Si viene periodicamente risucchiati in un vortice di informazioni a percentuali che accresce le preoccupazioni già esistenti fino a offuscare il riconoscimento delle ampie incongruenze interne a una notizia e a pregiudicare la comprensione di un fenomeno in un determinato contesto spazio-temporale. Può sembrare paradossale ma sta accadendo anche per un tema delicato e complesso come la salute mentale: il ciclo del panico morale sta facendo il suo corso.
Tracciato in diverse versioni da Amy Orben nel 2020 e da Christopher Ferguson nel 2010 per illustrare la costruzione di una comunicazione sensazionalistica attorno all’impatto psicologico delle nuove tecnologie e dei videogiochi, il ciclo del panico morale rallenta le ricerche scientifiche integre e trasparenti e ritarda i cambiamenti culturali e strutturali nella società. Ciascuna generazione tende poi a guardare con ilarità ai cicli che hanno caratterizzato le generazioni precedenti (ad esempio, il panico alla diffusione di bicicletta, radio e fumetti, per citarne solo alcuni), spesso incosciente di starne costruendo altri.
Abbiamo adattato la struttura del ciclo del panico morale in modo da estendere le sue applicazioni ad altri fenomeni psico-sociali che riguardano la contemporaneità.
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