Basta
scorrere rapidamente le liste dei riconoscimenti mondiali
più prestigiosi assegnati agli scienziati per ammettere che solo una
ristretta categoria è dotata di quel talento e quella dedizione così
eccellenti da garantirgli un posto nella storia: sono uomini, sono
bianchi e abitano e lavorano in un Paese dell'occidente.
Le
eccezioni sono poche e si devono di sicuro a delle sviste o a una
distrazione del momento.
Kavli Prize 2014 |
Oppure
basta guardare nelle nostre università per scoprire che ancora una
volta sono uomini, bianchi e italiani i più meritevoli di diventare
professori ordinari, primari, direttori di dipartimento, presidenti e
rettori. Eppure fino al dottorato e all'assegno di ricerca si può
scoprire una gran varietà di ricercatori e ricercatrici dalle
origini più lontane, che parlano diverse e più lingue, che hanno la
pelle e i capelli di tutti i colori possibili.
Eppure
tutto questo non li aiuta a scalare la carriera accademica, devono
arrendersi al vincitore monocolore.
Delle
donne che non sono neppure una minoranza della popolazione con
aspirazioni scientifiche ho già scritto in altri post e si è molto
parlato in questa tormentata settimana.
Proprio
negli stessi giorni ho finito di leggere il libro di Jonathan Marks,
Professore di Antropologia all'Università della North Carolina di
Charlotte, negli Stati Uniti.
science is racist because of people like you, who continue to permit it to be so
la scienza è razzista a causa di persone come te, che continuano a permettere che lo sia
Che
non sia stata una lettura rilassante è facilmente immaginabile.
Il
titolo del libro pubblicato nel 2017 è posto in forma di domanda Is
science racist?
La
risposta dell'autore è articolata in una serie di esempi ben
documentati che dimostrano che la scienza – intesa come “la
produzione di conoscenza autorevole nel mondo moderno” - “è
razzista quando permette agli scienziati che affermano idee razziste
di esistere e prosperare istituzionalmente”.
Per
Marks “la razza non è la scoperta di una differenza; è
l'imposizione di una differenza”.
Il
concetto di razza “serve a introdurre una variabile spuria – la
biologia o la natura – nelle discussioni che hanno a che fare con
l'economia, la politica e la moralità”.
Se
le razze “non esistono come categorie di natura”, sono costruite
per escludere sistematicamente o inconsapevolmente determinati gruppi
di persone da opportunità economiche, sociali e professionali.
Gli
scienziati allora ricorrono al senso comune e alle credenze popolari
per giustificare le proprie classificazioni opportunistiche: “la
scienza è razzista quando abbraccia la conoscenza popolare della
diversità umana e la usa come sostituto delle competenze
accademiche”.
Per
Marks tollerare il razzismo nella scienza è un problema grave perché la contamina con questioni politiche e serve a fornire un razionale
corrotto per giustificare le disuguaglianze economiche e sociali.
Eppure
è più facile che la comunità scientifica accolga, promuova e premi
uno scienziato razzista rispetto a uno scienziato creazionista: “non
vogliamo che i letteralisti biblici facciano scienza, perché
tenderanno a convalidare le loro convinzioni, e quindi la qualità
della loro scienza sarà compromessa; allo stesso modo, non vogliamo
che i razzisti facciano scienza, proprio per la stessa ragione”.
Bisogna
essere molto cauti nella revisione di lavori scientifici che fanno
riferimento a ipotesi e teorie discriminatorie: “se la scienza non
è realmente separabile dalla politica, allora la politica dovrebbe
essere esaminata con la stessa attenzione che si riserva alla
statistica”.
Talvolta
le discriminazioni sono subdole e inconsapevoli. Tuttavia, se la
scienza si basa sull'obiettività delle sue osservazioni, “nel
campo della scienza bio-politica il meglio che puoi sperare è di
affrontare e superare i pregiudizi dei tuoi predecessori, rendendo i
tuoi pregiudizi il più possibile trasparenti e benigni. Ma se
qualcuno ti dice che non c'è alcun pregiudizio, è il momento di
controllare il portafoglio, perché stai per essere truffato”.
La
parte più debole del libro è quella riservata alla breve analisi
delle relazioni tra variazioni genetiche e comportamento ma è certo
che gli scienziati razzisti non dovrebbero occuparsi di studi sulle
differenze tra gruppi e popolazioni.
La
parte più dettagliata del libro è quella relativa ai cattivi
esempi. Di seguito riporto in modo sparso la traduzione di alcuni
estratti.
La
storia della scienza lo dimostra chiaramente: il movimento eugenetico
negli anni '20 e '30 non fu una corruzione di idee scientifiche, fu
un'implementazione di quelle idee
Il
chimico premio Nobel Linus Pauling fu tristemente noto nel 1968:
"Sulla fronte di ogni giovane dovrebbe essere tatuato un simbolo
che mostra il possesso del gene della cellula falciforme [così da
impedire] che due giovani portatori dello stesso gene gravemente
difettoso in singola dose possano innamorarsi".
Il
biologo Edward O. Wilson è stato per lungo tempo [suo]
collega di Harvard e ha ricordato: "Watson, avendo
raggiunto la fama in età giovanile, divenne il Caligola della
biologia. Gli fu data la licenza di dire tutto ciò che gli veniva in
mente e si aspettava di essere preso sul serio ... Pochi osarono
chiamarlo apertamente per rendere conto".
Sulla
leggenda ampiamente diffusa dei gemelli Jim/James che, separati alla
nascita, avrebbero avuto cani, figli e mogli con lo stesso nome:
gli
articoli sui “gemelli Jim e i nomi delle loro mogli, dei loro figli
e dei loro cani, la deduzione del potere della genetica sul corso
della vita, sono stati confezionati e presentati nella sezione
"Notizie" della prestigiosa rivista Science per tre volte
negli ultimi decenni e tutti dallo stesso giornalista (Holden, 1980,
1987, 2009).
Non
dovrebbe esserci anche un minimo di scetticismo nella scienza?”
Per
Marks il perseverare del razzismo nella scienza dovrebbe essere
considerato “un problema bioetico, che combina la ristrettezza
dell'educazione scientifica, l'arroganza di persone altrimenti
brillanti e l'appropriazione indebita dell'autorità scientifica”.
L'idea
che la scienza sia apolitica è smentita dalla storia. Si pensi anche
che i fondi per la ricerca sono assegnati in prevalenza dagli Stati,
in base all'interesse per la collettività ma anche alle linee
politiche dei propri governi.
È
responsabilità di una comunità scientifica integra e indipendente
impedire il prevalere di idee nazionaliste o pseudoscientifiche.
In
più, come chiarisce Marks facendo l'esempio dei kit per vedere
rivelato il proprio DNA – paghi per cedere i tuoi dati e hai in
cambio una narrazione romanzata - “la conoscenza e il potere che la
scienza apporta non sono lì solo per il pubblico, o almeno per
l'interesse nazionale; sono in vendita come prodotti di interesse
privato”.
E
così “quando la scienza scende a compromessi con la verità, la
sua autorità culturale si corrode rapidamente”.
Per
Marks ci vorrebbero gli agnotologi, gli storici che studiano la
costruzione deliberata dell'ignoranza: “si applica molto bene alla
dissimulazione secondo la quale le differenze naturali immaginarie
nelle abilità sarebbero alla base delle disuguaglianze sociali”.
Il
libro purtroppo non è disponibile in italiano.
Nessun commento:
Posta un commento