilcke et al., 2009), making it a condition affecting # 1–2% of the entire population.
L'articolo,
dunque, presenta una ricerca molto importante.
Cicchini, Marino,
Mascheretti, Perani e Morrone in Strong motion deficits in Dyslexia associated with DCDC2 gene alteration (1) dimostrano un
collegamento tra un'alterazione genetica, una difficoltà nella
discriminazione del movimento a basse frequenze di stimolazione
visiva e la presenza di dislessia in ragazzi con età media di circa
17 anni.
Tale
relazione, che non ha ancora prove scientifiche sufficienti a
dimostrare il ruolo causale dell'alterazione genetica e
conseguentemente di una atipica maturazione cerebrale, conferma la
teoria magnocellulare della dislessia, che spiega gli errori visivi
commessi da alcuni dislessici. La teoria alternativa, quella
fonologica, spiega gli errori di tipo verbale commessi da molti
dislessici.
Lo
studio è fondamentale perché fornisce un'ulteriore conferma che la
dislessia sia dovuta ad un'alterazione neurobiologica e non alla
svogliatezza di bambini e ragazzi, né alla povertà culturale
dell'ambiente familiare o educativo.
Nell'articolo,
gli autori sono cauti:
-
lo studio si basa su piccoli campioni (sono stati confrontati 11
soggetti dislessici con alterazione genetica, DCDC2d+; 10 soggetti
dislessici senza alterazione, DCDC2d-; 2 soggetti non dislessici
con DCDC2d+; 12 controlli);
-
è presente una variabilità di prestazione al test di
discriminazione del movimento nei dislessici con DCDC2d+;
-
i due soggetti non dislessici con l'alterazione genetica DCDC2d+ hanno una normale
discriminazione di movimento.
Gli autori concludono
ipotizzando un'alta vulnerabilità nella maturazione delle vie
cerebrali di percezione visiva del movimento, almeno in un
sottogruppo di dislessici con l'alterazione genetica (DCDC2d+).
Tuttavia, serviranno ulteriori studi per essere certi che il gene sia
l'unico fattore coinvolto.
Altri
geni sono stati identificati nelle ricerche neurobiologiche sulla
dislessia, oltre a DCDC2: KIAA0319, ROBO1, DYX1C1, MRPL2, e C2orf3.
Elliott
e Grigorenko in The Dyslexia Debate (2), dopo avere fatto un punto
sui risultati finora pubblicati, sostengono che i meccanismi di
azione nella dislessia non siano ancora chiari:
Although a number of specific candidate genes for dyslexia have been identified, the mechanism that unifies these genes in their dyslexia-specific action is still far from clear.
Inoltre, mettono in guardia dal clamore di solito associato alle ricerche genetiche.
Sul
tema si può leggere dal blog di Dorothy Bishop un post del 2013:
Overhyped genetic findings: the case of dyslexia.
Per
concludere, al di là delle esagerazioni:
-
la ricerca neurobiologica sulla dislessia è fondamentale per
comprendere i meccanismi cerebrali alla base delle difficoltà di
lettura;
-
i risultati neurobiologici al momento non hanno – e difficilmente
avranno – un valore diagnostico (l'alterazione genetica in DCDC2
non è sufficiente a causare la dislessia). Il grafico presentato nel post di Bishop è esemplificativo:
La
diagnosi di dislessia si basa su un esame neuropsicologico che deve
comprendere il livello cognitivo e prove sensibili e specifiche per
la rilevazione di un disturbo di apprendimento.
La
diagnosi di dislessia viene posta in II primaria, non prima.
Non
ci sono segnali precoci – rilevati già in età prescolare –
correlati con certezza alla successiva evidenza di dislessia. Il
clinico può raccogliere degli indizi al I anno di scuola primaria e
avviare un percorso riabilitativo tempestivo, aspettando l'anno
successivo per porre – eventualmente – la diagnosi.
Altri
post sulla dislessia:
-
Mito #21: La
caratteristica distintiva della dislessia è l'inversione delle
lettere. In Una selezione di grandi miti sullo sviluppo del bambino. Parte prima.
1. Cicchini
GM, Marino C, Mascheretti S, Perani D e Morrone MC. Strong Motion
Deficits in Dyslexia Associated with DCDC2 Gene Alteration. J.
Neuroscience 2015, 35(21):8059–8064.
2. Elliott
JG, Grigorenko EL. The
Dyslexia Debate.
Part of Cambridge Studies in Cognitive and Perceptual Development,
2014.
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