domenica 10 dicembre 2017

Le parole di Nicolò


Ottobre 2017.
Manca poco, è emozionato.

È uno studente al I anno di scienze motorie all'Università di Perugia.

Oggi dovrà parlare a un convegno organizzato dalla neurologa Anna Rosati all'Ospedale Meyer di Firenze. Il pubblico è formato prevalentemente da specialisti.

Nicolò è nervoso ma ha stampato il testo del suo intervento: tenere stretti quei fogli gli dà almeno una parziale sicurezza. Tocca a lui.



Non è stato sempre così.

Cinque anni fa accadde qualcosa, “quel fatidico sabato 28 luglio 2012” la vita di Nicolò cambiò all'improvviso.
Quella mattina mi trovavo in piscina con i miei amici, mentre stavamo giocando in acqua decisi di uscire perché avvertivo un forte dolore alla testa, appena fuori mi aggrappai nello scorrimano, mi sentivo debole e confuso, l’arto destro era informicolato, avevo perso la sensibilità. Volevo chiedere aiuto ma non riuscivo a farlo, arrivai con fatica da altri amici che erano nel parco, e lì mi accasciai per terra attirando l’attenzione di loro. In quel momento persi coscienza. Mi ritrovai nell’ospedale locale, dove mi fecero una tac-cranio che risultò nella norma, fui comunque portato per ulteriori accertamenti nel reparto pediatrico di città di castello e li ipotizzarono una crisi epilettica.

[...] alla fine dietro le insistenze dei miei genitori fu fatta una risonanza.

L’esito evidenziava delle lesioni ischemiche nell’emisfero sinistro e quindi fui portato con urgenza al Meyer a Firenze e affidato alle cure della Dott.ssa Rosati.
Arrivai di notte e i primi momenti sono come un ricordo offuscato, quasi che la memoria si sia rifiutata di conservare quelle sensazioni cosi irreali. Dopo un giorno dal mio ricovero le mie condizioni stavano migliorando quando improvvisamente mentre camminavo per i corridoi del Meyer con il mio babbo mi senti nuovamente quella sensazione di intorpedimento alla gambe, il braccio non rispondeva più ai miei comandi, tutta la parte destra c’era ma non la sentivo, mi accasciai a terra.



[...] la risonanza documentava altre lesioni ischemiche. Le mie condizioni erano peggiorate. Volevo chiedere ai miei genitori che cosa era successo ma non ci riuscivo, volevo alzarmi ma non mi reggevo in piedi, le parole non mi uscivano dalla bocca.

Il tipo di ictus (in inglese “stroke”) che mi ha colpito è stato provocato da una vasculite primitiva del sistema nervoso centrale.

Le lesioni ischemiche cerebrali multiple dell’emisfero sinistro e stenosi della carotide hanno provocato emiparesi destra ed afasia di Wernicke.





Dai primi giorni di ricovero iniziai a sottoporre Nicolò a ripetuti esami neuropsicologici per accertare i diversi disturbi, la loro gravità e la loro evoluzione.
Mostrò fin dall'inizio una consapevolezza almeno parziale di quelle parole perse o strane che produceva e di quelle frasi che ascoltava e non capiva. Soprattutto riconosceva d'immediato dalle reazioni, anche controllate, di chi lo circondava se avesse detto qualcosa in modo sbagliato.
Quei momenti d'esame furono per Nicolò

molto impegnativi sia dal punto di vista fisico che psicologico.




Sono un ricordo offuscato, che ho voluto dimenticare.

Non so neppure spiegare bene il perché in quei momenti, cosi come nei giorni successivi, mi rifiutavo di ripetere frasi banali che non riuscivo a dire o che dicevo in modo sbagliato. Forse era un misto tra vergogna e spavalderia, tipico di un ragazzino di soli 14 anni.




In quegli incontri così difficili, duri, pieni di paure e speranze, Nicolò, non rifiutò mai di collaborare, non perse mai il sorriso.
Continuava poi a lavorare sulle parole per tutto il giorno con la sua mamma Paola che si era attrezzata di fogli e schede e non intendeva certo arrendersi all'afasia. Il suo sì era uno sguardo spaventato e interrogante, al quale si poteva rispondere soltanto con i piccolissimi miglioramenti osservati da un incontro all'altro.
Il tempo di recupero sarebbe stato comunque lungo.

Invece il mio recupero fisico, fra l’altro meno stressante, fu affidato alla dott.ssa Silvia Paoli dell’ospedale .

La voglie di rigiocare a pallone è stata immediata , i miei genitori mi portarono da casa le scarpe da ginnastica ed un pallone ed io fui subito felice. Il giardino interno al Meyer è stato un ottimo campo per ripartire.

Sono stato dimesso il 14 agosto.
Una volta a casa sono stato affidato al centro di riabilitazione di Agazzi ad Arezzo facendo per ben due anni, quattro giorni alla settimana, sedute di logopedia e fisioterapia.


In quei due anni Nicolò andava a scuola, aveva iniziato la scuola superiore, nel pomeriggio viaggiava per raggiungere il centro riabilitativo dove rimaneva un paio d'ore, poi tornava a casa a studiare con l'aiuto dei genitori ma finalmente aveva potuto riprendere calcio.

I mie studi nel frattempo sono proseguiti in modo regolare, ho frequentato il primo anno di ragioneria poi però ho cambiato scuola scegliendo il liceo delle scienze applicate diplomandomi quest’anno.


Nel suo percorso riabilitativo la presenza instancabile dei genitori, il loro farsi carico delle fatiche e delle spese della lunga riabilitazione, la loro continua collaborazione con i diversi specialisti sono stati fattori importanti, soprattutto nei momenti di stanchezza e di rinuncia. Tutto questo, assieme alla forza di Nicolò, gli hanno permesso di raggiungere un recupero ottimale ma anche di adattarsi a una vita diversa da quella che aveva sognato.



Adesso sono iscritto alla facoltà di scienze motorie a Perugia, perché anche se il mio sogno di calciatore professionista non si potrà realizzare, pur giocando ancora come centrocampista in una squadra di eccellenza, voglio rimanere nel mondo dello sport e poter trasmettere la mia voglia di giocare.


Ecco vedi, io ti ho fatto soffrire e tu invece mi hai proprio emozionata: che grande gioia ascoltarti!

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