domenica 24 aprile 2016

Donne non Ordinarie


Questi sono anni in cui l'Università italiana trema, lasciando ad ogni scossa un laboratorio vuoto, un sofisticato strumento ad arruginire in attesa di riparazione, tante postazioni abbandonate sulle quali è stata incisa in fretta la nuova destinazione estera o il vecchio indirizzo in provincia.
Un terremoto non naturale. Scossa dopo scossa.

Confrontando i dati complessivi per Ricercatori, Professori Associati e Professori Ordinari al 31 dicembre 2005 (N=60.246) con quelli al 17 aprile del 2016 (N=50.256), risulta una perdita di 9990 unità. 
I posti vacanti non vengono reintegrati: una lenta dismissione.

Ho estratto questi dati e quelli seguenti dal sito CercaUniversità del Cineca.
Si tratta di analisi descrittive, aventi uno scopo esclusivamente esplorativo.

Le proiezioni fornite nel 2014 dal Consiglio Universitario Nazionale non sono affatto rassicuranti: nel 2018 i professori ordinari si ridurranno del 50%, i professori associati del 27%, i ricercatori sono stati posti ad esaurimento.

Delle 9990 unità in meno al 17 aprile 2016, 1055 (11,8%) sono donne. Analizzando le varie aree, per le donne si va da +205 unità nelle Scienze economiche e statistiche a -755 unità nelle Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche. Per gli uomini, si va da -162 unità nelle Scienze politiche e sociali a -2395 nelle Scienze mediche.

Vuol dire che, pur nella situazione tragica di continue scosse e perdite ci sono più donne ricercatrici e docenti nelle università italiane?

Al 31 dicembre 2015, risultavano il 43,5% di Ricercatrici, il 32,1% di Associate e il 16,1% di Ordinarie.
Al 17 aprile 2016, risultavano il 45,7% di Ricercatrici, il 36,5% di Associate e il 21,3% di Ordinarie.
Ci vorranno cinquant'anni per avere una quota dignitosa di Ordinarie, se e solo se questa tendenza resterà costante.
Sono numeri in lieve incremento ma restano in parte non entusiasmanti. 

In primo luogo, sono dati tristemente in linea con la media europea che registra un 36% di mid-ranking professors e un 18% di full professors (dati She Figures 2009).

Inoltre, il seguente grafico mette in risalto la progressiva riduzione percentuale al salire verso il ruolo di Ordinaria: a questo livello solo un posto su 5 spetta a una donna (mentre circa 1/3 a un'Associata e circa 1/2 a una Ricercatrice).


La situazione è poi molto eterogenea nelle diverse Aree.
Al 17 aprile 2016 la quota più bassa di Ricercatrici è del 22% a Ingegneria industriale e dell'informazione, mentre la quota più alta è del 64% a Scienze biologiche.
La quota più bassa di Associate è del 17% ancora a Ingegneria industriale e dell'informazione, mentre la quota più alta è del 55% a Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche.
Per le Ordinarie, la quota più bassa è del 7% sempre a Ingegneria industriale e dell'informazione, mentre la quota più alta è del 42% a Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche.

Lo scarto più alto tra Ricercatrici (61%) e Ordinarie (21%) è a Scienze chimiche, seguono le Scienze biologiche con uno scarto del 34% e le Scienze mediche con uno scarto del 30%, mentre lo scarto più basso è del 15% a Scienze fisiche (26% versus 11%) e a Ingegneria industriale e dell'informazione (22% versus 7%).

Lo scarto più alto tra Associate e Ordinarie è del 25% a Scienze chimiche, seguito dal 23% a Scienze agrarie e veterinarie, mentre lo scarto più bassodel 10% è, dove ci sono globalmente meno opportunità per le donne: a Scienze fisiche e a Ingegneria industriale e dell'informazione, seguite dall'11% di Scienze della terra e Ingegneria civile e architettura.

Il prossimo grafico raffigura la variazione percentuale del 2016 sul 2005 per Ricercatrici, Associate e Ordinarie nelle diverse Aree.
Ad esempio a Scienze matematiche e informatiche si registra il -4% di Associate, il -2% di Ricercatrici e il +1% di Ordinarie; a Scienze chimiche +5% di Ricercatrici, +11% di Associate e +8% di Ordinarie; a Scienze della terra +1% di Ricercatrici, +3% di Associate e +9% di Ordinarie.


I risultati mostrano minime variazioni nel tempo, un'ampia eterogeneità tra le varie aree e un permanente scarso accesso per le donne alle posizione accademiche più alte.

L'impossibilità di proseguire nella carriera accademica è tra le ragioni per cui molte donne sono pressate a trasferirsi all'estero, come risulta dai commenti raccolti con l'indagine sulle molestie Vita da scienziate, ancora in corso (pagina facebook Vita da scienziate).

Non si tratta di un'esasperazione del problema, se si pensa che nei gruppi di lavoro è sufficiente che le donne siano in inferiorità numerica per vedersi ridotto di 1/3-1/4 il tempo per parlare, come dimostra uno studio del 2012, riportato nell'articolo di Julia Baird sul New York Times, How to Explain Mansplaining.
The conditions required for women to speak more are, not surprisingly, that more women are present, and that women are leading.
L'unica soluzione è che siano presenti più donne.
Più donne Ordinarie.

Il timore è che nella situazione terremotata dell'università italiana, nei prossimi anni non incrementino o addirittura si riducano ulteriormente le opportunità per le donne di raggiungere i gradi più elevati dell'istituzione accademica.

Nessun commento:

Posta un commento