Questi
sono anni in cui l'Università italiana trema, lasciando ad ogni
scossa un laboratorio vuoto, un sofisticato strumento ad arruginire
in attesa di riparazione, tante postazioni abbandonate sulle quali è
stata incisa in fretta la nuova destinazione estera o il vecchio
indirizzo in provincia.
Un
terremoto non naturale. Scossa dopo scossa.
Confrontando
i dati complessivi per Ricercatori, Professori Associati e Professori
Ordinari al 31 dicembre 2005 (N=60.246) con quelli al 17 aprile del
2016 (N=50.256), risulta una perdita di 9990 unità.
I posti vacanti non vengono reintegrati: una lenta dismissione.
I posti vacanti non vengono reintegrati: una lenta dismissione.
Ho
estratto questi dati e quelli seguenti dal sito CercaUniversità del
Cineca.
Si
tratta di analisi descrittive, aventi uno scopo esclusivamente
esplorativo.
Le
proiezioni fornite nel 2014 dal Consiglio Universitario Nazionale non
sono affatto rassicuranti: nel 2018 i professori ordinari si
ridurranno del 50%, i professori associati del 27%, i ricercatori
sono stati posti ad esaurimento.
Delle
9990 unità in meno al 17 aprile 2016, 1055 (11,8%) sono donne.
Analizzando le varie aree, per le donne si va da +205 unità
nelle Scienze
economiche e statistiche
a -755
unità nelle Scienze
dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche.
Per gli uomini, si va da -162
unità nelle Scienze
politiche e sociali
a -2395
nelle Scienze
mediche.
Vuol
dire che, pur nella situazione tragica di continue scosse e perdite
ci sono più donne ricercatrici e docenti nelle università italiane?
Al
31 dicembre 2015, risultavano il 43,5% di Ricercatrici, il 32,1% di
Associate e il 16,1% di Ordinarie.
Al
17 aprile 2016, risultavano il 45,7% di Ricercatrici, il 36,5% di
Associate e il 21,3% di Ordinarie.
Ci vorranno cinquant'anni per avere una quota dignitosa di Ordinarie, se e solo se questa tendenza resterà costante.
Sono numeri in lieve incremento ma restano in parte non entusiasmanti.
Sono numeri in lieve incremento ma restano in parte non entusiasmanti.
In
primo luogo, sono dati tristemente in linea con la media europea che
registra un 36% di mid-ranking
professors
e un 18% di full
professors
(dati She
Figures 2009).
Inoltre,
il seguente grafico mette in risalto la progressiva riduzione
percentuale al salire verso il ruolo di Ordinaria: a questo livello
solo un posto su 5 spetta a una donna (mentre circa 1/3 a
un'Associata e circa 1/2 a una Ricercatrice).
La
situazione è poi molto eterogenea nelle diverse Aree.
Al
17 aprile 2016 la quota più bassa di Ricercatrici è del 22%
a Ingegneria
industriale e dell'informazione,
mentre la quota più alta è del 64%
a Scienze
biologiche.
La
quota più bassa di Associate è del 17%
ancora a Ingegneria
industriale e dell'informazione,
mentre la quota più alta è del 55%
a Scienze
dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche.
Per
le Ordinarie, la quota più bassa è del 7%
sempre a Ingegneria
industriale e dell'informazione,
mentre la quota più alta è del 42%
a Scienze
dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche.
Lo
scarto più alto tra Ricercatrici (61%) e Ordinarie (21%) è a
Scienze
chimiche, seguono
le Scienze
biologiche
con uno scarto del 34%
e le Scienze
mediche
con uno scarto del 30%,
mentre lo scarto più basso è
del 15%
a Scienze
fisiche
(26% versus 11%) e a Ingegneria
industriale e dell'informazione (22%
versus 7%).
Lo
scarto più alto tra Associate e Ordinarie è del 25%
a Scienze
chimiche, seguito
dal 23%
a
Scienze agrarie e veterinarie, mentre
lo scarto più bassodel 10%
è, dove ci sono globalmente meno opportunità per le donne: a
Scienze
fisiche
e a Ingegneria
industriale e dell'informazione, seguite
dall'11%
di Scienze
della terra
e Ingegneria
civile e architettura.
Il
prossimo grafico raffigura la variazione percentuale del 2016 sul
2005 per Ricercatrici, Associate e Ordinarie nelle diverse Aree.
Ad
esempio a Scienze
matematiche e informatiche
si registra il -4%
di Associate, il -2%
di Ricercatrici e il +1%
di Ordinarie; a Scienze
chimiche
+5%
di Ricercatrici, +11%
di Associate e +8%
di Ordinarie; a Scienze
della terra
+1%
di Ricercatrici, +3%
di Associate e +9%
di Ordinarie.
I
risultati mostrano minime variazioni nel tempo, un'ampia eterogeneità
tra le varie aree e un permanente scarso accesso per le donne alle
posizione accademiche più alte.
L'impossibilità
di proseguire nella carriera accademica è tra le ragioni per cui
molte donne sono pressate a trasferirsi all'estero, come risulta dai
commenti raccolti con l'indagine sulle molestie Vita da scienziate,
ancora in corso (pagina facebook Vita da scienziate).
Non
si tratta di un'esasperazione del problema, se si pensa che nei
gruppi di lavoro è sufficiente che le donne siano in inferiorità
numerica per vedersi ridotto di 1/3-1/4 il tempo per parlare, come
dimostra uno studio del 2012, riportato nell'articolo di Julia Baird
sul New York Times, How to Explain Mansplaining.
The conditions required for women to speak more are, not surprisingly, that more women are present, and that women are leading.
L'unica
soluzione è che siano presenti più donne.
Più
donne Ordinarie.
Il
timore è che nella situazione terremotata dell'università italiana,
nei prossimi anni non incrementino o addirittura si riducano
ulteriormente le opportunità per le donne di raggiungere i gradi più
elevati dell'istituzione accademica.
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