lunedì 6 luglio 2015

Gli scienziati tacciono e gli attivisti urlano: la sperimentazione animale e la tattica della paura.

C'è un appello che si ripete regolarmente, che regolarmente rimane inascoltato: la chiamata agli scienziati affinché informino i cittadini e i politici sull'importanza della sperimentazione animale per la ricerca di base e clinica.
Ad ogni appello segue un breve risveglio, una discussione interna, un pugno sul tavolo e poi ciascuno torna alle proprie attività accademiche.
Si dà così la vittoria alla paura di esporsi e alle credenze di quanti disinformano sull'inutilità della sperimentazione animale.

La disinformazione persegue interessi personali ed economici e sfrutta la risposta emotiva dei cittadini alle campagne shock abilmente pianificate.

Era del 1991 l'appello di David Hubel, neurofisiologo e Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 1981, dal titolo Are we willing to fight for our research? (1).
Hubel, alle cui ricerche con i gatti si devono fondamentali scoperte sul funzionamento del nostro sistema visivo, ammoniva gli scienziati a rispondere sempre e a voce alta agli attacchi provenienti dai gruppi animalisti radicali, contro la pericolosa scelta di rimanere in silenzio. In tal modo, si sarebbero convalidate le affermazioni più estremiste.
Chi altri può spiegare e informare se non gli scienziati stessi?
If we who are doing the research are not willing to speak up for it, who will? I believe that the very fact that we have kept silent unless directly attacked has "sent a message" (as they would say in Washington) that we give in to the points that we know so well to be false-that animals have contributed nothing to medical research, that we can do it all with computers, that our animals suffer terribly, and so forth. We will have to begin to contest statements such as these in a loud, clear voice. Silence as a strategy has not served us well. Our silence is all the more ironic because our arguments are compelling and our audience is mostly reasonable and prepared to listen.
Il ruolo degli scienziati è anche quello di chiarire che non è possibile fare a meno della sperimentazione animale e che ogni Paese ha dei regolamenti molto rigidi da seguire per i ricercatori coinvolti e nei laboratori dedicati.
Lo scopo degli scienziati non è di infliggere sofferenze agli animali.
We should make clear in our discussions that we do not like killing animals, or inflicting pain or suffering, and that we support the attempts to minimize suffering, though recognizing that its complete elimination may not always be possible. Most people have no idea that there are strict regulations and guidelines on animal use, at local, state, and federal levels, and that we support these regulations. We have to admit that not all scientists are saints, and that research animals are on some rare occasions subject to cruelty, just as pets and children are. But such cruelty is rare.
Nella comunicazione, bisogna stare anche attenti a non essere ipocriti: per le neuroscienze la sperimentazione animale è stata e continua ad essere fondamentale allo scopo di conoscere l'organizzazione del nostro cervello e di scoprirne i meccanismi di funzionamento. Le ricerche di Hubel lo dimostrano, come pure le ricerche di Sperry, che ne condivise il Nobel per le scoperte sulla specializzazione degli emisferi cerebrali, iniziate sugli animali e poi continuate nell'uomo. 
 
Appigliarsi sempre al fatto che ogni esperimento permetterà di curare gravi malattie degenerative non corrisponde alla realtà e diventa una giustificazione non richiesta.
If we can spend two billion dollars on the Hubble space telescope to help us understand the universe (and I fully support that venture), we can certainly spend that kind of money and use some animals to help us understand the most complex machine in the known universe, the mammalian brain. Can any reasonable person doubt that understanding the brain will help us understand learning and hence education, emotions, aggression-in fact all human interactions? To justify our work entirely in a framework of disease restricts us needlessly, and also is hypocritical given that many of us (I include myself) are driven as much by scientific curiosity as we are by immediately practical applications in prevention and cure of disease.
Hubel fa un breve riferimento al caso che costò il lavoro a Edward Taub, psicologo comportamentista americano che, con i suoi esperimenti sulle scimmie prima e poi con gli studi clinici nelle persone colpite da ictus, ha rivoluzionato la riabilitazione neurologica e dimostrato gli effetti della neuroplasticità del cervello.

Edward Taub, nato nel 1931, aveva iniziato il suo lavoro di ricerca durante gli studi universitari alla Columbia. Lo continuò - non senza difficoltà per le aperte ostilità e gli accesi attacchi da parte della comunità scientifica - durante il dottorato all'Università di New York, conducendo studi sperimentali sulle scimmie alle quali veniva prodotta chirurgicamente una lesione dei nervi spinali per interrompere le vie sensoriali che innervavano un arto superiore. Tale tecnica di deafferentazione delle vie sensitive e/o motorie era basata sui fondamentali lavori di Charles Sherrington che ne derivò la sua teoria dei riflessi, dominante in campo neurologico per buona parte del secolo scorso.

Dopo la lesione, la scimmia non usava più l'arto superiore deafferentato.
Taub e i suoi collaboratori sperimentarono allora due tecniche di riabilitazione motoria: l'allenamento dell'arto deafferentato e la contenzione dell'arto sano, in modo che la scimmia fosse 'costretta' ad usare l'arto leso.

I miglioramenti ottenuti dimostrarono a livello teorico l'implausibilità della teoria riflessologica di Sherrington: i riflessi spinali non costituivano le fondamenta del comportamento. Erano gli sviluppi delle neuroscienze: i movimenti non dipendevano dai nervi del midollo spinale ma dal cervello.
La teoria alternativa avanzata da Taub era invece che il non uso dell'arto deafferentato dipendesse da un processo di apprendimento – learned nonuse – che portava a una graduale soppressione dei movimenti in quell'arto dopo la lesione.
La riabilitazione motoria risultò efficace perché in grado di interrompere l'apprendimento al disuso.
Tali esperimenti avevano quindi lo scopo di simulare negli animali quello che avviene nell'uomo a seguito di un ictus cerebrale, che causa una paralisi nel lato del corpo opposto all'emisfero del cervello danneggiato.

La differenza tra le due tecniche riabilitative utilizzate era nei risultati: mentre l'allenamento dell'arto deafferentato portava a benefici che però erano limitati a quei movimenti e a quelle azioni che erano stati allenati, con la costrizione dell'arto sano si determinava una generalizzazione dei benefici anche ad altri movimenti e azioni che non erano stati esercitati. Tali risultati hanno ormai ricevuto un'ampia dimostrazione scientifica e clinica nell'uomo, raggiungendo obiettivi riabilitativi impensabili. Attualmente le tecniche della Constraint-Induced Therapy sono le più efficaci, nell'adulto e nel bambino e non si limitano all'ambito motorio, sono state applicate anche al linguaggio e alla percezione. Dedicherò alle specificità della tecnica e ai risultati ottenuti un prossimo post.


Nel maggio del 1981 Edward Taub lavorava all'Istituto di Scienze Comportamentali di Silver Spring, quando arrivò nel suo laboratorio - finanziato dal National Institutes of Health (NIH) - Alex Pacheco, per proporsi come collaboratore volontario. Pacheco era uno studente universitario di scienze politiche alla George Washington University e, soprattutto, era uno dei fondatori assieme a Ingrid Newkirk di PETA (People for the Ethical Treatment of Animals), l'associazione animalista che nelle ultime settimane stava organizzando numerose proteste proprio davanti alla vicina sede del National Institutes of Health.

Pacheco, si offrì di rimanere in laboratorio anche di notte e approfittando di una vacanza di Taub, ebbe modo di scattare numerose fotografie ai macachi in cattività, cercando di far emergere – e creare artificiosamente ove non ci fossero – le prove di maltrattamenti e crudeltà.
A settembre dello stesso anno Pacheco denunciò Taub, che fu arrestato e rinviato a giudizio con gravi accuse. Era la prima volta che i poliziotti piombavano in un laboratorio scientifico per arrestare uno scienziato, accusandolo di maltrattamenti su ciascuno dei 17 macachi custoditi: Chester, Paul, Billy, Hard Times, Domitian, Nero, Titus, Big Boy, Augustus, Allen, Montaigne, Sisyphus, Charlie, Brooks, Hayden, Adidas e Sarah.

Il caso fu riportato con grande clamore sui mezzi di comunicazione, furono diffuse le foto e le descrizioni delle condizioni di pulizia e contenzione.

Gli iscritti a PETA passarano dalle poche decine del 1980 agli oltre 400.000 degli anni '90.

I macachi furono sequestrati e cominciò per loro una lunga avventura tra scomparse, trasferimenti e processi, durata una decina d'anni. Alla fine tornarono in custodia al NIH e, prima dell'eutanasia, per alcuni di essi fu autorizzata una registrazione dell'attività elettrica con elettrodi di profondità impiantati in alcune regioni del cervello, che rivelò una sorprendente riorganizzazione della corteccia sensoriale.
Era l'inizio – reso tragico - della storia della neuroplasticità.

Taub fu licenziato, perse i fondi di ricerca, fu abbandonato e denigrato dalla comunità scientifica e gli fu imposto il divieto giudiziario di condurre altre ricerche.

Processo dopo processo fu gradualmente prosciolto da tutti i capi d'accusa.

Solo quando Taub fu definitivamente assolto, 67 associazioni professionali statunitensi si schierarono a suo favore rivolgendosi al National Institute of Health, che ritornò sulla propria decisone di non finanziarlo ulteriormente, in quanto non vi erano più prove delle accuse all'origine del caso (2).

Nel 1986, tra le accese proteste degli animalisti, Taub riprese a lavorare all'Università di Alabama a Birmingham, dove ebbe l'opportunità di continuare gli studi sulla Constraint-Induced Therapy nei pazienti colpiti da ictus. La rivoluzione nella riabilitazione neurologica - con 10 anni di ritardo, aggressioni e resistenze – ebbe inizio.

Edward Taub continua il suo lavoro, ha prodotto corpose prove scientifiche e stimolato la ricerca di base e clinica per quello che la Società di Neuroscienze statunitense ha annoverato tra i 10 traguardi raggiunti dalle neuroscienze traslazionali nel XX secolo.


Come ha scritto nel 2002 Mark Matfield in Animal experimentation: the continuing debate (3), le prime discussioni pubbliche sulla sperimentazione animale risalgono alla fine del 1800, furono sospese sia in Europa che negli Stati Uniti durante la Prima Guerra Mondiale e ripresero dopo il 1970, con le attività delle associazioni animaliste rivolte a promuovere nuove normative.

Ne sono risultati nuovi e rigidi regolamenti che hanno permesso di superare i precedenti standard utilizzati nei laboratori di ricerca animale.
Spesso l'esistenza di tali regolamenti è ignorata dai cittadini, anche per la responsabilità degli scienziati stessi.

Come già Hubel nel 1991, Matfield nel 2002 critica il ruolo passivo degli scienziati ed esorta a prendere l'iniziativa.
For more than a century, the scientific community has had a passive role in the public and political debate about animal experimentation. We have responded when criticized and complied when regulated. This passive, reactive role has always left us at a disadvantage, allowing the antivivisection movement to control the debate. Surely, the time has come for us to take some of the initiative and seek to influence the way in which this debate develops in the future. Instead of being cast as ‘the bad guys’ because we experiment on animals, scientists should be seen as people who seek to improve the well being of both humans and animals.
Le organizzazioni animaliste possono essere collocate lungo un continuum che vede a un estremo i gruppi che vigilano e collaborano con gli scienziati affinché siano rispettati i regolamenti esistenti o si migliorino, mentre all'altro estremo si trovano i gruppi che agiscono attraverso intimidazioni, vere e proprie aggressioni e danni materiali ai laboratori di ricerca.

Le prime sono state preziose per raggiungere le normative attuali, le ultime continuano a fare danni e a seminare paura.

L'ultimo caso è dello scorso 30 aprile: Nikos Logothetis - direttore del Reparto di fisiologia dei processi cognitivi del Max Planck Institut für biologische Kybernetik di Tubingen - ha dichiarato che, dopo aver concluso le ricerche in corso e già finanziate, non condurrà ulteriori esperimenti sui primati non umani.

Il Max Planck, nel suo parere sulla decisione di Logothetis, si difende dalle accuse che da alcuni mesi vedono l'Istituto al centro di una campagna intimidatoria condotta da alcuni gruppi animalisti che diffondono foto manipolate e false informazioni sulle scimmie in cattività. Inoltre, sottolinea i danni che le aggressioni causano al lavoro e alla vita degli scienziati e ribadisce l'intenzione e l'importanza di continuare la sperimentazione in ambito neuroscientifico sui primati. 
In Germania, la maggior parte dei rappresentanti politici ha espresso solidarietà a Logothetis e al Max Planck.

E in Italia cosa accadrebbe in un caso simile?

E' del 5 maggio l'ultimo – unico - appello di Elena Cattaneo espresso in una lettera inviata al quotidiano La Repubblica: Perché la scienza non può rinunciare a sperimentare sugli animali:
Oggi il Senato si appresta a votare alcune mozioni sul benessere animale (giusto), dove la sperimentazione animale viene di fatto equiparata alle crudeltà (assurdo), laddove invece la sperimentazione animale ha come presupposto che gli animali non devono soffrire. Si dice che gli scienziati oggi possono usare un computer, che sarebbe più predittivo della reazione o dell'efficacia di un trattamento rispetto a un modello animale. Senza spiegare chi istruirà il computer con algoritmi (fantascientifici) tali da mimare le risposte biochimiche dell'organismo, dei suoi circuiti umorali, degli organi connessi, di ogni loro singola cellula, ciascuna con i suoi trentamila geni tradotti in centomila proteine funzionali. Non dicono come computer o cellule in un piattino di plastica possono farci capire le basi di malattie multisistemiche, l'attività dei farmaci per la depressione, per i disturbi del movimento o dell'alimentazione, l'insonnia, la Sma, la Sla, la sclerosi multipla, l'Huntington, l'Alzheimer, il diabete, etc.
Non ripetiamo la storia. Non lasciamola sola.


1. Hubel DH. Are we willing to fight for our research? Annu. Rev. Neurosci. 1991.



2. Doidge N. The brain that changed itself. Penguin Books 2008.



3. Matfield M. Animal experimentation: the continuing debate. Nature Rev. Drug Discovery, 2002 1:149-152.

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