Anche
i bambini si ammalano.
Grazie
ai progressi scientifici, sempre più spesso riescono a superare gravi
patologie e a continuare a crescere regolarmente oppure, in un minor
numero di casi, si trovano ad adattarsi a malattie croniche di varia
natura con ammirevole sopportazione.
A
volte i bambini si ammalano di malattie inguaribili: alcune sono
fatali, come la malattia di Lafora, altre sono curabili con le
terapie farmacologiche e/o riabilitative, l'educazione e il sostegno
a tutta la famiglia. La malattia non colpisce mai solo la persona
(bambino o adulto) che ne manifesti i segni ma si espande a tutto il
nucleo familiare negli aspetti psicologici, nel carico assistenziale,
nell'impatto economico e nelle barriere sociali, ambientali e
burocratiche.
Alcuni
giorni fa Spectrum ha pubblicato un articolo del giornalista e
scrittore David Dobbs su una tra le più misteriose e difficili
condizioni dell'età evolutiva: il disturbo disintegrativo della
fanciullezza.
L'articolo
di Dobbs - The most terrifying childhood condition you’ve never heard of – racconta la storia di Gina una donna di 24 anni e
del padre Bernardo, un professore universitario in pensione. Gina
ricevette a 4 anni la diagnosi di disturbo disintegrativo della
fanciullezza dopo aver perduto tutte le normali acquisizioni fatte
fino ad allora.
Adesso
Gina si esprime con associazioni di due parole e rare frasi di più
parole, è in grado di svolgere semplici attività quotidiane, va in
bicicletta, fa i suoi giochi sul tablet, riesce a leggere qualche
testo semplice con aiuto.
A volte può sembrare aggressiva, quando afferra con forza il braccio di qualcuno per richiedere attenzione e ha sempre appetito. Deve essere assistita e controllata costantemente. A 24 anni ha poche possibilità di apprendere nuove abilità o di recuperare quelle che aveva acquisito a tre anni.
Due giorni dopo che ci eravamo visti a New Haven, ho raggiunto Bernardo e Gina a casa loro per il pranzo e per un giro in bicicletta. Gina era molto più rilassata, e, dopo un delizioso pranzo a base di pasta e vino fatto in casa nella loro incantevole casa gialla, abbiamo preso le biciclette dal garage e siamo andati verso Snug Harbor, un parco a un paio di miglia di distanza. Bernardo, che era in testa al gruppo, teneva d'occhio Gina dallo specchietto retrovisore. Gina, davanti a me, seguiva Bernardo a una distanza costante.
È stato preoccupante da vedere. Per un tratto il percorso era sulla strada, con le macchine che ci sorpassavano.
Ma Gina sembrava impegnata, fiduciosa e sicura come non l'avevo ancora vista. Ha seguito Bernardo perfettamente, rimanendo nella sua scia, seguendo il suo percorso e il suo esempio, evitando gli ostacoli fissi e in movimento. Ha preso chiaramente molta forza e sicurezza dal padre che le stava davanti. L'unica domanda è se un giorno le riuscirà anche con altri.
La
lettura di questo articolo mi ha fatto tornare alla mente una bambina
che avevo esaminato alcuni anni fa. Così sono andata a recuperare la
sua storia. Aveva nove anni. Fino a circa tre anni di età aveva mostrato
uno sviluppo normale: correva, giocava, disegnava, si esprimeva con
frasi ben formate, mangiava da sola con gusto e andava in bagno da
sola. Il disturbo esordì con alterazioni del sonno, anomalie nella
percezione visiva e balbuzie. A distanza di un anno la bambina
riusciva a dire circa trenta parole singole, non era più in grado di
comprendere una richiesta, non era più autonoma, era agitata,
aggressiva e mostrava movimenti stereotipati e ripetitivi.
Nei
diversi percorsi diagnostici erano stati ipotizzati un ritardo
generalizzato del linguaggio, un'afasia acquisita, una
reazione psicotica ed erano
state fatte tutte le possibili indagini metaboliche,
elettrofisiologiche, neuroradiologiche, reumatologiche,
immunologiche, ...
Durante
la mia osservazione, a 6 anni dall'esordio, la bambina mostrava una
comprensione fluttuante per le richieste verbali, comprendeva e
reagiva appropriatamente ai suoni ambientali (ad es. aprendo la porta
al suono del campanello), pronunciava una sola parola di tanto in
tanto, copiava un cerchio, si orientava bene nei percorsi familiari,
riusciva ad andare in bagno da sola durante il giorno. L'intervento
riabilitativo, iniziato tempestivamente era ottimale, e integrava
l'insegnante di sostegno della scuola primaria, la logopedista e
altri terapisti domiciliari.
Ricordo
bene le espressioni del viso dei genitori e della bambina e la mia
inquietudine per diversi giorni.
Dobbs
per il suo articolo ha incontrato la ricercatrice e docente di
pediatria Abha Gupta, una degli esperti di disturbi dello spettro
autistico, che lavora al Child Study Center dell'Università
di Yale. Gupta descrive l'esordio drammatico del disturbo in un
bambino di 8 anni che aveva presentato espressioni di paura e grave
agitazione per un mese prima della regressione. Le ricerche di Gupta
e di altri gruppi si stanno concentrando sulle specificità
biologiche, genetiche e comportamentali del disturbo disintegrativo
della fanciullezza rispetto all'autismo.
I
casi studiati sono però ancora pochi per arrivare a conclusioni
chiare e ci sono ancora diversi casi che non ricevono la diagnosi
corretta.
Il
disturbo disintegrativo della fanciullezza fu descritto per la prima
volta nel 1908 da Theodor Heller, un insegnante austriaco che diede
il nome di demenza infantile alla perdita di abilità bene
apprese che aveva osservato in sei bambini.
La
regressione tende ad essere rapida, globale e si manifesta dopo i due
anni ed entro i dieci anni, durante i quali la crescita del bambino è
normale.
La
trasformazione quasi improvvisa del bambino a volte è preceduta da
modificazioni del comportamento, stati di terrore e manifestazioni
psicotiche.
Si
tratta di una malattia rara che colpisce 1 o 2 bambini su 100.000.
Costituisce un'entità a sé rispetto all'autismo, anche se nel DSM V
è definita tra i Disturbi dello spettro autistico, ma ha in comune
con l'autismo il fatto che non si conoscono le cause. Certamente si
tratta di cause biologiche: uno o più fattori possono essere
intervenuti durante la maturazione del cervello, nelle prime fasi di
gestazione o in quelle successive.
Conoscerla
può aiutare ad affrontare meglio questa condizione drammatica.
Drammatica
per i medici che si ritrovano con tutti gli esami diagnostici
negativi, per i clinici che sono chiamati a comunicare la diagnosi
tra dolore e impotenza, per la famiglia già provata che spesso si è
già rivolta a diversi specialisti alla ricerca di un appiglio, di una
spiegazione.
Il
disturbo disintegrativo della fanciullezza non si può guarire ma si
può curare con la logopedia, la psicomotricità e altri interventi
riabilitativi, il sostegno a scuola, la terapia occupazionale, il
supporto continuo alla famiglia, educativo e psicologico. Questi
piani di intervento integrato hanno come obiettivo non il recupero
delle abilità ormai perdute ma lo sviluppo di nuove abilità per
favorire la comunicazione, l'adattamento, l'interazione sociale e le
piccole autonomie quotidiane.
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