Mentre parte dei media coccola i rinomati esperti pubblici che ancora si affannano a spargere allarmi generalizzati sull'uso dei dispositivi digitali nei più giovani, l'alfabetizzazione digitale va avanti fin dall'infanzia, con modalità strettamente dipendenti dal contesto in cui sia capitato di nascere e quindi con estreme disuguaglianze.
Il conservatorismo della visione apocalittica dei dispositivi digitali, sebbene ingaggi gran parte del pubblico e rassicuri illusoriamente alcune famiglie sul fatto che la causa di problemi e conflitti stia altrove, è responsabile di rallentare e confondere l'acquisizione delle competenze digitali di base e della consapevolezza d'uso degli strumenti.
Se fin dall’infanzia si ha la fortuna di capitare in una scuola arricchita di strumenti e progetti digitali, il processo di alfabetizzazione prosegue senza subire la pressione sociale che altrimenti porta a celare le proprie attività digitali o a sentirsi in colpa per integrarle nella vita quotidiana. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, l’alfabetizzazione digitale avviene per autoformazione. Le opportunità di autoformazione si basano a loro volta sull’accesso ai dispositivi digitali che è condizionato dal genere, dallo stato socioeconomico della famiglia di appartenenza e dalla rete sociale con cui si condividono esperienze scolastiche ed extra-scolastiche. Nei primi anni di vita di un infante, i primi approcci con i dispositivi digitali avvengono nel contesto famigliare e dipendono dal sistema di norme più o meno esplicite attorno al quale una famiglia si organizza. Dal trovarsi in famiglie più restrittive o più permissive dipenderà l’estensione e la qualità delle esperienze digitali precoci.
Quando vogliono usare il tablet e altri dispositivi devono chiederceli perché li teniamo in posti inaccessibili [ridendo]
(Italia Famiglia 2, Madre)
Non abbiamo regole rigide su chi usa la tecnologia e come. Sarebbe difficile seguirle…, le regole… non vale la pena porle perché saremmo noi stessi schiavi
(Repubblica Ceca, Famiglia 8)
Quelle sopra citate sono due delle risposte ottenute da Chaudron e collaboratori (2018) in uno studio condotto in sette paesi, tra i quali l’Italia, per esaminare le pratiche digitali di bambini con meno di otto anni nel contesto famigliare. Le interviste a 70 famiglie, coinvolgendo genitori e figli/figlie, hanno permesso di evidenziare che i genitori tendono a ricorrere a un limitato repertorio di strategie rispetto a quanto avviene quando bambini e bambine diventano più grandi.
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