sabato 10 ottobre 2015

Una scossetta per la felicità?

Il punto sulla stimolazione cerebrale transcranica in una conversazione con Carlo Miniussi.


Non passa settimana che non si legga una notizia relativa alla stimolazione cerebrale transcranica: rende più intelligenti e sensibili, nei bambini migliora le abilità di apprendimento, guarisce da questa e da quell'altra malattia.
La stimolazione cerebrale non invasiva (Non-Invasive Brain Stimulation, NIBS) comprende diversi metodi, suddivisi principalmente in TMS (Stimolazione Magnetica Transcranica) e tES (Stimolazione Elettrica Transcranica).
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La TMS (a singolo impulso o ripetitiva, a bassa o alta frequenza) è un metodo di neurostimolazione che induce, attraverso campi magnetici, la depolarizzazione delle membrane neuronali e l'avvio di potenziali d'azione nella zona stimolata. 
Richiede apparecchiature ingombranti e costose.




Dal film Harrison Bergeron, 1995
La tES (a corrente continua -tDCS, a corrente alternata -tACS, a rumore casuale -tRNS) è un metodo di neuromodulazione che, attraverso una corrente a bassa intensità genera un campo elettrico che induce un cambiamento nella polarizzazione della membrana neuronale. Non determina l'avvio dei potenziali d'azione dei neuroni ma ne modula la soglia di risposta. 
Richiede piccoli dispositivi a prezzi contenuti.

Carlo Miniussi è professore ordinario di Fisiologia all'Università di Brescia e Responsabile della sezione di Neuroscienze Cognitive dell'IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli. [dal 1 ottobre 2016 è all'Università di Trento ed è stato nominato Direttore del CIMeC]
Laureato in Psicologia a Padova, dove ci incrociammo per gli ultimi esami dell'indirizzo sperimentale, è un amico generoso e disponibile. Ha all'attivo numerosi incarichi, collaborazioni internazionali e pubblicazioni scientifiche. È presidente della Società Italiana di Psicofisiologia.
All'inizio del 2016 sarà pubblicato un numero speciale della rivista European Psychologist sulle tecniche non invasive di stimolazione cerebrale - Non-invasive brain stimulation approaches in Psychology – curato da Miniussi, che ha riunito i maggiori esperti del settore, sia su soggetti normali sia su pazienti neuropsicologici.
Nell'editoriale, Miniussi sottolinea l'esigenza di discutere tutti i dati disponibili, per chiarire alle persone interessate e ai pazienti i benefici e i limiti della stimolazione, per ridurre l'enfasi seduttiva generata dai mezzi di comunicazione, per prevenire le dannose interpretazioni pseudoscientifiche e per dare invece un effettivo contributo allo sviluppo degli strumenti della psicologia.

- La stimolazione cerebrale è realmente una procedura non invasiva?
Il termine invasivo è una definizione che è utilizzata in medicina per descrivere la capacità di un esame clinico di penetrare le difese naturali dell'organismo umano, che in questo caso sono tutte le strutture sottostanti la cute, quest’ultima inclusa, dello scalpo (ad esempio il prelievo sanguigno è considerato invasivo, mentre la misurazione della pressione non lo è).
A parte questa definizione medica, è difficile dare una risposta a questa domanda. Che cosa consideriamo con invasivo o non invasivo? Guardare un programma televisivo può essere considerato invasivo per il nostro cervello? Sicuramente l’esposizione a un qualsiasi evento può modificare in modo duraturo il nostro modo di interagire con il mondo che ci circonda, attraverso il cambiamento della forza con cui comunicano i neuroni. La stessa cosa vale per queste metodiche, che vanno ad interagire con la comunicazione neurale. Perciò il termine di invasività è strettamente correlato all’uso, corretto o meno, delle stesse.
- Prendendo in considerazione le applicazioni cliniche della stimolazione elettrica transcranica, esistono studi longitudinali che dimostrano il mantenimento a lungo termine dei benefici osservati nelle prime settimane di trattamento?
Attualmente questo è il problema principale, dimostrare un’efficacia a lungo termine. L’augurio è che nel prossimo futuro ci siano studi che vadano a valutare questo elemento.
- Le due metanalisi condotte da Jared Horvath, Jason Forte e Olivia Carter (2015a, 2015b) su una selezione degli studi scientifici pubblicati, hanno evidenziato l'assenza di consistenti effetti neurofisiologici e cognitivi nei soggetti normali sottoposti a tDCS.
Gli estremi nell’affrontare questi argomenti non producono mai risultati scientifici adeguati e queste metanalisi rappresento uno di questi estremi.
Entrambi i lavori pubblicati da questi ricercatori, sono discutibili, anche se a mio avviso hanno avuto un effetto importante per questo campo di ricerca. Sono già stati ampiamente criticati per la scarsa accuratezza con cui le analisi sono state condotte, e questo è il punto debole. Tuttavia, il punto forte è che, mettendo in discussione l’efficacia di queste metodiche, hanno scalfito l’approccio eccessivamente semplicistico che i non esperti applicavano nel loro utilizzo.
Semplificando, la maggior parte delle persone pensa che la tDCS anodica aumenti l'eccitabilità neuronale e di conseguenza migliori le prestazioni comportamentali, mentre la tDCS catodica riduce l'eccitabilità neuronale e, di conseguenza, peggiora le prestazioni comportamentali. Tuttavia, chi usa la tDCS è consapevole del fatto che l'applicazione di questo ragionamento semplicistico non sempre porta i risultati sperati. In sostanza queste metodiche sembrano semplici da utilizzare ma, come abbiamo scoperto negli ultimi anni, per usarle bene è fondamentale avere le idee chiare su un numero elevato di dettagli tecnici e costrutti teorici fondamentali nel loro utilizzo.
In breve la tDCS non è una tecnica di "facile da usare", ma, può dare dei frutti importanti ed interessanti se applicata in modo rigoroso.
- Heidi Schambra che applica la stimolazione elettrica alla riabilitazione di pazienti con ictus, invita a non trascurare l'effetto placebo che possono avere le sessioni di stimolazione, come riporta Elif Batuman nell'articolo di aprile del New Yorker. Le aspettative, le premure delle persone che si prendono cura del soggetto durante le sessioni, possono avere un ruolo confondente nell'analisi dei risultati.
L’effetto placebo è una parte fondamentale che determina l’efficacia terapeutica di un trattamento, di conseguenza anche quello delle tecniche di TMS e tDCS. Scientificamente crea dei problemi, ma questo lo lasciamo risolvere ai ricercatori, mentre a livello applicativo clinico credo sia augurabile che questa componente sia presente sempre, in modo da ottenere un risultato positivo per il paziente. E’ stato dimostrato che le aspettative e la motivazione sono elementi fondamentali per far si che il nostro cervello favorisca un "finale positivo". Alla fine credo che questa sia la cosa più importante.
- Sono stati descritti effetti negativi dell'applicazione della stimolazione cerebrale?
In seguito all’introduzione della TMS e della tDCS, molte migliaia di soggetti sono stati stimolati con diversi tipi di protocolli, sia per valutarne il funzionamento del sistema motorio e le funzioni cognitive, sia a scopo terapeutico.
Mentre è ora disponibile una notevole quantità di dati a sostegno del fatto che la stimolazione magnetica e quella elettrica sono degli strumenti sicuri, vi sono comunque dei rischi reali nel loro utilizzo. Secondo le attuali linee-guida di sicurezza (Rossi, Hallett, Rossini, Pascual-Leone & Safety of TMS Consensus Group, 2009), in particolare nell’utilizzo della rTMS c’è il rischio di generare crisi convulsive in soggetti predisposti . Va perciò valutato attentamente, considerando specialmente il dosaggio della stimolazione in termini di frequenza, numero ripetizioni e intensità, che devono rimanere entro i limiti indicati dalle linee guida. Anche la tDCS prevede delle limitazioni nel suo utilizzo (Fregni et al. 2014; Fertonani et al., 2015): il parametro di sicurezza di massima importanza è quello della densità di corrente, che in corrispondenza di valori elevati può causare lesioni della cute.
- La tDCS è una procedura esclusiva o aggiuntiva nella riabilitazione e nella terapia neurologica e psichiatrica? Può essere usata da sola o deve essere affiancata alle tecniche tradizionali?
La tDCS deve essere considerata principalmente una procedura che si aggiunge all’intervento di riabilitazione.
In pratica, la tDCS induce cambiamenti dell'attività elettrica dei neuroni, e modifica di conseguenza l'efficienza sinaptiche degli stessi. Questa modifica è insufficiente per indurre potenziali di azione in modo indipendente; ma introduce una variazione della soglia di risposta dei neuroni stimolati. Pertanto, l'efficacia della tDCS dipenderà dalla “rete nervosa” che è stata stimolata e non solo sul cambiamento generale della permeabilità dei neuroni.
In sostanza, in accordo con questi dati, la tDCS è una metodica che ha il suo effetto migliore non tanto se usata da sola, ma soprattutto se combinata con approcci terapeutici mirati.
- In Italia, uno specialista nella sua pratica clinica può applicare la stimolazione cerebrale come procedura terapeutica - ad es. per curare la depressione - o di potenziamento cognitivo - ad es. per incrementare la memoria?
A oggi in Italia queste applicazioni non sono “regolate” dal servizio sanitario nazionale e perciò nella maggior parte dei casi tali applicazioni sono eseguite all’interno di protocolli dedicati.
Uno specialista perciò nella sua pratica clinica può applicare la TMS o la tDCS purché all’interno di protocolli controllati.
- Uno studio sperimentale condotto da Laura Steenbergen e collaboratori (2015) ha messo alla prova uno degli apparecchi commerciali di stimolazione elettrica transcranica, acquistabili su un sito web. I risultati ottenuti dimostrano l'effetto negativo delle scariche su una prova di memoria di lavoro, un processo cognitivo fondamentale per l'elaborazione delle informazioni quotidiane.
Questo può essere spiegato in due modi: Il primo è che gli strumenti che generalmente si trovano in rete non sono verificati e in non si sa cosa fanno.
La seconda spiegazione che vale anche per tutti i tipi di stimolatori che sono usati nei soggetti “normali” si basa sulla teoria dei giochi a somma zero. Tale teoria descrive una situazione in cui il guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato da una perdita o un guadagno di un altro partecipante. In questo caso i partecipanti sono le diverse funzioni cognitive.
Dobbiamo considerare sempre che il nostro cervello è caratterizzato da strutture e funzioni che sono molto complesse e interdipendenti; l'idea che è possibile modificare un singolo processo cognitivo senza induzione di modifiche in altri processi sembra essere veramente utopica. Del resto il concetto di risorse limitate nel cervello non è una novità nel campo della psicologia ed è presente nella maggior parte dei modelli cognitivi della funzione cerebrale. In pratica, la capacità di elaborazione di informazioni da parte della nostra mente è limitata, ed il miglioramento di un compito grazie a queste applicazioni si può tradurre in un peggioramento in un altro compito. Le risorse sono limitate e se una funzione usa più risorse, lo fa a discapito di altre!
Molto diverso è il discorso delle applicazioni in un sistema che ha perso la sua stabilità a causa di una malattia, in questo caso si cerca di riportare, per quanto possibile, un equilibrio che consenta un normale funzionamento.
- Hai delle raccomandazioni nel caso volessi acquistare queste cuffie avveniristiche?
Credo che delle cuffie che producano della buona musica o una serata con degli amici magari nuovi, possa essere un investimento molto più stimolante.
- Quali sono le ricerche in corso nel tuo laboratorio?
L’obiettivo principale dell’attività di ricerca nel nostro laboratorio è di indagare le potenzialità delle tecniche di stimolazione cerebrale non invasive nell’indurre plasticità corticale associata all’apprendimento e comprenderne le basi fisiologiche, con il fine ultimo di sfruttare queste metodiche in protocolli riabilitativi. Inoltre, utilizzando la co-registrazione di queste metodiche e l’elettroencefalografica cerchiamo di vedere se è possibile identificare specifici marcatori neurofisiologici che possano essere utilizzati per la diagnosi e la prognosi di alcune patologie cerebrali in ambito neurologico.
- Quanti fondi di ricerca hai a disposizione ogni anno?
Dopo aver letto questa domanda, mi viene voglia di ricorrere ad un trattamento TMS per la depressione! Anche se in realtà devo dire che posso considerarmi molto fortunato in confronto ad altri colleghi, poiché ho la fortuna di collaborare con sette post-doc, alcuni dei quali si pagano lo stipendio con fondi propri.
In generale, la maggior parte della nostra attività è dedicata alla ricerca di fondi tramite agenzie Europee o nord Americane, fondi che però arrivano raramente e sono sempre molto contenuti. Il tutto si traduce in qualche contratto di ricerca provvisorio (di uno o due anni).
Per me la parte più frustrante è quando non hai la possibilità di offrire un posto a dei bravi ricercatori che sono costretti ad andarsene perché non ci sono prospettive. 

Leggi anche: Il commento di Carlo Miniussi al post di Neurocritic Don't lose your head over tDCS
 

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