Scritto
da Luisa Levi, neuropsichiatra infantile, rappresentava un "[…]
contributo alla nostra comune battaglia per la difesa dei fanciulli".
Era
il risultato dell'elaborazione delle osservazioni dirette, della
lunga esperienza clinica, improntata al motto: "Educare, non
reprimere".
Questo libretto è il frutto di trent'anni di giornaliere osservazioni cliniche, di una vita trascorsa fra giovani sani o ammalati, neuropatici o disadattati alla vita sociale.
Il
testo risente delle influenze della psicoanalisi e della morale
dell'epoca sulla sessualità 'normale' e sulle 'deviazioni
patologiche', come l'omosessualità, - che dovevano essere 'evitate'
dagli educatori.
Solo un'educazione libera e consapevole permetterà ai nostri figli, ai ragazzi e alle ragazze di cui ci occupiamo, di affrontare senza curiosità e senza timori le seduzioni e i pericoli della vita. Saranno così quali li vuole la loro costituzione sana e fisiologica: diritti come alberi nella foresta, e, come questi, forti e felici.
La
medicina, la psicologia e la pedagogia hanno fatto molta strada da
allora, sfrondando la condotta scientifica e clinica dai pregiudizi e
dalle distorsioni cognitive o ideologiche.
Luisa
Levi nacque a Torino nel 1898. Nel 1914 seguì l'indicazione dello
zio, lo psichiatra Marco Treves, e si iscrisse alla Facoltà di Medicina dell'Università di Torino. Durante la I guerra mondiale
prestò servizio come aspirante ufficiale medico. Dopo la guerra e la
laurea, conseguita nel 1920, si perfezionò nelle malattie mentali e
nervose e praticò l'attività clinica in diversi ospedali, tra i
quali il pediatrico Koelliker di Torino, dove iniziò la carriera di
neuropsichiatra infantile, che continuò in diverse strutture,
dedicandosi agli aspetti medici e pedagogici dello sviluppo dei
bambini. Licenziata nel 1939 a causa dell'entrata in vigore delle
leggi razziali, rimase in Italia sotto falso nome e negli anni
successivi prese parte alla 76a Brigata Garibaldi partigiana. Nel
secondo dopoguerra fu attiva nell'UDI (Unione Donne in Italia).
Conseguì nel 1955 la libera docenza in neuropsichiatria infantile.
Il
suo, fu il primo libro del dopoguerra sull'educazione sessuale.
Resta
importante, al di là di alcune critiche, per le idee innovative
e perché dimostra e ribadisce l'uguaglianza tra i sessi e il ruolo
dell'educazione sessuale nella crescita e nella prevenzione.
Di
seguito una selezione di altri brani.
L'educazione sessuale, come l’educazione generale, dev'essere iniziata nei primi tempi della vita e continuata con azione intelligente e costante per tutta l'età evolutiva.
Dante considerò la lussuria fra i peccati meno gravi; Cristo difese la donna adultera ma oggi sono ancora molti che fremendo di orrore non avrebbero il coraggio di perdonare il peccato della carne. E anche oggi, in molti ambienti, si crede doveroso allevare i fanciulli - maschi e femmine - nella più profonda ignoranza delle cose sessuali, allo scopo di educarli alla virtù.
Il fatto di essere donna non deve in alcun modo diminuire la capacità lavorativa e sociale; non deve indurre ripugnanza né paura.
Il maschietto deve sapere che le fanciulle sue coetanee hanno il suo stesso valore: deve rispettare la loro femminilità e apprezzare le loro capacità intellettive e morali.
La sopravvalutazione della virilità, così frequente nei nostri paesi, è un avanzo antidemocratico di mentalità feudale; e crea un errato orientamento dell'evoluzione morale del fanciullo.
Ma se anziché osservare le grandi statistiche, vogliamo studiare i singoli individui, oggetto del nostro lavoro educativo, dobbiamo riconoscere che sia tra i maschi, sia tra le femmine si possono trovare tutte le possibili varietà di eccellenza e di deficienza. Tra gli uni e le altre troviamo tutti i possibili tipi psicologici e tutte le tendenze a lavori o attività particolari. Credo che non esista un lavoro che sia veramente negato all'uno o all'altro sesso.
Lasciamo liberi i fanciulli dei due sessi di seguire le loro tendenze e si vedrà che non sono molto diverse tra loro.
ll rispetto e l'uguaglianza di valore dei due sessi sarà dunque la base del sentimento civile e il fondamento della preparazione ad affrontare la vita. La maturazione sessuale sarà accolta come inizio di una seria e consapevole collaborazione, in cui tutte le capacità di ciascun individuo saranno gioiosamente intese al bene comune.
Il precoce uso della propria sessualità è comunque decisamente patologico... Non è ancora stabilita l'attrazione in senso eterosessuale. Quando ciò avviene, dobbiamo vedervi gli effetti dell'ambiente corruttore.
La legge pone come limite alla minore età il ventunesimo anno; ma la conquista della vera capacità civile deve essere preparata gradatamente durante tutta l'adolescenza.
Anzitutto, bambini e bambine devono conoscere la differenza anatomica tra i sessi e sapere che questa differenza non corrisponde a una differenza di valore ma di funzione.
Se i genitori non dimostrano turbamento, i bambini possono assistere senza danno ai peggiori spettacoli: purché siano sicuri della serena protezione di chi li cura.
Dobbiamo ottenere la libertà del sesso, a condizione che non si accompagni alla esaltazione del sesso.
Comunque, i giovani devono sapere che, se loro avvenisse di essere contagiati o anche solo ne avessero il sospetto, debbono immediatamente mettersi in cura senza timore e senza vergogna. Nessuna malattia è infamante. Tutte sono sventure cui la medicina cerca di porre rimedio; e, in questi casi, con ottime prospettive di guarigione. Non si tratta di morale né di scandalo. Invece è immorale esporsi senza necessità a contatti umilianti, e non confessarne le possibili conseguenze.
Come
saremmo se almeno alcune di queste indicazioni avessero fatto parte
fin da allora dei programmi scolastici?
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