Il punto sulla stimolazione cerebrale transcranica in una conversazione con Carlo Miniussi.
Non passa settimana che non si legga una notizia relativa alla stimolazione cerebrale transcranica: rende più intelligenti e sensibili, nei bambini migliora le abilità di apprendimento, guarisce da questa e da quell'altra malattia.
Non passa settimana che non si legga una notizia relativa alla stimolazione cerebrale transcranica: rende più intelligenti e sensibili, nei bambini migliora le abilità di apprendimento, guarisce da questa e da quell'altra malattia.
La
stimolazione
cerebrale non invasiva
(Non-Invasive
Brain Stimulation, NIBS)
comprende diversi metodi, suddivisi principalmente in TMS
(Stimolazione Magnetica Transcranica) e tES (Stimolazione Elettrica
Transcranica).
cognitiveneuroscience.it/metodiche/
|
La
TMS (a singolo impulso o ripetitiva, a bassa o alta frequenza) è un
metodo di neurostimolazione
che induce, attraverso campi magnetici, la
depolarizzazione delle membrane neuronali e l'avvio di potenziali
d'azione nella zona stimolata.
Richiede apparecchiature ingombranti e
costose.
Dal
film Harrison Bergeron,
1995
|
La
tES (a corrente continua -tDCS,
a corrente alternata -tACS,
a rumore casuale -tRNS)
è un metodo di neuromodulazione che, attraverso una corrente a bassa
intensità genera un campo elettrico che induce un cambiamento nella
polarizzazione della membrana neuronale. Non determina l'avvio dei
potenziali d'azione dei neuroni ma ne modula la soglia di risposta.
Richiede piccoli dispositivi a prezzi contenuti.
Carlo
Miniussi è professore ordinario di Fisiologia all'Università di
Brescia e Responsabile
della sezione di Neuroscienze Cognitive dell'IRCCS
Centro San Giovanni
di Dio Fatebenefratelli. [dal 1 ottobre 2016 è all'Università di Trento ed è stato nominato Direttore del CIMeC]
Laureato
in Psicologia a Padova, dove ci incrociammo per gli ultimi esami
dell'indirizzo sperimentale, è un amico generoso e disponibile. Ha
all'attivo numerosi incarichi, collaborazioni internazionali e
pubblicazioni scientifiche. È
presidente della Società Italiana di Psicofisiologia.
All'inizio
del 2016 sarà pubblicato un numero speciale della rivista European
Psychologist sulle
tecniche non invasive di stimolazione cerebrale - Non-invasive
brain stimulation approaches in Psychology
– curato da Miniussi, che ha riunito i maggiori esperti del
settore, sia su soggetti normali sia su pazienti neuropsicologici.
Nell'editoriale,
Miniussi sottolinea l'esigenza di discutere tutti i dati disponibili,
per chiarire alle persone interessate e ai pazienti i benefici e i
limiti della stimolazione, per ridurre l'enfasi seduttiva generata
dai mezzi di comunicazione, per prevenire le dannose interpretazioni
pseudoscientifiche e per dare invece un effettivo contributo allo
sviluppo degli strumenti della psicologia.
-
La stimolazione cerebrale è realmente una procedura non invasiva?
Il
termine invasivo è una definizione che è utilizzata in medicina per
descrivere la capacità di un esame clinico di penetrare le difese
naturali dell'organismo umano, che in questo caso sono tutte le
strutture sottostanti la cute, quest’ultima inclusa, dello scalpo
(ad esempio il prelievo sanguigno è
considerato invasivo, mentre la misurazione della pressione non lo
è).
A
parte questa definizione medica, è difficile dare una risposta a
questa domanda. Che cosa consideriamo con invasivo o non invasivo?
Guardare un programma televisivo può essere considerato invasivo per
il nostro cervello? Sicuramente l’esposizione a un qualsiasi evento
può modificare in modo duraturo il nostro modo di interagire con il
mondo che ci circonda, attraverso il cambiamento della forza con cui
comunicano i neuroni. La stessa cosa vale per queste metodiche, che
vanno ad interagire con la comunicazione neurale. Perciò il termine
di invasività è strettamente correlato all’uso, corretto o meno,
delle stesse.
-
Prendendo in considerazione le applicazioni cliniche della
stimolazione elettrica transcranica, esistono studi longitudinali che
dimostrano il mantenimento a lungo termine dei benefici osservati
nelle prime settimane di trattamento?
Attualmente
questo è il problema principale, dimostrare un’efficacia a lungo
termine. L’augurio è che nel prossimo futuro ci siano studi che
vadano a valutare questo elemento.
-
Le due metanalisi condotte da Jared Horvath, Jason Forte e Olivia
Carter (2015a, 2015b) su una selezione degli studi scientifici pubblicati, hanno
evidenziato l'assenza di consistenti effetti neurofisiologici e
cognitivi nei soggetti normali sottoposti a tDCS.
Gli
estremi nell’affrontare questi argomenti non producono mai
risultati scientifici adeguati e queste metanalisi rappresento uno di
questi estremi.
Entrambi
i lavori pubblicati da questi ricercatori, sono discutibili, anche se
a mio avviso hanno avuto un effetto importante per questo campo di
ricerca. Sono già stati ampiamente criticati per la scarsa
accuratezza con cui le analisi sono state condotte, e questo è il
punto debole. Tuttavia, il punto forte è che, mettendo in
discussione l’efficacia di queste metodiche, hanno scalfito
l’approccio eccessivamente semplicistico che i non esperti
applicavano nel loro utilizzo.
Semplificando,
la maggior parte delle persone pensa che la tDCS anodica aumenti
l'eccitabilità neuronale e di conseguenza migliori le prestazioni
comportamentali, mentre la tDCS catodica riduce l'eccitabilità
neuronale e, di conseguenza, peggiora le prestazioni comportamentali.
Tuttavia, chi usa la tDCS è consapevole del fatto che l'applicazione
di questo ragionamento semplicistico non sempre porta i risultati
sperati. In sostanza queste metodiche sembrano semplici da utilizzare
ma, come abbiamo scoperto negli ultimi anni, per usarle bene è
fondamentale avere le idee chiare su un numero elevato di dettagli
tecnici e costrutti teorici fondamentali nel loro utilizzo.
In
breve la tDCS non è una tecnica di "facile da usare", ma,
può dare dei frutti importanti ed interessanti se applicata in modo
rigoroso.
-
Heidi Schambra che applica la stimolazione elettrica alla
riabilitazione di pazienti con ictus, invita a non trascurare
l'effetto placebo che possono avere le sessioni di stimolazione, come
riporta Elif Batuman nell'articolo di aprile del New Yorker. Le
aspettative, le premure delle persone che si prendono cura del
soggetto durante le sessioni, possono avere un ruolo confondente
nell'analisi dei risultati.
L’effetto
placebo è una parte fondamentale che determina l’efficacia
terapeutica di un trattamento, di conseguenza anche quello delle
tecniche di TMS e tDCS. Scientificamente
crea dei problemi, ma questo lo lasciamo risolvere ai ricercatori,
mentre a livello applicativo clinico credo sia augurabile che questa
componente sia presente sempre, in modo da ottenere un risultato
positivo per il paziente. E’ stato dimostrato che le aspettative e
la motivazione sono elementi fondamentali per far si che il nostro
cervello favorisca un "finale positivo". Alla fine credo
che questa sia la cosa più importante.
-
Sono stati descritti effetti negativi dell'applicazione della
stimolazione cerebrale?
In
seguito all’introduzione della TMS e della tDCS, molte migliaia di
soggetti sono stati stimolati con diversi tipi di protocolli, sia per
valutarne il funzionamento del sistema motorio e le funzioni
cognitive, sia a scopo terapeutico.
Mentre
è ora disponibile una notevole quantità di dati a sostegno del
fatto che la stimolazione magnetica e quella elettrica sono degli
strumenti sicuri, vi sono comunque dei rischi reali nel loro
utilizzo. Secondo le attuali linee-guida di sicurezza (Rossi, Hallett, Rossini, Pascual-Leone & Safety of TMS Consensus Group, 2009), in particolare nell’utilizzo della rTMS c’è il rischio di
generare crisi convulsive in soggetti predisposti . Va perciò
valutato attentamente, considerando specialmente il dosaggio della
stimolazione in termini di frequenza, numero ripetizioni e intensità,
che devono rimanere entro i limiti indicati dalle linee guida. Anche
la tDCS prevede delle limitazioni nel suo utilizzo (Fregni et al. 2014; Fertonani et al., 2015): il parametro di sicurezza di massima
importanza è quello della densità di corrente, che in
corrispondenza di valori elevati può causare lesioni della cute.
-
La tDCS è una procedura esclusiva o aggiuntiva nella riabilitazione
e nella terapia neurologica e psichiatrica? Può essere usata da sola
o deve essere affiancata alle tecniche tradizionali?
La
tDCS deve essere considerata principalmente una procedura che si
aggiunge all’intervento di riabilitazione.
In
pratica, la tDCS induce cambiamenti
dell'attività
elettrica
dei
neuroni,
e
modifica
di
conseguenza
l'efficienza
sinaptiche
degli
stessi.
Questa
modifica
è
insufficiente
per
indurre
potenziali
di azione in modo indipendente;
ma
introduce
una
variazione della
soglia
di risposta
dei
neuroni
stimolati.
Pertanto, l'efficacia della tDCS dipenderà dalla “rete nervosa”
che è stata stimolata e non solo sul cambiamento generale della
permeabilità dei neuroni.
In
sostanza, in accordo con questi dati, la tDCS è una metodica che ha
il suo effetto migliore non tanto se usata da sola, ma soprattutto se
combinata con approcci terapeutici mirati.
-
In Italia, uno specialista nella sua pratica clinica può applicare
la stimolazione cerebrale come procedura terapeutica - ad es. per
curare la depressione - o di potenziamento cognitivo - ad es. per
incrementare la memoria?
A
oggi in Italia queste applicazioni non sono “regolate” dal
servizio sanitario nazionale e perciò nella maggior parte dei casi
tali applicazioni sono eseguite all’interno di protocolli dedicati.
Uno
specialista perciò nella sua pratica clinica può applicare la TMS o
la tDCS purché all’interno di protocolli controllati.
-
Uno studio sperimentale condotto da Laura Steenbergen e collaboratori (2015) ha messo alla prova uno degli apparecchi commerciali di
stimolazione elettrica transcranica, acquistabili su un sito web. I
risultati ottenuti dimostrano l'effetto negativo delle scariche su
una prova di memoria di lavoro, un processo cognitivo fondamentale
per l'elaborazione delle informazioni quotidiane.
Questo
può essere spiegato in due modi: Il primo è che gli strumenti che
generalmente si trovano in rete non sono verificati e in non si sa
cosa fanno.
La
seconda spiegazione che vale anche per tutti i tipi di stimolatori
che sono usati nei soggetti “normali” si basa sulla teoria dei
giochi a somma zero. Tale teoria descrive una situazione in cui il
guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato
da una perdita o un guadagno di un altro partecipante. In questo caso
i partecipanti sono le diverse funzioni cognitive.
Dobbiamo
considerare
sempre
che
il nostro cervello
è
caratterizzato da strutture
e
funzioni
che
sono molto
complesse
e
interdipendenti;
l'idea
che
è
possibile
modificare
un
singolo processo
cognitivo
senza
induzione
di
modifiche
in
altri
processi
sembra
essere
veramente
utopica.
Del resto il
concetto di
risorse
limitate
nel
cervello
non
è una novità
nel
campo
della
psicologia
ed
è presente
nella
maggior parte dei
modelli
cognitivi
della
funzione cerebrale.
In
pratica, la
capacità
di
elaborazione
di informazioni
da parte della
nostra mente è limitata,
ed
il miglioramento di
un
compito
grazie a queste applicazioni si
può tradurre in un peggioramento in un altro compito. Le risorse
sono limitate e se una funzione usa più risorse, lo fa a discapito
di altre!
Molto
diverso è il discorso delle applicazioni in un sistema che ha perso
la sua stabilità a causa di una malattia, in questo caso si cerca di
riportare, per quanto possibile, un equilibrio che consenta un
normale funzionamento.
- Hai
delle raccomandazioni nel caso volessi acquistare queste cuffie
avveniristiche?
Credo
che delle cuffie che producano della buona musica o una serata con
degli amici magari nuovi, possa essere un investimento molto più
stimolante.
- Quali
sono le ricerche in corso nel tuo laboratorio?
L’obiettivo
principale dell’attività di ricerca nel nostro laboratorio è di
indagare le potenzialità delle tecniche di stimolazione cerebrale
non invasive nell’indurre plasticità corticale associata
all’apprendimento e comprenderne le basi fisiologiche, con il fine
ultimo di sfruttare queste metodiche in protocolli riabilitativi.
Inoltre, utilizzando la co-registrazione di queste metodiche e
l’elettroencefalografica cerchiamo di vedere se è possibile
identificare specifici marcatori neurofisiologici che possano essere
utilizzati per la diagnosi e la prognosi di alcune patologie
cerebrali in ambito neurologico.
- Quanti
fondi di ricerca hai a disposizione ogni anno?
Dopo
aver letto questa domanda, mi viene voglia di ricorrere ad un
trattamento TMS per la depressione! Anche se in realtà devo dire che
posso considerarmi molto fortunato in confronto ad altri colleghi,
poiché ho la fortuna di collaborare con sette post-doc, alcuni dei
quali si pagano lo stipendio con fondi propri.
In
generale, la maggior parte della nostra attività è dedicata alla
ricerca di fondi tramite agenzie Europee o nord Americane, fondi che
però arrivano raramente e sono sempre molto contenuti. Il tutto si
traduce in qualche contratto di ricerca provvisorio (di uno o due
anni).
Per
me la parte più frustrante è quando non hai la possibilità di
offrire un posto a dei bravi ricercatori che sono costretti ad
andarsene perché non ci sono prospettive.
Leggi anche: Il commento di Carlo Miniussi al post di Neurocritic Don't lose your head over tDCS
Leggi anche: Il commento di Carlo Miniussi al post di Neurocritic Don't lose your head over tDCS
Nessun commento:
Posta un commento