lunedì 22 gennaio 2024

Il turno della scacchista: il peso delle aspettative di genitori e istruttori

 

Lo scorso dicembre mi sono imbattuta in una notizia della BBC, il canale di notizie britannico, che raccontava di due speciali campioni di scacchi: fratello e sorella indiani erano giunti alle cronache perché oltre ad essere “i più promettenti” scacchisti del paese provengono dalla stessa famiglia.

 


La notizia iniziava raccontando del fratello diciottenne Praggnanandhaa Rameshbabu diventato a 10 anni, in India, il più giovane Maestro Internazionale e nel 2018 il secondo Grande Maestro più giovane diventando “il secondo indiano dopo Viswanathan Anand a raggiungere una finale di Coppa del Mondo e a qualificarsi per il torneo dei candidati” della FIDE, la Federazione internazionale degli scacchi.

La giornalista Susan Ninan proseguiva l’articolo in inglese, scrivendo: “Mentre tutto questo si svolgeva, un altro membro della sua famiglia, scacchista, aspettava diligentemente il suo turno: la sorella di Praggnanandhaa, Vaishali, che è più grande di lui di quattro anni”.

Vaishali è stata la terza donna in India a diventare Grande Maestra dopo Koneru Humpy e Harika Dronavalli e a novembre “ha sconfitto tre ex campionesse del mondo femminile vincendo il torneo Women's Grand Swiss e qualificandosi per il torneo dei candidati femminile.

Nell’articolo di Ninan si legge come sia stato difficile per Vaishali Rameshbabu restare nell’ombra mentre il fratello raggiungeva un successo dopo l’altro. "Quando Pragg è diventato il più giovane Maestro internazionale” riferiva alla giornalista, "mi ha sconvolto. Non credo di aver gestito bene quelle emozioni", e questo ha influito negativamente anche sul suo modo di giocare.

Inoltre, Vaishali aveva aggiunto: "I miei genitori ne parlavano con me e per un po' stavo bene. Ma ogni volta che otteneva un grande risultato e l'attenzione era puntata su di lui, tornavo a sentirmi un po' infelice. Mi ci è voluto del tempo per superare quei sentimenti e accettare che lui sia eccezionale. Una volta raggiunto il titolo di Grande Maestro Femminile (WGM), mi sono sentita meglio con me stessa. Negli ultimi due anni, non sono stata altro che orgogliosa dei suoi risultati. Vedo il duro lavoro che c’è dietro".

 

Questa notizia mi ha riportato alla mente uno studio che era stato pubblicato alcune settimane prima e che evidenzia come genitori e istruttori tendano a sottostimare le prestazioni delle ragazze rispetto a quelle dei ragazzi che giocano a scacchi.

In particolare, nello studio condotto da Sophie Arnold, April Bailey, Wei Ji Ma, Jennifer Shahade e Andrei Cimpian sono state analizzate “la presenza e l'entità dei pregiudizi di genere all'interno della comunità degli scacchi. Nello specifico, ci siamo concentrati sulla possibilità che genitori e istruttori dimostrino pregiudizi nei confronti delle giovani giocatrici nella loro vita”.

Per lo studio, “ai partecipanti è stato chiesto di valutare i loro figli e le loro figlie che giocano a scacchi (per i genitori) e gli/le allievi/e (per gli istruttori) su diverse dimensioni come il loro potenziale e le loro abilità intrinseche; i partecipanti hanno anche riferito quanto investono in questi giovani giocatori (ad esempio, i genitori hanno riferito quanto sarebbero disposti a pagare per le lezioni)”.

Le domande approntate per la ricerca erano suddivise in tre sezioni che permettevano di ottenere da genitori e istruttori le seguenti informazioni: a) una valutazione del/della giovane giocatore/giocatrice su diverse dimensioni (ad esempio, il suo potenziale), b) una valutazione dei diversi motivi per cui i/le giovani giocatori/trici avrebbero potuto abbandonare gli scacchi (ad esempio, mancanza di abilità) e c) l’indicazione del loro investimento, anche in termini di spese, nei/nelle loro giovani giocatori/trici.

Ne veniva fuori un giudizio globale sulle qualità e sul potenziale del/della giocatore/giocatrice più che un resoconto delle sue prestazioni in quel momento.

Nell’ambito di uno studio preregistrato, l’autrice e le sue collaboratrici hanno analizzato le risposte fornite da quasi 300 tra genitori e istruttori affiliati alla Federazione scacchistica statunitense.

 


I risultati hanno dimostrato che genitori e istruttori intervistati, in media, ritenevano che le ragazze avessero un potenziale scacchistico inferiore rispetto ai ragazzi, a parità di livello nel gioco. Tale svalutazione del potenziale delle ragazze era particolarmente pronunciata per i genitori e gli istruttori che ritenevano fosse la brillantezza a determinare la bravura negli scacchi.

Come approfondito e misurato nello stesso studio, il concetto di brillantezza negli scacchi è declinato al maschile e rimanda a un forte stereotipo di genere.  

Come si può vedere nella figura seguente, i genitori e gli istruttori che più sostenevano lo stereotipo maschilista di brillantezza tendevano maggiormente a sottovalutare anche l’interesse intrinseco per gli scacchi da parte delle giovani giocatrici (rispetto a quello dei ragazzi).

 

 

Inoltre, quanto più gli istruttori dimostravano convinzioni sul ruolo di capacità brillanti per poter eccellere negli scacchi, tanto più concordavano sul fatto che le loro allieve avrebbero abbandonato gli studi per mancanza di abilità.

Genitori e istruttori hanno riferito di non investire in modo diverso per le ragazze rispetto ai ragazzi.

Nel complesso, i genitori e gli istruttori intervistati per lo studio hanno riferito di non ritenere che un ambiente scacchistico poco favorevole fosse responsabile in modo diverso dell'abbandono delle giovani giocatrici rispetto ai ragazzi. In tal modo, hanno dimostrato una scarsa consapevolezza dei propri pregiudizi che sono diffusi nel mondo degli scacchi e possono condizionare la carriera agonistica alle giocatrici.

Le persone adulte, quindi, non sembrano vedere le barriere al successo delle giocatrici che sono innalzate dai loro stessi stereotipi, dalle loro credenze e dalle loro aspettative.

 

Agli inizi di gennaio, all’età di 90, è morto lo psicologo Robert Rosenthal che oltre a occuparsi di metascienza fu reso famoso dalla scoperta dell'effetto Pigmalione.

Tale effetto consiste nel fatto che le aspettative degli e delle insegnanti su loro studenti e studentesse ne influenzano drasticamente le opportunità di apprendimento, la motivazione e il rendimento. Se vengono comunicate, con parole o gesti, aspettative alte (o basse), la persona può iniziare a comportarsi in modi che confermano l'aspettativa originale. Si tratta di un effetto osservato negli ambienti educativi ma anche in quelli lavorativi. 

A dire il vero, i primi studi sull’effetto furono aspramente criticati per la rilevante debolezza metodologica che aveva portato a risultati contestabili. In seguito, una notevole mole di studi lungo un arco temporale di tre decenni ha dimostrato che l’effetto Pigmalione esiste, per quanto non ampio, ed è maggiormente osservabile verso le persone che appartengono a gruppi sociali minoritari e condiziona la motivazione, l’apprendimento e il rendimento ma non l'intelligenza, come originariamente ipotizzato da Rosenthal. 

Le parole della giornalista della BBC che ho riportato all’inizio illustrano perfettamente la dinamica dell’effetto Pigmalione. La campionessa di scacchi Vaishali Rameshbabu ha dovuto “diligentemente” aspettare il suo turno e solo dopo che le abilità prodigiose del fratello più piccolo sono state riconosciute nella comunità ha potuto mostrare le proprie.

Diventa ancora più interessante quello che ha scritto dopo. Dalla ricostruzione della giornalista, quando entrambi iniziarono ad allenarsi con il Gran Maestro Ramesh, era la sorella maggiore, proprio Vaishali, ad ottenere punteggi più alti. “Nel corso degli anni, il loro viaggio nel gioco ha preso strade diverse” ha rivelato Ramesh.

Lo studio di Arnold e colleghe aiuta a comprendere quali atteggiamenti possono aver contribuito a rendere diverse le strade nella stessa famiglia, più complicate per la sorella maggiore, a partire da uno stesso istruttore.

Ad ogni risultato importante di Praggnanandhaa, Vaishali doveva anche subire le domande su come si sentisse a essere la sorella di un prodigio.

Soltanto la sua determinazione deve averla trattenuta dal rinunciare definitivamente a diventare una campionessa di scacchi. L’istruttore Ramesh nell’articolo ha aggiunto: “penso che da qualche parte nella sua testa si sia trasformata in pressione. La pressione di esibirsi e di non essere ignorata".

La faticosa sfida ad essere vista e non sottovalutata proprio dai suoi genitori e dai suoi istruttori in quanto giocatrice di scacchi è stata vinta sul lungo periodo, tra delusioni, frustrazioni e rabbia.

La determinazione e la concentrazione non le hanno restituito il tempo passato ad aspettare “il suo turno” ma sono state capaci di frantumare rumorosamente le solide barriere costituite dalle aspettative della sua famiglia e dei suoi maestri.

 

Riconoscere gli stereotipi e i pregiudizi diffusi proprio tra le persone adulte come i genitori e gli istruttori delle giocatrici di scacchi rappresenta il primo passo per poterli affrontare e per fare in modo che più bambine possano iniziare precocemente a giocare, senza poi essere ritenute non abbastanza capaci per la carriera agonistica a causa del peso di aspettative svalutanti più che per il loro effettivo potenziale.

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