sabato 29 marzo 2014

Illusi. Da chi?



Episodio 2. L'illusione di Ponzo.

La ricostruzione della storia delle illusioni percettive dimostra come, da sempre, la scienza sia costellata di false attribuzioni.
Lo abbiamo visto nella storia della 'giovane/vecchia' che, pur risalendo alla fine del 1800, fu prima nota per molto tempo come figura di Hill, che l'aveva ridisegnata su una rivista satirica nel 1915, e più tardi, per qualche tempo, come figura di Boring, che la pubblicò per la prima volta su una rivista di psicologia americana nel 1930.

L'illusione di Ponzo è attribuita a Mario Ponzo, uno dei fondatori della psicologia sperimentale italiana. Ponzo, dopo aver conseguito la libera docenza nel 1911 a Torino, dove iniziò gli studi sulla percezione, ottenne nel 1931 la cattedra di Psicologia Sperimentale nella Facoltà di Medicina della Reale Università di Roma e divenne direttore dell'Istituto di Psicologia Sperimentale. In quell'Istituto condusse le sue ricerche Renata Calabresi, dagli inizi degli anni 1930, dopo avere lasciato il primo laboratorio di psicologia sperimentale fondato a Firenze nel 1904. La cattedra di Ponzo fu l'unica cattedra di Psicologia a non andare estinta per i disastrosi effetti del fascismo, dell'antisemitismo e delle avversioni di Croce e Gentile sulla psicologia italiana.

Nell'illusione cosiddetta di Ponzo due segmenti orizzontali (nell'esempio i due rettangoli) di uguale lunghezza appaiono diversi se posti nelle posizioni interna ed esterna di due linee convergenti.
 


Nell'articolo del 1912 Ponzo rielaborò - citandola - la figura pubblicata da Sanford nel 1898, per spiegare l'illusione della luna. 

Figura di Sanford 1900 (a destra) e riprodotta da Ponzo
nel 1912 (a sinistra). Il cerchio situato nella parte interna
dell’angolo appare più grande.
Il diverso effetto di lunghezza percettiva di due segmenti posizionati tra due linee convergenti era stato già descritto da Thiéry nel 1895.
     Figura di Thiéry (1895) e Figura di Sanford (1898).
In un successivo articolo del 1928 Ponzo utilizzò diverse illusioni percettive per dimostrare le illusioni di numerosità: i punti appaiono più numerosi nella posizione in cui si verifica l'illusione di lunghezza. 

Nelle illusioni rivisitate da Ponzo si percepiscono più
puntini nella porzione in cui si verifica l'illusione di
lunghezza.

Questa versione della figura (l'angolo a destra) è più simile a quella comunemente nota ma è molto più interessante per l'effetto dell'illusione sul numero dei puntini e non sulla lunghezza dei segmenti: “crea dei punti là dove non ci sono”.

Come commenta Vicario (2011):
la figura di Ponzo è realmente strabiliante, ma per un motivo diverso da quello di una semplice differenza percettiva tra linee. Gli è che un ipotetico “influsso” esercitato dalla convergenza dei lati dell’angolo non modifica la lunghezza di altre linee interne, come accade in qualsiasi comune illusione ottico-geometrica, ma modifica il numero dei punti presenti sulla linea, cioè una caratteristica eterogenea alla lunghezza.

Tornando all'illusione di lunghezza, secondo l'interpretazione di Sanford, l’incremento percettivo di grandezza era dovuto alla sola vicinanza di indizi prospettici.
Per Vicario (2011) vi sarebbe una spiegazione alternativa in un fenomeno di contrasto: “ciò che sta vicino a qualcosa di piccolo appare più grande e ciò che sta vicino a qualcosa di grande appare più piccolo”.
Nella figura cosiddetta di Ponzo il punto di convergenza delle linee rappresenta il piccolo – qui il segmento appare più grande – e la maggiore distanza tra linee rappresenta il grande – qui il segmento appare più piccolo.

Ma qual è la spiegazione di Ponzo all'illusione della luna? 


La luna o il sole si vedono più grandi all’orizzonte perché si trovano nell’angolo formato dalla volta celeste (ZH) e dalla superficie terreste che va verso l'orizzonte (AH), raffigurato attraverso l'originaria figura di Sanford.

Per neutralizzare l'illusione possiamo guardare la luna attraverso un piccolo tubo, in tal modo non avremo gli indizi prospettici ad ingannarci.



- Giovanni Bruno Vicario (2011). Illusioni ottico-geometriche. Una rassegna di problemi. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti ,Venezia.
- Mario Ponzo (1912). Rapporto fra alcune illusioni visive e l’apprezzamento di grandezza degli astri all’orizzonte. Rivista di Psicologia, 8, 4, 304-306.
- Mario Ponzo (1929). Illusioni negli apprezzamenti di collettività. Archivio italiano di Psicologia, 7, 1-37.

domenica 23 marzo 2014

Illusi. Da chi?


Episodio 1. La giovane-vecchia.

La prima raffigurazione della famosa illusione visiva derivante dall'immagine reversibile 'giovane/vecchia' non si trova in una pubblicazione di psicologia ma su una cartolina tedesca del 1888. 


Nel 1890 è riprodotta su una stampa pubblicitaria con la didascalia: “ Vedete mia moglie, ma dov'è mia suocera?”. La stampa fu utilizzata dalla Anchor Buggy Company, la maggiore produttrice di carrozze degli Stati Uniti. L'azienda, che dal 1911 avrebbe iniziato a costruire automobili, si trovava a Cincinnati, in quegli anni centro principale per la produzione di veicoli.


L'autore non fu quindi il disegnatore britannico William Ely Hill, che ne pubblicò una sua versione nel 1915 dal titolo “Mia moglie e mia suocera” sulla rivista satirica americana Puck.


Successivamente la figura fu riprodotta in altre versioni. 

A partire dalla pubblicazione di Edwin Boring nel 1930 (A New Ambiguous Figure, American Journal of Psychology, 42, 444) divenne nota agli psicologi e fu anche identificata come Figura di Boring. 
Boring e successivamente Leeper (1935) la utilizzarono nelle loro ricerche sull'apprendimento percettivo. 
 
Nel 1961 Jack Botwinick ne creò una versione complementare “Marito e suocero”, pubblicata sull'American Journal of Psychology.
In 1930 Boring introduced W.E. Hill's reversible figure “my wife and my mother-in-law” to psychologists. This figure has since appeared in a variety of textbooks, and it has been used in numerous experimental studies. [...] A new figure with masculin motif, "husband and father-in-law", which complements Hill's, "wife and mother-in-law", is shown in Fig.1.

Botwinick fa riferimento alla 'figura di Hill' e introduce la sua nuova figura reversibile, con lo scopo di meglio bilanciare le due percezioni reversibili. In base ai dati precedenti, si evidenziava una maggiore percentuale di percezioni della moglie, nel 65% dei soggetti di Leeper e nel 78% dei soggetti - tutti uomini - dello stesso Botwinick (97% se anziani!). 
Con la nuova figura, il 48% delle donne e il 47% degli uomini percepiva il marito, gli altri il suocero, dimostrando difatti un bilanciamento della probabilità di risposta.

In realtà, le probabilità di percepire moglie/marito o suocera/suocero cambiano in funzione di diverse variabili del campione di soggetti selezionati, prima fra tutte l'esperienza con altre figure ambigue.

Non ne ricaveremo indicazioni sulla nostra personalità o sulla nostra propensione a gioventù/vecchiaia ma potremo continuare a giocare con la percezione visiva.

Se avete problemi con la reversibilità, mirate al collo (giovane) o alla bocca (vecchia/o)!

sabato 15 marzo 2014

Piloti per passione ...e anticipazione!


El mundo del motor se mete en las venas por pasión, con una historia de amor detrás, y no como una telenovela de glamour y lujo perecedero.

María de Villota

In queste ultime settimane che hanno preceduto l'avvio del Campionato 2014 di Formula 1 si sono moltiplicate le descrizioni dei dettagli e delle specifiche tecniche delle macchine e dei motori e poco spazio è stato dedicato alle caratteristiche dei piloti e alle nuove condizioni che sperimenteranno.
I piloti sono degli atleti, anche se fuori dalla macchina non ne è visibile la grande prestazione.
E con la rivoluzione tecnologica nel mondo dei motori, hanno raggiunto le grandi abilità fisiche e cognitive necessarie per guidare la monoposto sui diversi circuiti e nelle diverse condizioni di illuminazione, per gestire i molteplici comandi nell'abitacolo, per monitorare il tracciato e la traiettoria, per sfidare gli avversari e tenersi in sicurezza, per comunicare con il muretto e ricevere aggiornamenti.

Le abilità fisiche dei piloti sono fondamentali per tenere sotto controllo e resistere ai cambiamenti repentini dei fattori fisiologici.
La frequenza cardiaca arriva a superare i 170 battiti al minuto e varia rapidamente nelle diverse fasi della gara e in ogni giro, in funzione dell'accelerazione, della frenata, delle curve e dei sorpassi.
La forza muscolare è essenziale per contrastare le continue sollecitazioni all'interno della macchina e per potere azionare i comandi e i pedali.
La temperatura corporea si alza e può raggiungere i 39°C a fine gara.
Il corpo del pilota deve resistere alle accelerazioni G verticali e laterali, sperimentate nelle diverse condizioni. David Coulthard nel 2008 spiegò così: “La parte superiore del corpo deve essere abbastanza forte da sopportare lo stress di 5 G e quando si frena alla fine del rettilineo si sente come una martellata nella schiena”.
Per una revisione degli studi finora effettuati su questi aspetti, si può leggere l'articolo di Potkanowicz e Mendel pubblicato nel 2013 su Sports Medicine.

Oggi sono i social network che ci fanno scoprire quanto sia intenso e multidisciplinare l'allenamento dei piloti di Formula 1. Se seguite Fernando Alonso, Jenson Button e le promesse Susie Wolff e Simona De Silvestro potrete farvi un'idea. 
Lo descrive María de Villota nel libro 'La vida es un regalo', la storia della sua meravigliosa e tragica avventura.

Le abilità cognitive al pari di quelle fisiche sono fondamentali per gestire la molteplicità di stimoli esterni e interni.
I ricercatori Land e Tatler nel 2001 condussero uno studio sulla strategia visiva del pilota di Formula 3, Tomas Scheckter, durante le prove al circuito Mallory Park nelle vicinanze di Leicester, in Regno Unito.
Con un sistema sofisticato di videocamere registrarono i movimenti oculari per determinare le coordinate della direzione dello sguardo rispetto alla testa. Contrariamente ai movimenti verticali la cui registrazione era alterata dalla vibrazione, i movimenti orizzontali erano stabili. Oltre ai movimenti oculari, i ricercatori registrarono i movimenti della testa e la rotazione della parte anteriore della macchina.

I risultati dimostrarono che nelle curve il pilota anticipava di circa 1 secondo la rotazione della macchina, con un movimento direzionale della testa. 


 
L'interpretazione degli autori è che l'orientamento dello sguardo e della testa di un pilota in condizioni di gara non sia guidato dalle posizioni esterne all'abitacolo, come avviene nella guida normale, ma dalle conoscenze precedenti relative al tracciato, come avviene per il controllo dello sterzo e della velocità.
Questi movimenti rappresentano, quindi, un sistema di anticipazione visiva della traiettoria.
Se tali aspettative sono soddisfatte, allora la traiettoria è corretta; se ci sono discrepanze, allora è necessario modificare la traiettoria e il tempo a disposizione di 1 secondo, lo permette.
Il pilota non ha consapevolezza di questa dissociazione, che si può ipotizzare si stabilisca gradualmente e di pari passo con l'apprendimento delle caratteristiche di un circuito. Una  volta memorizzate, su tali caratteristiche possono agire, in anticipo, i processi automatici di guida.

Come raccontava Ayrton Senna a Denis Jenkinson:
Then it's all perception. The anticipation becomes part of it, like instinct, pure instinct in the right way.




Potkanowicz ES e Mendel RW. The Case for Driver Science in Motorsport: A Review and Recommendations. Sports Med 2013, 43:565–574

Land MF e Tatler BW. Steering with the head: The visual strategy of a racing driver. Current Biology 2001, 11:1215–1220

sabato 1 marzo 2014

Mi sono, per così dire, persa.



This is my story. This is how pieces of a life were lost. These are the pieces of a life recalled.


Auguste Deter nacque il 16 maggio 1850. Deter era il cognome acquisito dal marito, Karl Deter, sposato nel 1873. Dal loro matrimonio nacque una figlia. Sul finire degli anni 1890, a poco più di 40 anni, Auguste iniziò a manifestare problemi di memoria e disturbi del comportamento, che non aveva mai mostrato prima. Il 18 marzo del 1901, secondo il racconto del marito, Auguste all'improvviso lo accusò di essere uscito con una vicina e per i giorni successivi manifestò irritazione nei confronti di entrambi.
Karl lavorava nelle ferrovie e non era in grado di prendersi cura di Auguste. Decise così di trasferirla in un istituto per malattie mentali. Il 25 novembre del 1901 l'accolse la Clinica Psichiatrica Irrenanstalt di Francoforte sul Meno, dove lavorava Alois Alzheimer, assieme a un valido gruppo di ricercatori tra i quali gli italiani Gaetano Perusini e Francesco Bonfiglio.
Durante la permanenza all'istituto venne sottoposta regolarmente a esame clinico e a trattamenti di sedazione, senza il ricorso a contenzioni. Tutto fu minuziosamente annotato nella sua cartella clinica.

La cartella clinica di Auguste D. 26 novembre 1901


Come si chiama?”
Auguste”
Cognome?”
Auguste”
Come si chiama suo marito?”
Credo Auguste”
Suo marito?”
Ah, mio marito...”
È sposata?”
Con Auguste”

Queste stesse parole si ritrovano nell'opera corale Alzheimer's Stories, composta da Robert Cohen su libretto di Herschel Garfein.


Il clinico comprese la peculiarità di un tale tipo di comportamento e continuò a esaminarla nei giorni successivi.

Scriva ‘Signora Auguste D.”
Lei scrive “Signora”, e intanto ha dimenticato il resto. Se le si dice ogni singola parola, lei le scrive. Invece di «Auguste» scrive “Augusa”.
Nello scrivere dice ripetutamente: «Mi sono, per così dire, persa».

Alzheimer definisce il suo comportamento “disturbo amnestico di scrittura”.
Il suo colloquio clinico ricorda l'esame che si effettua, oggi in modo standardizzato, per rilevare il declino cognitivo.

In che anno stiamo?”
Mille ottocento...”
Che mese?”
Secondo mese”
"Durante il ricovero i suoi gesti mostravano una completa incapacità. Era disorientata nel tempo e nello spazio. Ogni tanto diceva che non capiva niente, che si sentiva confusa e totalmente persa. […] Nelle sue conversazioni usava spesso frasi confuse, singole espressioni parafasiche (come 'lattiera' invece che 'tazza'), a volte smetteva del tutto di parlare. [...] La regressione mentale avanzava costantemente. La paziente morì dopo quattro anni e mezzo di malattia. Nell'ultimo periodo era completamente apatica e restò confinata a letto in posizione fetale, era incontinente e sebbene ricevesse cure e attenzioni soffrì di decubito." (In A. Alzheimer, Über eine eigenartige Erkrankung der Hirnrinde, in «Zeitschrift für Psychiatrie und psychisch-gerichtliche Medizin», 1907)
Morì l'8 aprile del 1906

Alzheimer reputò il caso di Auguste Deter di rilevanza scientifica e lo presentò al Congresso della Società di Psichiatria a Tubinga nel 1907. Fu accolto con freddezza e il presidente commentò: 'Signor collega Alzheimer, allora la ringrazio per la sua esposizione, evidentemente non c'è bisogno di discussione.”

Il 1 marzo del 1903 Alzheimer aveva lasciato la Clinica di Francoforte per trasferirsi per qualche mese ad Heidelberg, dove già si trovava il collega Franz Nissl e successivamente a Monaco, nella Clinica di Emil Kraepelin.

Il suo lavoro a Francoforte fu continuato da un valido collaboratore, Gaetano Perusini.
Perusini continuò a studiare Auguste e altri pazienti che presentavano analoghe manifestazioni cliniche. E omogeneo era anche il quadro neuropatologico, caratterizzato da atrofia corticale, depositi di “un prodotto metabolico patologico” nelle placche e degenerazione neurofibrillare.
Nel 1910 descrisse le caratteristiche cliniche e neuropatologiche di Auguste e di altri tre casi (B.A., Sch.,L., R. M.) in un articolo pubblicato sulla rivista curata da Nissl e Alzheimer (Ueber klinisch und histologisch eigenartige psychisce Erkrankung das spaeteren Lebenshalters), corredato di disegni e tavole.
Su sollecitazione del Dottor Alzheimer ho esaminato i quattro casi seguenti caratterizzati da segni comuni sia clinici che specificatamente anatomopatologici. Qui discuto individualmente ogni caso: la sua storia fisica e la descrizione delle scoperte fatte al microscopio. Tenterò di accertare quale significato possa essere attribuito alle scoperte istologiche (che in molti aspetti sono interessanti) e dove si possano porre questi casi clinici all'interno di una relazione clinica e anatomopatologica.”
Il caso di Auguste è nella serie di Perusini ma non in quella di Fauller, pubblicata nel 1907. Solomon Carter Fauller era tra i cinque ricercatori stranieri selezionati nel 1904 da Alzheimer per il suo laboratorio clinico e sperimentale. Era uno psichiatra afro-americano, nato in Liberia nel 1872 ed era il nipote di uno schiavo americano che aveva comprato la libertà ed era emigrato in Africa. A Fauller si deve la prima pubblicazione in inglese, nel 1907, dei casi studiati da Alzheimer e dal suo gruppo, assieme ad altri casi eterogenei. A Perusini la prima pubblicazione omogenea ed esaustiva, che includeva il caso di Auguste.

Fu Emil Kraepelin a introdurre il termine malattia di Alzheimer (Alzheimerische Krankeheit) nel 1910, alla pagina 627 dell'ottava edizione del suo trattato di Psichiatria.

E tale è rimasta la denominazione, nonostante il contributo fondamentale di Gaetano Perusini. Tornato in Italia nel 1911, continuò le sue ricerche, conseguì la libera docenza in clinica delle malattie nervose e mentali e nel 1913 divenne assistente nell'ospedale psichiatrico di Mombello. Arruolatosi volontario nella I Guerra Mondiale, morì l'8 dicembre 1915 per le conseguenze dell'esplosione di una granata.
Alois Alzheimer morirà 11 giorni dopo.
This is my story. This is how pieces of a life were lost. These are the pieces of a life recalled.
A febbraio del 2013, in un articolo pubblicato su The Lancet Neurology, Ulrich Müller, Pia Winter e Manuel B. Graeber hanno dimostrato definitivamente la validità delle pioneristiche ricerche di Alois Alzheimer, di Gaetano Perusini e del gruppo di Francoforte. 
Una storia straordinaria: prima - nel 1995 - Konrad Maurer, Stephan Volk e Hector Gerbaldo ritrovarono le cartelle cliniche di Auguste Deter, poi - nel 1997 - furono avventurosamente ritrovati, nell'Università di Monaco, i vetrini con i campioni di tessuto cerebrale. I risultati delle analisi neuropatologiche sono stati pubblicati da Graeber e collaboratori nel 1998.
Neuropathological reanalysis confirmed the original diagnosis. Her APOE genotype was ɛ3/ɛ3. The early disease onset and the absence of the genetic risk allele ɛ4 suggested that she might have had an autosomal dominant form of the disorder. This notion also fitted with her aggressive histopathology—characterised by an abundance of cortical tangles in addition to numerous amyloid plaques.
Quello che restava da capire era dunque la causa di un esordio così precoce e di una tale aggressività del quadro istopatologico. E l'anno scorso la risposta è stata trovata nella mutazione in un gene, la presenilina 1, che codifica per la proteina precursore della formazione delle placche di amiloide.
Because mutations in PSEN1 are the most common cause of autosomal dominant Alzheimer's disease, we analysed PSEN1 in DNA extracted from a histological section of Auguste Deter's brain. In exon 6 we found a T→C substitution at position 526 (c.526T→C). This change is predicted to result in a Phe176Leu aminoacid substitution in the protein. Exon 6 mainly codes for the third transmembrane domain of presenilin 1.
Il progresso tecnologico, le nuove sofisticate tecniche di analisi istopatologica e genetica, la passione di alcuni scienziati hanno quindi dato l'opportunità di confermare a 100 anni di distanza il lavoro pioneristico di quei clinici-scienziati, guidati da Alois Alzheimer. Essi colsero la particolarità dei disturbi cognitivi e comportamentali manifestati da Auguste Deter, li annotarono minuziosamente e con grande abilità ne analizzarono il tessuto corticale con le tecniche più innovative per l'epoca. In tal modo, dimostrarono la complementarietà dell'esame psicologico clinico e dell'indagine neuropatologica nello studio delle malattie psichiatriche, superando i vincoli delle due opposte scuole, quella organicista e quella psicoanalitica.

This is my story. This is how pieces of a life were lost. These are the pieces of a life recalled.
This is my story. Love and compassion repair every loss, one by one, time and again.
Find those you love in the dark and light.

Help them through the days and nights.

Keep faith. They sense what they cannot show.

Love and music are the last things to go. Sing anything.

Sing.



Konrad Maurer, Stephan Volk, Hector Gerbaldo (1997). Auguste D. and Alzheimer’s disease. Lancet 349: 1546- 49

Konrad Maurer, Ulrike Maurer. Alzheimer, La vita di un medico la carriera di una malattia, Manifestolibri, Roma, 1999

Matteo Borri, Storia della malattia di Alzheimer, Il Mulino, Bologna, 2012