domenica 29 marzo 2015

I ricordi felici di Tsuruko Haraguchi, la prima donna giapponese a conseguire il dottorato, in psicologia.


Just as the science and art of agriculture
depend upon chemistry and botany,
so the art of education
depends upon physiology and psychology.
Edward L. Thorndike


La grande marcia del Tannhäuser accolse gli studenti della Columbia University per la cerimonia di proclamazione. Seguì la marcia nuziale del Lohengrin.
Una delle studenti nubili più anziane, nel ricevere il suo titolo disse 'Non è ironico sentire questa musica qui?' E tutti risero.”
Era il 5 giugno del 1912. Tsuruko ritirò il suo titolo di Dottore di ricerca. Seguì il consueto “hip, hip, hurrah!”.
Un'altra cerimonia l'aspettava più tardi, il matrimonio con Takejiro Haraguchi, studente giapponese laureato alla Facoltà teologica di Hartford e in procinto di trasferirsi in Europa, per un anno di studio nelle università tedesche.

La discussione della tesi di dottorato dal titolo – Mental Fatigue - era avvenuta il 15 aprile davanti a una commissione di 12-13 docenti della Columbia University, tra i quali Edward Thorndike – relatore e sostenitore – e James McKeen Cattell. La discussione fu accesa e durò tre ore. Tsuruko fu invitata a lasciare l'aula e dopo alcuni minuti Thorndike si affacciò alla porta dicendo “dovrò chiamara dottor Arai d'ora in poi”.



La tesi raccoglieva gli esperimenti condotti da Tsuruko per studiare gli effetti della fatica mentale sull'apprendimento. Per quattro giorni continuò a svolgere moltiplicazioni a 4 cifre, a mente, per 12 ore al giorno. Si fermava solo dopo ogni calcolo, per il tempo necessario ad annotare il tempo impiegato .

Nell'edizione del 1914 del suo libro Educational Psychology, Thorndike citò la tesi di Tsuruko Arai in sette pagine, sottolineando come nessun altro avesse mai condotto uno studio così difficile.

La tesi attirò l'attenzione di altri psicologi che ne replicarono gli esperimenti.

Nel 1914, dopo il ritorno in Giappone, Tsuruko – Haraguchi dal matrimonio – pubblicò il libro 'Uno studio sperimentale sul lavoro mentale e la fatica', che conteneva nella seconda parte la sua tesi di dottorato e nella prima parte un'ampia revisione della letteratura scientifica – corredata di tabelle e figure – sulla fatica mentale.

Un articolo dal titolo 'Fatica reale e fatica percepita' fu pubblicato nel 1915, nel numero di Agosto-Settembre di 'Shinri Kenkyu', la prima rivista giapponese di psicologia, fondata nel 1912.


Tsuruko Arai era nata il 18 giugno 1886, 18 anni dopo la fine del periodo Edo, il periodo dello shogunato dei Tokugawa.

Dopo avere concluso precocemente gli studi superiori, fu la più giovane studente dell'Università femminile di Tokyo, fondata nel 1901 dall'illuminato pedagogo Jinzo Naruse. Naruse - che aveva studiato con Stanley Hall alla Clark University di Worcester – introdusse l'insegnamento della psicologia e tenne affollate lezioni settimanali.



Tra i docenti vi erano anche Matataro Matsumoto e Shozo Aso. 
Matsumoto, dopo un periodo di formazione a Yale, era stato a Lipsia, nel primo laboratorio di psicologia sperimentale di Wilhelm Wundt, e con lui condivise l'assenza di pregiudizi verso la carriera accademica per le donne. Aso, aveva studiato con John Dewey al Columbia's Teacher College e, contattando Thorndike, diede a Tsuruko la possibilità di studiare alla Columbia University.


Era partita in nave da Yokohama il 29 giugno 1907. Dopo due settimane di viaggio raggiunse Vancouver e da lì, in treno, proseguì per New York, passando per Albany.

Nel viaggio in treno ebbe modo di scoprire i tanti aspetti del mondo occidentale, così diversi da quelli vissuti fino ad allora in Giappone.


Nel suo libro descrive così la sua prima osservazione di un ...chewing gum, nel treno di pendolari che la portava da Albany a New York:

Oddly, this woman was moving her mouth constantly. At first I thought perhaps she was eating sweets. Her mouth was moving when I turned to her an hour later. I thought perhaps Americans loved eating. And I became curious and wanted to know what she was eating. In the next couple of hours, I did not see her bring new food to her mouth, and her mouth remained moving as if she was eating something delicious. For a long time, I was very puzzled by what I saw that day. Some time later I learnt that she was chewing a very unseemly thing called “chewing gum”.

Il 15 settembre incontrò per la prima volta Thorndike e fu sorpresa di constatare che fosse giovane, non canuto come lo aveva immaginato.
Per il piano di studi, Thorndike propose di indicare “candidata al titolo di Ph.D” e sostenne tale scelta contro le resistenze dell'allora direttore del corso di psicologia.

Prima di iniziare gli studi aveva trascorso un periodo in un campo estivo femminile ad Altamont. Il tragitto fino al campo lo fece nella carrozza condotta da Marjorie White, che aveva studiato psicologia all'Istituto universitario femminile Wellesley, dove insegnava MaryW. Calkins, “Her classes are very interesting. Because she talks so much, Doctor [William] James calls her Miss Talkin”.

Nei quattro anni di studi universitari alla Columbia, come raccontò in una lettera a Jinzo Naruse, ebbe la supervisione di John Dewey e seguì le lezioni di Paul Monroe sulla storia dell'educazione, di Thorndike sulla psicologia genetica e dell'educazione (l'esame prevedeva lo studio di sette libri), di Cattell - un corso avanzato di psicologia sperimentale con 14 studenti e tra questi solo due donne: Tsuruko e la cantante lirica Alma Webster Powell.

Il 5 giugno 1912, nel quale Tsuruko ottenne il titolo di dottore di ricerca e sposò Takejiro Haraguchi, fu celebrato anche dai giornali (nell'immagine, il New York Times). Il 13 giugno la coppia partì da New York per trascorrere un mese in Inghilterra. Takejiro rimase a studiare per un anno in Germania, mentre Tsuruko tornò in Giappone.

Ebbe una vita molto attiva tra pubblicazioni, partecipazioni a conferenze – tra le quali una nel 1913 all'Università Imperiale di Tokyo e lezioni – tra le quali una sui 'Metodi che tutti possono usare per misurare l'intelligenza del bambino' alla sua vecchia università. Lavorò anche come interprete e guida per gli studenti stranieri.
Ebbe un bambino, Seiichiro, a febbraio del 1913 e una bambina Sayuri, a luglio del 1914.

Fu, però, una vita breve: colpita dalla tubercolosi nel 1913, peggiorò gradualmente. Morì il 26 settembre 1915, 100 anni fa, in una località di mare nella penisola di Izu.

Il suo ultimo lavoro fu la traduzione giapponese - pubblicata postuma nel 1915 - del libro di Francis Galton, Hereditary Genius.

Va ricordata tra i pionieri della psicologia.



Un grande ringraziamento va a Etsuko Izumi, che mi ha fornito le fonti:

- il suo documentario (dal quale sono tratte le immagini), Psychologist Tsuruko Haraguchi. Memories of her days at Columbia University in the early 1900s, 2007.

- il libro, In America, 1907-1912. A memoir of Tsuruko Haraguchi, Japan's first female Doctor of Philosophy. A translation of selected sections from Tsuruko Haraguchi's “Tanoshiki Omoide” (My Happy Memories), published in 1915, and reprinted in 2001, with a short section about her life.


domenica 15 marzo 2015

La storia dell'ossicino e della tambina.


La staffa è uno degli ossicini dell'orecchio medio, assieme al martello e all'incudine. Con i suoi 3-4 milligrammi è l'osso più piccolo del corpo umano e trasmette le vibrazioni prodotte dalle onde sonore all'orecchio interno.

Il funzionamento della staffa può essere danneggiato da una distrofia ossea – l'otosclerosi – che ha una prevalenza stimata tra 0.1 a 0.5% nella popolazione adulta degli Stati Uniti e dell'Europa occidentale ma nei bambini è una malattia rara. La mobilità della staffa ne risulta ridotta e così la trasmissione del suono tende progressivamente a deteriorare, causando sordità – ipoacusia trasmissiva. La malattia si manifesta anche con acufeni e vertigini, che possono essere descritti da un adulto ma nel bambino, che cresce con una percezione uditiva alterata, il riconoscimento delle sue manifestazioni può verificarsi in ritardo.
L'otosclerosi è una delle cause dell'ipoacusia trasmissiva, uno dei tipi di ipoacusia – che invece non è rara nei bambini - assieme a quella neurosensoriale e a quella centrale.

Nelle ipoacusie trasmissive il deficit sensoriale è tipicamente moderato, con una soglia uditiva che non supera i 50/60 dB.
Ma in quella gamma di decibel cadono i suoni del linguaggio. Ne deriva che i bambini con ipoacusia trasmissiva non percepiscano le conversazioni, quell'esposizione necessaria al parlare, all'apprendere e al relazionarsi con gli altri.

D. è una bambina di 12 anni che ha difficoltà a scuola e così viene inviata a un esame neuropsicologico.
Due anni prima è stata sottoposta a un intervento chirurgico di ossiculoplastica sinistra per la ricostruzione degli ossicini dell'orecchio medio di sinistra.
L'anno prima è stata sottoposta a stapedoplastica destra per la sostituzione della staffa con una protesi biocompatibile.
Il suo audiogramma tonale riporta un'ipoacusia trasmissiva bilaterale: la soglia audiometrica per via ossea è normale - l'orecchio interno funziona, mentre la soglia per via aerea è più alta (la curva più in basso) – l'orecchio medio non funziona bene.


La soglia di un udito normale è tra 0-20 decibel e possiamo sopportare suoni di intensità superiore, fino a 120dB, purché sia per brevissimo tempo.
L'ipoacusia determina l'alzarsi della soglia e quindi – a seconda della gravità - la difficoltà a percepire i suoni corrispondenti a diverse frequenze. La frequenza di udibilità del nostro orecchio è compresa tra 20 Hz e 20 kHz. L'orecchio umano è particolarmente sensibile alle frequenze che vanno dai 500 ai 2000 Hz, corrispondenti ai suoni della comunicazione verbale, mentre l'intensità di una normale conversazione è tra i 50 e i 60 dB.


La sensibilità uditiva di D. è adesso sufficiente ma in alcuni contesti, ad esempio in classe, deve usare delle protesi per discriminare meglio il linguaggio. Le porta con sé le protesi e le mette quando le ritiene necessarie.

Negli anni ha sviluppato una spiccata abilità nella lettura delle labbra dei suoi interlocutori. D. ha acquisito il linguaggio e molto probabilmente la graduale perdita di udito, causata dall'otosclerosi, è stata post-verbale. Ora è alla scuola media ed è ben inserita nella classe. Alla scuola primaria invece ha sofferto, non perché non riuscisse a stare dietro al programma didattico ma perché era stata emarginata da alcune compagne e faceva fatica a capire e ad essere capita. E allora sono comparse le fobie e gli attacchi di panico.
D. non era più in grado di comprendere i suoni dei suoi ambienti di vita quotidiana, soprattutto quelli verbali, e questo la spaventava tantissimo.

Ma solo dopo qualche anno gli esami diagnostici hanno accertato le cause di tutte queste difficoltà.

D. ha un livello intellettivo nella norma. Ha un eloquio fluido, ben articolato ma scandito. La perdita di udito deve essere quindi iniziata dopo l'acquisizione del linguaggio.
D. ha le competenze verbali dei bambini della sua età, nelle conoscenze generali apprese, nelle astrazioni, nella comprensione.
Legge rapidamente le parole e i brani. Fa invece fatica a leggere quelle che noi neuropsicologi chiamiamo 'non-parole' o parole senza senso, proprio come tambina.
Scrive bene e velocemente, su dettato scandito e nei testi.
La matematica no, quella non le riesce: fa fatica con le quantità, con le operazioni scritte e a mente.
D. riesce a svolgere correttamente compiti che richiedono coordinazione, velocità e integrazione visuomotoria. Ha però difficoltà in alcune prove di ragionamento visuospaziale.

La prestazione più bassa, lievemente al di sotto della norma per la sua età, la ottiene alle prove di memoria di lavoro verbale, quel processo cognitivo che è insieme attenzione e memoria a breve termine. Un vero e proprio sistema che permette di mantenere on-line per alcuni secondi le nuove informazioni ed eventualmente di elaborarle o ripeterle affinché siano trasferite nella memoria a lungo termine. Entra in gioco quando ad es. dobbiamo memorizzare un nuovo numero di telefono o dei versi.

La difficoltà di memoria di lavoro verbale è stata dimostrata in diversi studi sui bambini sordi. Koo e colleghi (2008) hanno confermato tale risultato anche in gruppi di sordi adulti che usavano la lingua dei segni oppure il linguaggio orale, rispetto a soggetti di controllo senza difficoltà uditive che conoscevano oppure no la lingua dei segni.
Il diverso esordio (ad es. pre- o post-verbale) e la diversa durata del periodo di deprivazione sensoriale, l'uso del linguaggio orale o della lingua dei segni sembrano avere un impatto comune sulla riorganizzazione del cervello a seguito di una degradata trasmissione dei suoni. La memoria di lavoro, fondamentale per l'apprendimento, risulta invariabilmente compromessa.

Un altro aspetto importante è che la difficoltà di memoria di lavoro verbale non condiziona l'apprendimento della lettura. Benché quando s'impara a leggere s'inizi dalla identificazione e segmentazione delle lettere e del loro suono – i fonemi – attraverso l'elaborazione del magazzino fonologico della memoria di lavoro, nei sordi tale elaborazione sembra in qualche modo garantita.

Nel caso di D. la lettura potrebbe essere stata appresa appena prima del periodo di deprivazione sensoriale oppure è stata assicurata da capacità residue o alternative. I troppi errori nella lettura delle non-parole – sono invece un segnale inequivocabile dello scarso funzionamento dell'elaborazione fonologica pura.

Quello che appare certo è che si può leggere bene anche senza un'efficiente memoria di lavoro verbale. Inoltre, gli stessi paradigmi non valgono per tutte le popolazioni: mentre nei soggetti senza difficoltà uditive la memoria di lavoro verbale è un predittore delle abilità di lettura, nei soggetti con difficoltà uditive l'applicazione di tale rapporto può portare a risultati fuorvianti.

Anche le scarse abilità nella conoscenza numerica e nel calcolo dipendono dalla memoria di lavoro. In questo caso possono essere coinvolti sia processi verbali sia processi visuospaziali. È stato anche dimostrato, infatti, che i bambini sordi hanno difficoltà di elaborazione e attenzione visuospaziale – non solo verbale, proprio perché viene a mancare la sinergia tra le diverse modalità sensoriali (visiva e uditiva in questo caso) nel corso dello sviluppo neuroanatomico e cognitivo.

Il caso di D. testimonia la necessità di individuare il più precocemente possibile le difficoltà che possono presentare i bambini nel corso della loro crescita. Ogni indizio non deve essere trascurato: lo scarso adattamento a scuola e gli attacchi di panico sono un segnale forte ma aspecifico, nel senso di un'unica manifestazione per difficoltà diverse (da quelle sensoriali, a quelle di apprendimento, a quelle da bullismo). Un esame tempestivo e approfondito potrà differenziare i profili patologici, cognitivi, comportamentali e affettivi e avviare i diversi percorsi di cura, riabilitazione e supporto.


Anche puntando il gomito, la conchiglia
dell'orecchio non distingue in esse nessun ruglio,
ma battiti di tele, di persiane, di mani,
bollitori su fornelli, al massimo strida di gabbiani.
Iosif Brodskij



Koo D, Crain K, LaSasso C, Eden GF. Phonological awareness and short-term memory in hearing and deaf individuals of different communication backgrounds. Ann N Y Acad Sci. 2008 Dec; 1145:83-99. doi: 10.1196/annals.1416.025.