Sull’ultimo numero del 2019 della rivista History
of Psychology, Yichen Rao, dottorando all’università di Hong Kong, ha
pubblicato un lungo articolo che descrive gli scenari del trattamento del disturbo
da dipendenza da internet in Cina.
L’autore, forte fruitore di videogiochi, nel 2014 ha
condotto, come antropologo in formazione, un lavoro sul campo di tre mesi in una
delle prime comunità di trattamento della dipendenza da internet a Pechino,
dove i primi trattamenti sono iniziati nel 2004. L’interesse dell’autore era
proprio dettato dal voler capire come altri giovani con i suoi stessi interessi
arrivassero alla comunità con una diagnosi psichiatrica.
Rao ricostruisce l’introduzione del termine ‘disturbo
da dipendenza da internet’, che si deve allo psichiatra statunitense Ivan
Goldberg nel 1995 ed era inteso a definire un abuso di tecnologia che ha un
impatto sulla vita quotidiana. Dopo alcuni tentativi di operazionalizzare la definizione
e di pari passo con gli avanzamenti tecnologici degli ultimi 20 anni, il
disturbo è diventato un contenitore per l’uso eccessivo di internet nelle più diverse
attività (email, chat, videogiochi, cyber-sex, gioco d’azzardo, …).
Nel 2013 nel DSM V, il Manuale Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali a cura dell'Associazione di Psichiatri
Americani, tra i disturbi da dipendenza patologica non da sostanze è stata
inserita la proposta di classificazione del disturbo da gioco su internet,
da sottoporre a studi clinici e sperimentali.
Nel 2019, nell’ICD 11, la classificazione
internazionale delle malattie pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità, è stato incluso il disturbo da gioco digitale o videogiochi
nella categoria dei disturbi dovuti all'uso di sostanze. Tale inclusione generato
un acceso dibattito tra scienziati e clinici perché al momento attuale non ci
sono sufficienti studi che possano definire i criteri del disturbo, le sue
manifestazioni e i suoi trattamenti.
Per un approfondimento sull’appropriatezza di dipendenza e uso problematico delle nuove tecnologie:
Rao fa una disamina delle spinte alla definizione
della dipendenza da internet rintracciabili nello specifico contesto storico,
sociale, culturale e sanitario cinese.
Riassumo di seguito alcuni aspetti principali dell’articolo.
In Cina, nessun manuale istituzionale riconosce il disturbo
da dipendenza da internet e, nonostante un paio di tentativi non riusciti
di definirne i criteri, nei documenti ufficiali o legali cinesi si fa riferimento
piuttosto a una “ossessione da internet” per descrivere i comportamenti di uso
eccessivo dei videogiochi online, mentre l’espressione disturbo da
dipendenza da internet è usata dai clinici e sui media. Quale che sia la
definizione, ci si riferisce a adolescenti che passano giorni e settimane agli internet
café. Questi sono preferiti dai ragazzi perché forniscono uno spazio libero
dalle pressioni quotidiane dell’ambiente familiare e scolastico.
Ne consegue un progressivo indebolimento del
controllo parentale che ha un impatto psicologico sul ragazzo e sulla famiglia,
altera le relazioni e porta al primo passo dell’ospedalizzazione,
indipendentemente dalla identificazione di una diagnosi.
In una situazione in cui la definizione diagnostica
di un disturbo non è ancora stata raggiunta dalla comunità scientifica e
clinica internazionale e ne è ancora discussa la validità, la Cina vanta già
oltre un decennio di trattamenti.
Rao riporta i dati di un’indagine nazionale del
2010 che stimava in 24 milioni di giovani la presenza di un disturbo da
dipendenza da internet, rendendolo quindi un problema di salute pubblica.
Durante le sue osservazioni, l’autore ha potuto
constatare che oltre che per un sospetto disturbo da dipendenza da internet
i giovani, per lo più adolescenti dai 14 ai 19 anni, venivano inviati alla comunità
anche per disturbi dell’umore e della condotta, oppure per il rifiuto ad andare
a scuola o per ribellione alla famiglia. In sostanza, scrive Rao, nella
comunità si trovavano quei giovani con problemi comportamentali che la famiglia
non era in grado di affrontare e per i quali né gli specialisti né gli
insegnanti si erano rivelati utili.
Secondo il parere di educatori e psicologi, gli
adolescenti usano internet per fuggire dalla realtà e alleviare l’ansia
trasmessa dalla famiglia. La famiglia a sua volta riferisce di essere sotto
pressione per le richieste della società. Data l’elevata competitività della
società cinese, se non spingono i loro figli alle migliori prestazioni,
ricevono pressioni sia dagli altri genitori sia dagli insegnanti che commentano
pubblicamente lo scarso rendimento scolastico dei ragazzi, umiliandoli in
pubblico. A loro volta gli insegnanti devono contribuire al prestigio e sono ritenuti
responsabili delle prestazioni positive della propria scuola.
Rao ha potuto constatare che, prima di arrivare
alla comunità, molti genitori non erano preoccupati per la dipendenza da
internet del proprio figlio ma si sentivano umiliati e stressati per aver
cresciuto un figlio disobbediente.
Il fenomeno si stava trasformando in un problema di
controllo sociale.
Negli anni 2000 in risposta alle proteste pubbliche
per l’eccessiva dipendenza da internet, il governo cinese ha lanciato un
sistema che di blocco del gioco online dopo le 3 ore al giorno e ha vietato l’ingresso
agli internet café ai minori di 18 anni. La prima revisione del 2006 della Legge
sulla protezione dei minori ha incluso nuove regole che richiedono alla
famiglia di monitorare il comportamento online dei minorenni. L’ossessione
da internet viene paragonata per la prima volta a altri disturbi comportamentali
considerati pericolosi per la salute fisica e mentale dei ragazzi, come “il
fumo, l’uso eccessivo di alcol, il vagabondaggio, il gioco d’azzardo, l’abuso
di droghe e la prostituzione”. Tuttavia, la legge è stata scarsamente applicata
sia dai ragazzi che trovavano i modi di sfuggire ai blocchi di internet sia dai
genitori che non riuscivano a impedire ai loro figli di frequentare gli
internet café.
Nel 2008 Tao e collaboratori hanno proposto i primi criteri
diagnostici cinesi per il disturbo da dipendenza da internet basati
sulle osservazioni cliniche, che comprendevano “uso cronico e ripetitivo di
internet non finalizzato al lavoro o allo studio, forte desiderio o impulso d’uso
di internet, sintomi di ritiro, mancanza di controllo e restrizione di altri
interessi e attività sociali”. Ai fini della diagnosi, tali sintomi devono
persistere per oltre tre mesi oppure si riscontra un uso quotidiano superiore a
6 ore. In realtà, le famiglie tendono a richiedere un intervento solo quando i
figli non frequentano la scuola o restano fuori casa a lungo. Sta di fatto che,
attualmente, il Ministero della sanità cinese non ha ufficialmente riconosciuto
il disturbo da dipendenza da internet.
Non essendoci un consenso di esperti sulla
diagnosi, gli specialisti hanno sviluppato i loro propri interventi. C’è chi ha
proposto interventi psicosociali e educativi e anche chi raccomanda l’ospedalizzazione
nei propri centri specializzati per la dipendenza da internet, per avviare
tempestivamente il trattamento farmacologico e la terapia comportamentale. Tra
questi ultimi, il più famoso è lo psichiatra Tao Ran, direttore del Centro medico per le
dipendenze dell’ospedale militare di Pechino e colonnello dell’esercito
popolare di liberazione. Tao Ran ha fondato nel 2004 la prima comunità per la
dipendenza da internet, applicando un programma di trattamenti residenziali che
vanno dalla scuola, alla consulenza psicologica e medica, alle esercitazioni
militari. I programmi di addestramento militare sono considerati come una
valida opportunità per coltivare disciplina, forza, rispetto, integrità,
dignità morale e spirito di gruppo. Proprio perché forniscono un’univoca soluzione
per scuole, governi e aziende, questi centri sono diventati un affare commerciale.
Nella base di Tao Ran, dove Rao ha condotto le sue osservazioni, il
lavoro è suddiviso tra sei unità: l’unità di psicoterapeuti; l’unità di istruttori,
formate prevalentemente da militari in pensione con ruolo di supervisione alle
attività dei ragazzi e di conduzione del training comportamentale, e che
assicurano che i ragazzi non scappino e non abbiano comportamenti violenti; la
terza unità comprende clinici esperti che controllano la salute dei ragazzi e
se necessario intraprendono terapie farmacologiche; la quarta unità è di assistenza
infermieristica e si occupa dell’igiene e delle condizioni di vita quotidiana; la
quinta unità è costituita dal gruppo di attività ricreative; la sesta e ultima
unità è il gruppo dei genitori. Ai genitori viene chiesto di restare nella
comunità per crescere assieme ai loro figli e osservare il processo di
trattamento.
La permanenza nella comunità viene raccomandata per almeno 6 mesi
affinché si possano osservare dei benefici.
Il modello di Tao Ran è stato
applicato in modo più o meno ortodosso anche da altre istituzioni che combinano
il training militare con la psicoterapia. Solo alcune istituzioni che seguono
il suo modello richiedono la permanenza dei genitori, riducendo quindi i costi,
e di solito i loro programmi con i ragazzi durano 2-3 mesi.
Un caso che ha fatto scalpore, riportato anche su
Science nel 2009, è stato quello dei maltrattamenti attuati al centro diretto
da Yang Yongxin, che prevedeva anche l’elettroshock come dissuasore all’uso di
internet. Scrive Rao che molti genitori hanno creduto al modello di Yang perché
rendeva i propri figli ubbidienti, proprio come volevano loro. Ma data l’attenzione
internazionale posta sulla violazione dei diritti umani insita nel modello, il
Ministro della sanità cinese si vide costretto a vietare l’uso dell’elettroshock
e delle punizioni fisiche nel trattamento dei disturbi comportamentali giovanili.
Non era stato sufficiente, se ancora nel 2017 un ulteriore documento
ministeriale ha dovuto specificare che “qualsiasi istituzione tratti il
disturbo da dipendenza da internet deve ricevere l’approvazione dal governo e
non deve usare violenza, incluse la punizione fisica, l’intimidazione e l’elettroshock”.
Per Rao il trattamento del disturbo da
dipendenza da internet in Cina persegue due obiettivi: ristabilire il
controllo familiare reso ancora più difficile dalla diffusione degli smartphone
e riportare il ragazzo ritenuto dipendente da internet a una condizione di
normalità che gli fa riprendere la retta via della moralità e della conformità
sociale. Questi obiettivi possono essere raggiunti in tempi brevi, con
trattamenti disciplinari severi oppure in tempi più lunghi con il supporto
psicologico e educativo al ragazzo e alla famiglia.
La presa in carico della famiglia che è
fondamentale in molti centri, in alcuni casi sta ridefinendo le relazioni tra
genitori e figli e rinegoziando la conformità sociale.
Continuare a osservare l’evoluzione che avrà in
Cina l’approccio a quello che alcuni teorici più ortodossi hanno definito “oppio
elettrico” permetterà di monitorare da un lato il rispetto dei diritti umani e
dall’altro i cambiamenti sociali e culturali provocati dalle nuove tecnologie.
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