lunedì 30 maggio 2022

C'è consenso sulle terapie psicologiche per ansia e depressione

 

Lo scorso febbraio è stato reso pubblico dall’Istituto Superiore di Sanità, che ne ha patrocinato i lavori, il documento della Conferenza di consenso sulle terapie psicologiche per ansia e depressione, redatto dall’Università degli studi di Padova.

 

Documento finale della Conferenza di consenso

  

Si tratta del risultato di un complesso lavoro di stesura e revisione che ha richiesto più di due anni e che ha coinvolto un comitato promotore, coordinato dal Prof. Ezio Sanavio, un comitato tecnico-scientifico, quattro gruppi di esperti su tematiche specifiche e una giuria (l’elenco completo è alle pagine 46-48, Allegato 2).

Il documento, sistematizzando le conoscenze sulle psicoterapie dei disturbi d’ansia e depressivi, costituisce un’importante e attesa risorsa di riferimento per guidare le scelte terapeutiche, per orientare la formazione specialistica (psicologica e medica, inclusa quella dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta), per promuovere l’equità di accesso alle terapie, per sensibilizzare la comunità sui disturbi mentali e sulle cure più efficaci. 

 

Una sintesi delle conclusioni si articola nei seguenti punti:

1) solo alcune terapie psicologiche sono da considerare di prima scelta;

2) tali terapie psicologiche hanno dimostrato un’efficacia superiore ai farmaci;

3) nel sistema sanitario nazionale l’accesso a tali terapie è limitato a situazioni specifiche, escludendo gran parte delle persone che ne hanno diritto.

Come si legge nel documento, “i disturbi mentali rappresentano la seconda causa del carico di sofferenza e disabilità legato a tutte le malattie e rendono conto del 14% di tutti gli anni vissuti con disabilità (Years Lived with Disability, YLD), con una prevalenza nel mondo di oltre il 10%. […] Tale carico è aumentato del 37% dal 1990 al 2010 e, secondo recenti proiezioni, entro il 2030 il disturbo depressivo maggiore potrebbe diventare la prima causa di disabilità e sofferenza di tutte le malattie. In Italia, le persone affette da disturbi mentali comuni ricorrono raramente, e meno che in altri Paesi europei, ai servizi sanitari e tra esse il minor ricorso si registra nella fascia d’età 18-24 anni. Questo nonostante sia stato stimato che oltre il 7% della popolazione generale tra i 18 e i 64 anni ha sofferto di almeno un disturbo mentale comune nell’ultimo anno e quasi il 19% di almeno uno nella vita”.

 

Per chiarire i termini utilizzati, nel documento è specificato che “Disturbi Mentali Comuni” (DCM) o “Disturbi Emotivi Comuni” (DEC) rappresentano espressioni tecniche con cui sono indicati i disturbi di ansia e depressione per evidenziarne l’alta prevalenza nella popolazione. Inoltre, con “Terapie psicologiche” si intendono gli interventi di consulenza, supporto psicologico, psicoterapia che incrementando la consapevolezza e modificando processi cognitivi, emotivi e relazionali risolvono o riducono i sintomi e il disagio associati a disturbi d’ansia e depressivi.

In Italia la prevalenza dei disturbi d’ansia è del 5% e del 6% per i disturbi depressivi. Si tratta di Disturbi Mentali Comuni che si manifestano con diverse complessità e diversi livelli di gravità.

L’anamnesi e la valutazione consentono di delineare le caratteristiche cliniche e di individuare la terapia appropriata seguendo il modello stepped care che parte da interventi a bassa intensità (ad es. un numero limitato di colloqui mirati allo sviluppo di strategie di gestione da effettuarsi nei servizi di cure primarie), prosegue, in caso di non remissione dei sintomi, con una psicoterapia che in alcuni casi può essere combinata con un trattamento farmacologico attraverso la collaborazione tra specialisti/e, fino ad arrivare a un ricovero in un centro o dipartimento specialistico per il tempo strettamente necessario al ritorno a un intervento meno invasivo assicurato dal coordinamento di una rete multidisciplinare.

Nel documento viene ribadita la cautela per le prescrizioni di antidepressivi, il cui uso in Italia negli ultimi quindici anni è raddoppiato così da diventare esso stesso “ormai un serio problema di salute pubblica”.

L’accesso alle terapie per i DMC è di fatto la questione più urgente a tutti i livelli, da bassa ad alta intensità, se si considera che i servizi specialistici di salute mentale sul territorio nazionale garantiscono la psicoterapia solo nell’8% dei casi che ne avrebbero diritto.

Le conseguenze di un tale divario sono osservabili non soltanto nelle difficoltà di vita dell’individuo e della sua famiglia ma anche in termini di costi sociali ed economici. Come riportato nel documento, “i costi diretti e indiretti di ansia e depressione sono elevati sia riferiti alla singola persona che ne soffre sia, considerata l’alta prevalenza, riferiti alla collettività”. La diagnosi precoce e l’attivazione precoce della terapia psicologica appropriata possono ridurre le ospedalizzazioni e le spese mediche, i costi diretti non sanitari e i costi indiretti dovuti, in gran parte, al calo di produttività.

 

Tuttavia, allo stato attuale il numero totale di psicologi e psicologhe che operano nel Servizio Sanitario Nazionale, potrebbe garantire la psicoterapia per l’ansia e la depressione solo al 20% del fabbisogno stimato nei Servizi.

Neppure è stata trascurato dalla Conferenza di consenso il problema della qualificazione di psicologi e psicologhe, dato che “solo una minoranza pratica abitualmente, per propria formazione, trattamenti con una qualche documentazione, magari bassa, di efficacia”.

L’aggiornamento professionale sulle tecniche di provata efficacia per la terapia psicologica dei DMC, più che sui dogmi autoreferenziali, dovrebbe essere l’obiettivo di una formazione continua orientata alle linee guida internazionali e non a qualche libro o webinar su tesi speculative.


Nell’Allegato 4 del documento viene presentato un dettagliato “Report sulle linee guida per il trattamento dei disturbi dello spettro ansioso e depressivo” che, oltre a definire e inquadrare i disturbi d’ansia e depressivi ne delinea le terapie psicologiche più efficaci ai diversi livelli di presa in carico.

Infine, nell’Allegato 6 sono elencate le necessità formative per selezionare e attuare i principali interventi in psicologia clinica. Ad un primo livello corrisponderebbero le conoscenze di base sui disturbi e a un secondo livello le conoscenze approfondite per l’inquadramento clinico e la scelta tra le principali terapie. Tra queste ultime sono indicati, nell’ottica stepped care, gli interventi supportivo e psicoeducativo, gli interventi psicosociali a bassa intensità come la terapia cognitivo-comportamentale individuale o di gruppo, la psicoterapia ad alta intensità cognitivo-comportamentale o interpersonale.

Il gruppo di lavoro propone anche l’attivazione di un portale sui DMC che rappresenti una risorsa online istituzionale per chi richiede aiuto in un momento di crisi, per chi cerca informazioni e indicazioni, per professionisti/e della salute, per professionisti/e della comunicazione, per la comunità e per i rappresentanti politici affinché siano avveduti nelle decisioni sulla salute pubblica.

C’è solo da augurarsi che una tale risorsa possa essere realizzata in tempi brevi e che nel frattempo questo documento abbia la massima diffusione.

 

 

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