Ogni
anno, la giornata delle malattie rare ci permette di saperne di più
sulle vite di bambini, adolescenti, adulti e famiglie che, usualmente
affannati tra cure-controlli
ospedalieri-riabilitazioni-scuola-doposcuola-burocrazia-lavoro-sguardi
sfuggenti quando va bene-piscina-centro ausili, possono finalmente
sentire qualche attenzione-supporto-sollievo e in alcuni casi ...la
tenerezza solo di un ricordo.
Questa
giornata ci permette di informarci anche sul costante impegno dei
ricercatori verso la scoperta di nuovi metodi di diagnosi e di cura e
talvolta di guarigione delle malattie rare.
Ci
fa conoscere anche tutte le associazioni di volontariato che sono
attive ogni giorno per portare aiuto concreto alle persone coinvolte,
per sostenere le famiglie e per raccogliere fondi da destinare alla
ricerca.
Quale
migliore occasione per leggere il libro di Pamela, che avevo
conosciuto in ospedale, al Meyer, e poi ho rivisto dopo alcuni anni
in una libreria, alla presentazione del suo libro?
Ora
è una collega: ha fatto di tutto per raggiungere il suo traguardo e
ci è riuscita, diventando una psicologa.
E
ha scritto un libro per
raccontare qualcosa della mia storia, una storia nella quale il concetto di normalità viene spesso a disintegrarsi e ricostituirsi in forma ogni volta nuova.
Nella
sua storia, lei scrive, c'è una presenza continua.
La mia compagna di vita da quel giorno aveva un nome: Malattia di Pompe o Glicogenosi di tipo II.
La Malattia di Pompe o Glicogenosi di tipo II è una patologia neuromuscolare rara, cronica, che colpisce circa 10.000 individui tra neonati, bambini e adulti nel mondo e circa 300 persone stimate in Italia. La Malattia di Pompe appartiene alla famiglia delle malattie rare da accumulo lisosomiale ed è caratterizzata dal mancato smaltimento del glicogeno, la riserva energetica dei muscoli. A causa del difetto di un enzima, il glicogeno si accumula e danneggia il cuore, i muscoli di gambe e braccia e quelli della respirazione.
Non
ha rinunciato a scrivere anche se
Le parole, nella mia vita, si sono mano a mano sempre sbriciolate un po', alcune tra le mani che sorreggono a malapena una penna; altre in bocca, durante quella normalissima azione che l'uomo compie ogni giorno: parlare. Il respiratore mi toglie talvolta lo spazio di una buona pronuncia, le frasi si accorciano, le lettere vengono a mancare in mezzo, in fondo o al principio.
Racconta
come abbia dovuto accettare di volta in volta una nuova macchina
nella sua vita per poter continuare a compiere quelle semplici azioni
quotidiane che le erano usuali: camminare e respirare.
Scesi dall'ambulanza con le mia gambe ed entrai in ospedale.
Lunedì 29 marzo 1999, è l'ultima volta che ho camminato.
Allora aveva
poco più di 12 anni, tanta voglia di vivere e di capire e affrontava
emozioni fortissime.
Piangevo, piangevo tantissimo e scrivevo “Non riesco a non piangere”. Era come un incubo, avevo paura di morire e scrivevo ai medici “ho paura”.
Piano piano miglioravo e finalmente potei fare la mia prima uscita ufficiale dalla rianimazione... Niente di eccezionale come chilometraggio: dal reparto andai in corridoio fino alle macchinette del caffè. Fu lo stesso un grandissimo evento, ero entusiasta,...
Ci ho messo anni ad elaborare il fatto che non avrei ripreso a camminare, è stata una sofferenza, una lotta con me stessa, fra quello che ero e quello che avrei voluto essere, tra quello che sognavo e quella che era la dura realtà. Molte volte mi sono svegliata la mattina pregando che fosse tutto un brutto e lungo sogno e ogni volta era come prendersi uno schiaffo in faccia, sprofondando nella delusione più assoluta.
Tra
il 2002 e il 2003 fu protagonista di una campagna di
sensibilizzazione per avere accesso a un farmaco sperimentale
prodotto da un'azienda farmaceutica statunitense.
Vivevo nella speranza che presto sarebbe arrivato il farmaco che mi avrebbe aiutata, non sapendo quanto potesse essere lunga la strada che va dalla sperimentazione alla commercializzazione.
Dal
2006, l'Unione Europea ha autorizzato la
terapia enzimatica sostitutiva: l'alglucosidasi è entrato in
commercio come farmaco orfano per il trattamento dei pazienti affetti
dalla malattia di Pompe. L'efficacia di tale terapia non è ancora
stata stabilita.
Non so cosa sarà di me, di quello che capiterà, ma proverò a continuare per la mia strada mettendocela tutta...
Continuo a sperare e a credere nella ricerca, confido che un giorno non molto lontano si riesca a trovare una cura che sconfigga la Malattia di Pompe e tutte le altre malattie genetiche che affliggono così tante persone.
Continuare
a sostenere la ricerca è il migliore aiuto che possiamo dare alle
persone affette da una malattia rara e alle loro famiglie.
Così
come possiamo ringraziare Pamela per avere avuto il coraggio di
scrivere la sua storia, con un segno tangibile, comprando e regalando
il suo libro:
Mauro Pagliai Editore, 2017
Informazioni utili:
- Misure
straordinarie, un film del 2010 sulla determinazione di un padre
(interpretato da Harrison Ford) a trovare una terapia per i sue due
figli affetti da Malattia di Pompe. Il film è tratto dal libro The
Cure
(2006, edizione in italiano: Misure
straordinarie)
della giornalista e scrittrice, Geeta Anand, Premio Pulitzer nel 2003
con lo staff del Wall Street Journal.
"Non attendere un miracolo, fanne uno"
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